Anpi Castelleone LA STORIA DEL "MEDIANO DI MAUTHAUSEN". VITTORIO STACCIONE (Cremonese)
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LA STORIA DEL "MEDIANO DI MAUTHAUSEN". VITTORIO STACCIONE, CALCIATORE OPERAIO E ANTIFASCISTA CHE NON SI TIRAVA MAI INDIETRO QUANDO C'ERA DA LOTTARE PER I DIRITTI
I giornali sportivi di Cremona usavano una X per riferirsi a lui; al campo di concentramento di Mauthausen lo identificarono con un numero di matricola; ma un nome lui ce l’aveva, e ce lo ricordiamo ancora in tanti: si chiamava Vittorio Staccione.
Figlio di una famiglia operaia piemontese, entra nell’orbita della Torino granata già nel 1915, quando ha solo 11 anni, per poi esordire ufficialmente nove anni più tardi. Una passione e un talento per il calcio, e in testa le idee ben chiare che lo fanno avvicinare al mondo socialista. Vittorio alterna il campo alla fabbrica, il pallone ai libri, sempre con la stessa determinazione e voglia di contrastare gli attacchi di avversari, padroni e fascisti. Uno così non poteva che fare il mediano.
La sua aperta avversione al fascismo gli provoca non poche noie, dalle costole rotte per impedirgli di partecipare all’inaugurazione del Filadelfia, fino alla censura del suo stesso nome quando gioca per la Cremonese, nella città dominata dal ras Farinacci, a cui era stato personalmente segnalato come un "pericoloso sovversivo". Cremona, Firenze, Cosenza, Torre Annunziata, un lungo peregrinare tra città e squadre, senza mai cedere di un centimetro, come sul campo, sul suo antifascismo radicale. E giù di ossa rotte.
Alla fine della carriera a soli 31 anni tornò nella sua Torino, restando fedele a se stesso, andandosi a prendere un posto in fabbrica come tornitore ed attivista operaio. Le botte di fascisti e padroni ovviamente non si fermarono, e, neanche a dirlo, Vittorio continuò a non indietreggiare. L’ultimo dei suoi arresti, per aver partecipato agli scioperi del 1º marzo 1944, gli costarono la deportazione. Erano riusciti a fermarlo, dopo anni di censure, arresti e botte. Vittorio scese sul rettangolo di gioco anche a Mauthausen, costretto dalle SS quando non avevano abbastanza giocatori; e possiamo essere certi di affermare che anche in quella circostanza abbia colto l’occasione di affrontare a viso aperto e senza paura avversari e nemici. Purtroppo da Mauthausen Vittorio non fece mai ritorno, rimanendo ucciso il 16 marzo 1945 per le conseguenze di un pestaggio subito dalle guardie del campo. Resta l’esempio e il ricordo di chi ha voluto mettere il proprio talento e la propria passione, quelli per il calcio, al servizio di una causa e di una lotta più grandi. Quella di Vittorio Staccione è una delle storie raccontate da Edoardo Molinelli nel libro "Cuori Partigiani - La storia dei calciatori professionisti nella Resistenza italiana", disponibile qui:
https://bit.ly/3em8wGR
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Segnalazione di Cosetta Maria Erinaldi