Crema Il discorso di Fabio Bergamaschi oggi nella giornata della memoria 27 gennaio 2024.
Spettabili autorità civili, militari e religiose, care concittadine e cari concittadini,
il biglietto di una delle innumerevoli vittime sconosciute – cui il volto più atroce della Storia ha privato del nome, oltre che di ogni fondamento di dignità umana – ritrovato nei pressi dei crematori di Auschwitz, reca questo messaggio: «Sapete cosa è successo, non lo dimenticate, e tuttavia non saprete mai».
Una chiamata alla responsabilità: “Sapete cosa è successo”. Quando conosci sei coinvolto, non può non importartene, non si può volgere lo sguardo da un’altra parte.
“Non lo dimenticate”: non lasciate che la polvere che si cumula nel tempo sulle cose della vita e il susseguirsi delle generazioni confini questa atrocità all’oblio o, al più, ad uno studio disattento e distaccato di qualche pagina di storia. Ciò che è accaduto sia un monito perenne, vivo, autentico, sempre attuale, poiché il male covato ed agito dai nazionalismi più biechi può mutare nel tempo le sue fattezze, ma non la sua potenza, pervasività e perversione.
“E tuttavia non saprete mai”. Una chiosa che accresce il turbamento: possiamo conoscere la storia, possiamo anche avvertirne il pugno nello stomaco, ma il livello di Male raggiunto con la Shoah non sarà mai del tutto accessibile alla comprensione di chi non abbia direttamente subìto quell’orrore.
Un orrore che potremmo definire satanico, se a compierlo non fossero stati esseri umani, molti esseri umani simili ad ogni altro essere umano: “le azioni erano mostruose, ma chi le fece era pressoché normale, né demoniaco, né mostruoso”, scrive Hannah Arendt ne “La banalità del male”. Anche questo dobbiamo sapere, conoscere e metabolizzare se vogliamo provare ad essere interpreti del Bene in questo frammento spaziotemporale che definiamo contemporaneità, per passare un testimone dignitoso alle prossime generazioni, al riparo da imbarazzi innanzi agli occhi della Storia.
Il germe del male si annida dentro di noi. Adolf Heichmann, il criminale di guerra nazista cui si riferisce Arendt nella sua lucida constatazione, avrebbe potuto chiamarsi Mario Rossi. Una persona mediocre, priva di qualità salienti, ritrovatasi per conformismo al violento spirito dei tempi e adesione alle dinamiche di carrierismo per acritica obbedienza al potere a divenire tra i principali coordinatori della macchina delle deportazioni di ebrei destinati ai campi di sterminio. Un funzionario, un burocrate, non un ideologo del Reich, ma talmente imbevuto dell’ideologia tossica del nazifascismo da arrivare a dichiarare al processo cui fu condotto nel 1961 «Salterò nella mia tomba ridendo, perché la sensazione di avere sulla coscienza cinque milioni di esseri umani è per me fonte di straordinaria soddisfazione». Parole di un sadismo disarmante e incommentabile.
Ma lo spirito dei tempi e le dinamiche di gruppo ed omologazione sociale non possono mai essere uno strumento di deresponsabilizzazione personale. I Giusti tra le Nazioni, coloro che a rischio della propria vita e privi di un interesse personale hanno salvato vite ebree dalla persecuzione nazifascista, come il cremasco Ernesto May che andremo a ricordare tra pochi minuti a Palazzo Comunale, ce lo insegnano con il loro fulgido esempio. E anche nel mezzo della piena di brutalità possiamo aggrapparci a quei sentimenti più elevati che con ostinazione continuiamo a condensare nel termine “umanità”, come testimonia l'ex libris realizzato dall’artista ebreo Michel Fingesten mentre si trovava recluso in un campo di prigionia durante la Seconda Guerra Mondiale, esposto al Museo Civico Cremasco.
C’è un germe di male, dentro di noi, ma anche una scintilla di bene capace di divenire luce nelle tenebre. E questa, oggi, si coltiva seguendo il binario della Memoria e della Storia, strumenti di conoscenza e discernimento cruciali per comprendere il passato e orientarci nel presente: la Memoria, attraverso i suoi valori, ci guida emotivamente mentre la Storia, al suo fianco, la accompagna con il rigore dell’analisi scientifica a certificare ciò che l’uomo è stato e non deve più tornare ad essere.
Se penso soprattutto ai giovani – anche oggi qui presenti e che ringrazio per questa sensibilità – cresciuti nell’epoca della post-verità in cui una convinzione o un’emozione, spesso esasperata, contano più della stessa realtà dei fatti ed esposti ad continui stimoli informativi privi di ogni possibilità di controllo di veridicità attraverso i social network, confesso che un brivido mi percorre: sono state così diverse le dinamiche manipolatorie delle masse che hanno condotto all’ascesa del fascismo e del nazismo?
Care ragazze e cari ragazzi, qualcuno dice che dalla Storia l’essere umano non impari nulla. Dimostrate a quel tale che si sbaglia.