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Roma festeggia i suoi 150 anni da Capitale. Una festa che durerà un anno

Lunedì 3 febbraio il Campidoglio ha dato il via alle celebrazioni ufficiali per i 150 anni dall’istituzione di Roma come Capitale d’Italia.

| Scritto da Redazione
Roma festeggia i suoi 150 anni da Capitale. Una festa che durerà un anno

Lunedì 3 febbraio il Campidoglio ha dato il via alle celebrazioni ufficiali per i 150 anni dall’istituzione di Roma come Capitale d’Italia. Il programma di eventi dura un anno e si chiude il 3 febbraio 2021, al compimento dell’anniversario. Le celebrazioni si sono aperte alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella con il concerto inaugurale cui sono intervenuti Andrea Bocelli, Ezio Bosso e altri, la Banda Interforze e l’Orchestra del Teatro dell’Opera.

«Abbiamo dato il via all’anno di celebrazioni per i 150 anni della designazione di Roma come capitale degli italiani – ha sottolineato la sindaca Raggi -. Il 3 febbraio del 1871 Roma è stata indicata come sede delle principali Istituzioni del neonato Stato unitario. La città – straordinaria per storia e per valori culturali e religiosi – si è così posta al servizio di tutti. Piemontesi, siciliani, lombardi, toscani, campani, emiliani, veneti, pugliesi, sardi e cittadini di ogni parte d’Italia hanno rinnovato lo spirito della città e fatto in modo che si sia passati dai 250.000 abitanti di allora ai circa 4 milioni e mezzo di persone che ogni giorno animano e vivono la sua bellezza. Si è avviata una rivoluzione urbanistica, economica e degli stili di vita ancora in corso. Ma con una costante: Roma è una città accogliente, internazionale. Una città aperta a tutti! E lo sarà sempre!».

In un messaggio Papa Francesco ha affermato che «La proclamazione di Roma Capitale fu un evento provvidenziale, che allora suscitò polemiche e problemi. Ma cambiò Roma, l’Italia e la stessa Chiesa: iniziava una nuova storia. […] «Non possiamo vivere a Roma ‘a testa bassa’, ognuno nei suoi circuiti e impegni. In questo anniversario di Roma Capitale abbiamo bisogno di una visione comune. Roma vivrà la sua vocazione universale, solo se diverrà sempre più una città fraterna».

3 febbraio 1871, Roma Capitale

Con la legge del 3 febbraio 1871 Roma, da poco conquistata con la Breccia di Porta Pia del 20 settembre 1870, venne proclamata Capitale del Regno d’Italia. Prima capitale dopo l’unificazione fu Torino, poi dal 1865 Firenze. La presa di Roma (nel duplice aspetto di passaggio della città dalla sovranità pontificia a quella dello Stato italiano e di fine del potere temporale del Papa) aveva per le diverse correnti politico-culturali del Risorgimento un significato diverso. Il mito di Roma – con il suo portato di universalità e gloria – era sia al centro del pensiero mazziniano (la Terza Roma del Popolo dopo quella dei Cesari e dei Papi) che del neoguelfismo giobertiano (nel suo sforzo di conciliare papato e nazionalità, che naufragò però nel ’49). Successivamente l’istanza fu fatta propria dai moderati, da Cavour e i suoi seguaci: scelta compiuta nel segno del principio della libera chiesa in libero stato, ma anche per la necessità di assorbire le rivendicazioni dei democratici e dei mazziniani, mentre si consumavano nel fallimento i tentativi garibaldini verso Roma (Aspromonte nel 1862, Mentana nel 1867).

Se per la maggior parte dei moderati appartenenti alla destra storica la presa di Roma era un punto d’arrivo, nell’illusione di chiudere rapidamente il conflitto con il Papato (in quest’ottica la legge delle guarentigie del 1871), per molti altri il 20 settembre doveva rappresentare un punto di partenza, nella prospettiva di una laicizzazione marcata del Paese: era così per Quintino Sella ma anche per gli esponenti della Sinistra storica, nonché naturalmente per le correnti democratiche e mazziniane in una prospettiva repubblicana. Un punto di partenza era anche per alcuni esponenti del cattolicesimo liberale, che auspicavano una riforma della Chiesa a cui avrebbe dovuto mettere mano lo Stato, mentre quelli intransigenti vedevano nel 20 settembre il culmine della lotta tra il potere di Dio e quello di Satana, che si sarebbe dovuto concludere con la restituzione del “maltolto” al Papa.

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