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Come riprogettare la scuola per prima infanzia in pandemia | Francesco Bova

La recente storia del welfare italiano, a partire dalla fine degli anni '80, è stata caratterizzata da alcuni bisogni/fenomeni: interventi/servizi sulla disabilita'/handicap; interventi/servizi sul disagio giovanile; interventi/servizi sulle tossicodipendenze/hiv; interventi/servizi sul disagio mentale e le povertà relazionale ed economiche.

| Scritto da Redazione
Come riprogettare la scuola per prima infanzia in pandemia | Francesco Bova

Come riprogettare la scuola per prima infanzia in pandemia | Francesco Bova

AVERE UN'IDEA SULLA RIPROGETTAZIONE DELLA SCUOLA E DEI SERVIZI PRIMA INFANZIA IN TEMPO DI PANDEMIA significa avere una Ipotesi di lavoro, avere una Strategia, una Metodologia, fare Ricerca e comparare altre esperienze, Osservare, Raccogliere dati, Conoscere bene il Campo d'intervento e i bisogni dell'utenza, Progettare, Sperimentare, Programmare, Pianificare, Trovare le risorse umane, tecnologiche e finanziarie, Controllare, Individuare le criticità, Riprogettare, Validare un modello d'intervento che sia efficace rispetto a nuovi bisogni.

Sperimentare e progettare un nuovo modello d'intervento, un nuovo servizio, in situazioni ordinarie o straordinarie, per un tempo medio breve o lungo, significa "andare oltre i confini di ciò che conosciamo" spesso per trovare soluzioni ad una nuova inattesa domanda o a fronte di un fenomeno poco conosciuto.

La recente storia del welfare italiano, a partire dalla fine degli anni '80, è stata caratterizzata da alcuni bisogni/fenomeni: interventi/servizi sulla disabilita'/handicap; interventi/servizi sul disagio giovanile; interventi/servizi sulle tossicodipendenze/hiv; interventi/servizi sul disagio mentale e le povertà relazionale ed economiche.

Tutti questi servizi nascono come sperimentali ed erano finanziati con specifici capitoli di spesa nazionali e regionali che richiedevano una forte capacità progettuale.

Con alcuni colleghi, a dire la verità una minuscola squadra di appassionati competenti, ho avuto l'opportunità di lavorare a molti di questi progetti che nel tempo sono poi diventati "ordinari".

Gli aspetti più importanti sono la variabile tempo e il principio di sperimentazione, che presuppone micro o piccoli interventi per osservare sul campo ciò che era nato sulla carta. Negli anni '80 avevamo imparato a progettare secondo il modello della ricerca-azione.

Sarebbe stato un fallimento avviare una sperimentazione su vasta scala e in tempi ristretti.

Le figure professionali fondamentali erano stati gli educatori, tra cui quelli cosiddetti di strada. Il rapporto tra gli staff inter e multi professionali di progettazione e gli educatori era stato un continuo scambio di idee, informazioni, proposte. L'unica gerarchia era la qualità delle conoscenze e delle competenze di ognuno.

All'epoca, rispetto alle filosofie di intervento (prevenzione, cura o riabilitazione ,ecc.), le istituzioni avevano aperto con gradualità i servizi/intervento proprio per verificarne l'appropriatezza e l'efficacia e per avere il tempo di riaggiustare il tiro, ovvero di cogliere il bersaglio.

Questo post, sulle pagine di un social, è naturalmente riduttivo, non è una lezione di metodologia della ricerca sociale ma offre alcune suggestioni per fare qualche riflessione.

3 maggio 2020

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