Sabato, 20 aprile 2024 - ore 13.16

Couchsurfing, l'ospitalità ai tempi di Internet

| Scritto da Redazione
Couchsurfing, l'ospitalità ai tempi di Internet

Rete, viaggi
Couchsurfing, l'ospitalità ai tempi di Internet
Il couchsurfing è un modo per viaggiare senza spendere troppo. Funziona grazie a una semplice regola: "Oggi io ospito te, domani tu ospiterai me". Ma non sempre è sicuro. Tre storie: Maryam (Teheran), Moustafà (Baghdad) e Omar (Gaza)
di Riccardo Valsecchi
Chiudete gli occhi e immaginate di trovarvi in una città lontanissima, tra palazzi moderni e magnifici edifici religiosi. Una ragazza molto gentile si è offerta di farvi da guida alle usanze e ai costumi del posto. Quale migliore opportunità per conoscere il luogo che desiderate visitare?
Ora spalancate gli occhi e risvegliatevi a Teheran, un nome la cui sola pronuncia fa tremare l'Occidente. Teheran, la capitale del terrorismo di matrice islamica; la sede di un governo medioevale che tiene il proprio popolo in uno stato di totale sottomissione; il luogo dove vige una legge per cui le donne sono obbligate a portare lo chador o lo hijab; per cui essere donna significa non poter avere alcun legame con uomini non del proprio ambito familiare.
Maryam, ventisei anni, perito chimico, abita in un appartamento nel quartiere di Tajrish. Divide il suo tempo tra il lavoro, il fidanzato e gli ospiti internazionali rintracciati tramite un particolare servizio Internet: couchsurfing.com.
Couchsurfing.com è una rete online che mette in contatto viaggiatori di tutto il mondo con persone che vivono nei luoghi dove essi si stanno per recare. È uno strumento perfetto per conoscere città lontane, immergersi nell'atmosfera locale attraverso il contatto diretto con la gente del posto. Basato su un concetto semplicissimo, "oggi tu ospiti me, domani io ospiterò te", con due milioni e 300 mila utenti distribuiti in 240 paesi, couchsurfing rappresenta un modello di utilizzo del web che ricongiunge l'esperienza online alla realtà del vissuto quotidiano.
Se per gli occidentali, però, costituisce un'opportunità fantastica per esplorare aree sconosciute con lo spirito dell'avventura divertente e dell'esperienza da raccontare, non è lo stesso per coloro che vivono in luoghi soggetti a particolari situazioni politiche.
Entrare in Iran, se non si è giornalisti, non è poi così difficile. Maryam racconta di avere ospitato recentemente un tedesco, uno spagnolo, una cinese, un ciclista svizzero e di avere accompagnato di fronte all'ex ambasciata americana, oggi rinominata "covo delle spie" e tappezzata di graffiti contro lo storico nemico, anche un giovane ospite statunitense.
Per Maryam il couchsurfing è più che un'amicizia: "Quando navigo su Internet, mi accorgo che gli occidentali ci credono un popolo selvaggio, primitivo e ignorante. Ebbene, non è per nulla così e il fatto che a comandarci sia un governo despota e prepotente, non vuol dire che esso ci rappresenti".
"Amo il mio Paese," continua Maryam, "sono orgogliosa di essere iraniana, musulmana e donna. Condurre i miei ospiti a Bam, l'altopiano dove le coppiette s'incontrano per ammirare lo spettacolare panorama di luci in cui si trasforma la città nel buio stellato, significa mostrare il lato umano di cui troppo spesso i media occidentali si dimenticano. Presentare visitatori stranieri ai miei amici è lo strumento più efficace per svelare la secolare ospitalità iraniana. Accompagnarli a visitare i luoghi sacri della religione islamica vuol dire mostrare loro un universo di tradizioni comuni che le nostre civiltà condividono da sempre e che da infinito tempo non riusciamo più a conciliare."
Se per Maryam il couchsurfing è un mezzo per riavvicinare culture che la propaganda politica ha reso nemiche, altro è l'obiettivo di Moustafà, ingegnere informatico di Baghdad: "Io utilizzo couchsurfing per tenere a distanza gli incoscienti viaggiatori smaniosi di visitare la mia terra".
Fare couchsurfing a Baghdad non è consigliabile. La capitale del moderno Iraq, con la caduta del regime dittatoriale di Saddam Hussein, è diventata il terreno di scontro tra gruppi terroristici, integralisti islamici e bande criminali. L'antica Baghdad delle "Mille è una notte" è oggi la città meno sicura e con il più alto tasso di decessi violenti al mondo.
Moustafà ha ventotto anni. Ha sentito parlare per la prima volta di couchsurfing.com quando studiava in Giordania. Una volta tornato in Iraq, ha cominciato a pensare che forse avrebbe potuto trovare qualcuno interessato a visitare la sua città, Baghdad: "Ben presto, però, mi sono reso conto che non sarebbe stato possibile. Chiunque fosse venuto a trovarmi, avrebbe rischiato una fine atroce".
Anche per Moustafà couchsurfing è un mezzo per difendere l'identità culturale del proprio popolo: "Saddam è stato un dittatore crudele," racconta, "e con lui al comando non c'era alcuna libertà democratica. Tuttavia ebrei, cristiani e musulmani convivevano in pace e la criminalità era quasi inesistente. Oggi a Baghdad la vita vale meno di un dollaro: non passa ora che non si senta alla radio di una chiesa cristiana bruciata, di un massacro, di un omicidio, di una rapina, di uno stupro. La mia bacheca di couchsurfer è un urlo di dolore che lancio verso il mondo, per raccontare la condizione di barbarie in cui è stato ridotto il mio Paese".
Ma perché proprio couchsurfing e non un altro social network?
"Perché couchsurfing", conclude Moustafà, "è il punto d'incontro tra viaggiatori curiosi, persone che per natura sono aperte al confronto con altre culture e, quindi, più disponibili a comprendere e meno propense a giudicare."
Omar è un ragazzo come tanti altri: ventiquattr'anni, diplomato, tifoso di calcio, una gran passione per i social network. A differenza dei suoi contatti online, però, Omar vive in un lembo di terra dove è difficilissimo entrare, praticamente impossibile uscire: la Striscia di Gaza.
Isolata lungo tutto il confine da una barriera di separazione in cemento armato, sorvegliata ventiquattr'ore su ventiquattro dall'esercito israeliano, l'area è pressoché inaccessibile, se non per pochi cargo che trasportano beni umanitari.
Per Omar il couchsurfing è una chimera. È un infermiere e tutti i giorni si deve scontrare con la crudeltà di una guerra senza fine: cadaveri, corpi mutilati, bambini orfani, disperazione e devastazione. È l'unica realtà che conosce, dato che pace, bellezza e prosperità sono solo parole vacue, di cui ha notizia, talvolta, leggendo la bacheca degli amici virtuali al ritorno da fantastici viaggi intorno al globo.
Riuscire a ospitare un couchsurfer nel suo appartamento a Gaza rappresenta molto più che un sogno: "Significa dimostrare a me stesso che esiste veramente un mondo al di fuori di questa barriera in cemento armato che ci circonda; accertare la consistenza reale, non solo virtuale, di esseri dediti al piacere della conoscenza di altre culture; sperare in un futuro migliore per me, per la mia famiglia, per il milione di ragazzi sotto i trent'anni con cui condivido l'esistenza tragica della terra dove sono nato".
Eccolo là Omar, nella sua piccola casa all'interno del campo profughi di Jabalia: naviga, contatta, chatta, comunica con il mondo esterno attraverso il suo obsoleto computer con un processore 486: "Caro amico", scrive sulla sua bacheca di couchsurfer, "ti prego di provare, insistere e riprovare ancora a valicare il confine che ci divide. Ho bisogno di vederti, di conoscerti e di mostrarti queste terre dove una volta si ergeva il tempio distrutto dalla furia di Sansone". 

fonte: http://www.rassegna.it/articoli/2010/12/22/69919/couchsurfing-lospitalita-ai-tempi-di-internet

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