Martedì, 14 maggio 2024 - ore 10.15

Un angelo smemorato, il pastore dalle mani nude di Giorgino Carnevali (Cremona)

Senti su, caro Gianni Carlo, senti su questa “historiella”, intanto che sono in vena di raccontar “favolette”. E’ un racconto denso di umanità, una vicenda che bene si cala nell’immaginario collettivo e che quasi quasi ci sembra vera. O forse lo è stata davvero?

| Scritto da Redazione
Un angelo smemorato, il pastore dalle mani nude di Giorgino  Carnevali (Cremona)

Ci penserà la storia a rivedere uomini e avvenimenti e a collocarli ove è giusto che siano collocati. Te la vo a favorire, ecco qua. “Per quella notte avevo anch’io un compito speciale. Quale compito e quale notte chiederete voi? E chi sono io, vi domanderete? Sono un angelo. Sono un angelo come quelli che mettete nei vostri presepi  e che vedete dipinti nelle vostre chiese. Ma chi siamo noi angeli? Questo è già più difficile da spiegare. Noi viviamo vicini al Signore e riceviamo da lui diverse missioni da compiere. Come per quella notte. Infatti proprio Quella Notte (e avrete certamente capito di quale notti si tratti!) avevo ricevuto il compito assieme ad altri miei compagni, di chiamare i pastori e di condurli alla grotta di Gesù. Dovevamo svegliarli, dire loro di non spaventarsi e annunciare la nascita del salvatore degli uomini. Quella notte nel cielo c’erano tante stelle, che facevano una luce bellissima. Un compito facile facile, tanto che me ne dimenticai. Proprio grossa: mi dimenticai di chiamare i pastori e quando me ne ricordai, era quasi l’alba. E ormai….! Vidi che i pastori erano già stati avvertiti  da altri angeli e già erano arrivati alla grotta di Gesù. Gran bella figura! Chissà cosa m’avrebbero detto! Mentre stavo cercando qualche buona scusa, vidi sulla collina un pastorello che dormiva. Forse non aveva sentito il canto degli angeli, forse non aveva visto la cometa che conduceva alla grotta o forse era troppo stanco. Lo chiamai, adagio, con dolcezza. Lui si sollevò, guardò alcune pecore sdraiate accanto a lui, ma si girò dall’altra parte. Volli insistere, invitandolo con più forza. “Lasciami in pace – disse – ho custodito il gregge fin tardi nella notte e ora muoio dal sonno. Fra poco dovrò riprendere il mio lavoro; se non lo fo io…chi lo fa per me? Lasciami dormire”. “Che pigrone….” pensai e continuai a chiamarlo, una, due, tre volte, sempre con maggior insistenza. “Tu vuoi che scenda anch’io a quella grotta” - disse infine il pastore - “E per che cosa? Io sono l’ultimo dei pastori, il più povero, e non ho più nessuno, solo queste poche mie pecore. Preferisco starmene solo, con queste quattro pecore. Non sono andato con gli altri, non avevo nulla da portare. Sono troppo povero, troppo”. Adesso capivo, e improvvisamente, come se qualcuno m’avesse suggerito, trovai queste parole: “Proprio perché non hai nulla devi scendere nella grotta. Anche il bambino che è nato è molto povero, sai”. Vidi all’improvviso i suoi occhi velarsi di lacrime ma al tempo stesso divenire luminosi. Lentamente si rialzò e adagio, seguito dalle sue pecore, si avviò col suo bastone da pastore. Attorno i fuochi si spegnevano e su nel cielo le stelle si avvicinavano all’alba. Intanto dal sentiero salivano gli altri pastori, scesi giù durante la notte. Quando il pastore arrivò alla grotta, erano rimasti solo Giuseppe, Maria e il Bambino. Il mio pastore si avvicinò loro e aprì le sue mani, mani ruvide, grandi mani segnate dal duro lavoro, ma che non portavano nessun dono. “Sono povero, molto povero – disse con un filo di voce – non ho nulla, nulla, porto soltanto il mio amore”. In quell’istante vidi la Madonna sorridergli, il Bambino tendergli le manine, e San Giuseppe dargli un colpetto sulla spalla. Già, tra poveri ci si intende subito. Allora io, angelo, mi allontanai in silenzio, senza disturbare. Ero stato proprio contento di essere giunto in ritardo da quel pastore. Altrimenti chi avrebbe chiamato quel povero pastore se non io, il suo angelo custode?”.  Sai Gianni Carlo amico mio, ognuno di noi è affidato ad un angelo, che per questo si chiama “custode”, perché ci custodisce per tutta la vita ed al quale noi dobbiamo dare ascolto. La morale? Ognuno s’impegni, per la parte che a lui compete, nel mettere insieme quei principi generali che guidano il proprio comportamento e le proprie relazioni quotidiane. Auguroni, ce li meritiamo tutti, va là!       

Giorgino  Carnevali (Cremona)

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