Domenica, 28 aprile 2024 - ore 21.15

(CR) Pianeta Migranti. Investire nei Centri per il ripatrio (Cpr) è fallimentare

Lo sostiene ActionAid Italia e il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Bari nel rapporto “Trattenuti.

| Scritto da Redazione
(CR) Pianeta Migranti. Investire nei Centri per il ripatrio (Cpr) è fallimentare

(CR) Pianeta Migranti. Investire nei Centri per il ripatrio (Cpr) è fallimentare

Lo sostiene ActionAid Italia e il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Bari nel rapporto “Trattenuti. Una radiografia del sistema detentivo per stranieri”.

 La storia di un fallimento

Dal 2017 in poi, i diversi governi in carica hanno deciso di investire nella detenzione amministrativa degli stranieri come efficace politica di rimpatri. Con l’obiettivo di istituire un Centro per il rimpatrio (Cpr) in ogni regione (20 in tutto), si è aumentata la capienza fino ai 1395 posti del 2022.  Oggi, sono attive 10 strutture, ma solo 9 sono aperte e funzionanti.

I Cpr si sono rivelati ingestibili.

All’interno, atti di autolesionismo, rivolte e disordini provocati dalle condizioni di estremo disagio, privazione dei diritti basilari delle persone trattenute senza aver commesso reati, hanno portato a continui danni e distruzioni rendendo indisponibili gran parte dei posti. Fin da 2018 il sistema funziona al 50% della sua capacità ufficiale, ma i termini della durata massima della detenzione sono diventati sempre più lunghi: da 30 giorni nel 1998 a 18 mesi nel 2023. I rimpatri invece, continuano a diminuire: dal 60% del 2014 si è passati al 49% del 2021. 

 Due tipi di Cpr

Esistono i centri di frontiera, con tempi di permanenza media più corti ed elevata incidenza dei rimpatri eseguiti (Caltanissetta, Trapani), e i Cpr come estensione del carcere, con permanenza lunga e pochi rimpatri (Torino e Brindisi). E’ evidente la volontà di confondere il sistema di accoglienza con quello detentivo per i rimpatri nelle zone di frontiera.

Inoltre, nonostante la retorica del Governo, tra il 2018 e il 2021 solo il 15,8% delle persone entrano nei Cpr dal carcere e sono in maggioranza persone che non possono essere rimpatriate.

 Costi esorbitanti e gestione incontrollata

Cooperative, soggetti for profit, anche multinazionali. Sono loro a gestire i 10 Cpr in un preoccupante scenario di caos amministrativo, gestionale e mancanza di trasparenza. Per esempio, a Gorizia, Caltanissetta e Brindisi è impossibile distinguere le spese di manutenzione ordinarie del Cpr da quelle del Centro di prima accoglienza attiguo (Cpa) perchè i centri sono gestiti dai medesimi soggetti privati.

Tutto il sistema Cpr presenta dei costi elevati, nonostante il numero limitato di posti. Nel triennio 2018-2021 è costato 53 milioni di euro: 1milione e mezzo l’anno a struttura, 21 mila euro a posto.

Il costo principale è la manutenzione, che assorbe 15 milioni; è confermato che il prolungamento dei tempi di trattenimento porta alla crescita dei costi di manutenzione. Questo succede mentre vengono tagliati i servizi di assistenza alle persone. A settimana, ogni persona ottiene solo 9 minuti di assistenza legale, 9 minuti di assistenza sociale, 28 minuti di mediazione linguistica.

I Cpr hanno già dimostrato ampiamente di essere fallimentari, tuttavia, si continua a presentarli come una soluzione necessaria per aumentare il numero dei rimpatri. I dati raccolti, invece, dicono l’esatto contrario. Ciò che il rapporto di Action Aid denuncia è già stato evidenziato da altri rapporti, ed è logico chiedersi perchè il governo non abbia ancora cambiato strategia.

Trattenuti. Una radiografia del sistema detentivo per stranieri | ActionAid & UniBa - Centri di permanenza per il rimpatrio

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