Sabato, 20 aprile 2024 - ore 12.46

DANTE ALIGHIERI IN DIALETTO CREMONESE (1) | Sergio Marelli

Sergio Marelli (1925-1996), già titolare del famoso ristorante “Centrale” di Cremona, è stato un amatore entusiasta del vernacolo locale e nel contempo grande estimatore del sommo Dante Alighieri.

| Scritto da Redazione
DANTE ALIGHIERI IN DIALETTO CREMONESE (1) | Sergio Marelli

DANTE ALIGHIERI IN DIALETTO CREMONESE (1) | Sergio Marelli

 Sergio Marelli (1925-1996), già titolare del famoso ristorante “Centrale” di Cremona, è stato un amatore entusiasta del vernacolo locale e nel contempo grande estimatore del sommo Dante Alighieri.

La qual cosa non poteva che sovrapporsi e addivenire alla traduzione della Divina Commedia nell’idioma popolare cremonese.

  Questo fu infatti l’esito delle due passioni, anche se non totalmente accontentate, nel senso che il destino gli impedì la conclusione di tale fantastico progetto, allorquando la “Signora con la falce”  venne a por fine al suo sogno,  dopo la traduzione avvenuta in dialetto dell’Inferno e della prima parte del Purgatorio.

  Sul magistrale libro “Le Voci dei nostri dialetti” (Ed. Cremona Oggi), Gianfranco Taglietti scrive che la passione del Marelli venne ad assumere il tono della favola, e più precisamente che la lettura della Divina Commedia fu affrontata “con l’ingenuo candore di un animo sgombro da erudizione, dalle elucubrazioni dei raffinati esegeti. L’interpreta a modo suo, affascinato dal racconto di tutta la vicenda, dall’avventura ultraterrena di Dante e della sua Guida”.

 Lo stesso Taglietti invita inoltre il lettore a porsi di fronte al testo del Marelli con lo spirito dell’Autore, ossia gustando le immagini e le parole saporose del nostro vernacolo. Così facendo, egli dice, “si potrà godere della traduzione nella sua semplicità, nel suo candore popolaresco. E così capiremo perché la sua traduzione non è per nulla letterale, ma ricostruzione personale, una rivisitazione nuova”, o vibrante – aggiungiamo noi - di una vivacità spontanea ed originalissima.

  Il linguaggio – è sempre il prof. Taglietti a sottolinearlo – “è sapido, efficace, ricco di valore gergale, ben vivo e ben maneggiato”. Valgano ora queste considerazioni a rendere appetibile la lettura dei brani tradotti che qui andremo a presentare, rendendo nel contempo un postumo omaggio al bravissimo Sergio Marelli, grande innamorato di Dante Alighieri.

 

PRÌM CÀANT DEL “DIVINO POEMA”.

         La Buscàja. Dàante el se tróoa pèers in de na buscàja scüüra. E per vegnìighen fóora el céerca d’endàa sö na muntagnóola pièena de sùul. Na lóonsa, en leòon e na lùa i la fà mìia pasàa. In de chél mumèent ghe rìiva n’óombra davàanti: ‘l è ‘l poéeta Virgìlio, e Dàante el la préega de salvàal. Virgìilio el ghe dìis d’endàaghe adrée e che rivarà vergóon che cuparà la lùa. E cušé Dàante adrée a Virgìilio le s’cumìincia el so viàc in de l’Oltretóomba (Sintesi nostra).

           La Selva. Dante si trova perso nella boscaglia scura. E per uscirne cerca di andare sopra una montagnola piena di sole. Una lonza, un leone e una lupa non lo fanno passare. In quel (preciso) momento gli giunge davanti un’ombra: è il poeta Virgilio, e Dante lo prega di salvarlo. Virgilio gli risponde di seguirlo e che sarebbe arrivato qualcuno ad uccidere la lupa. E così Dante al seguito di Virgilio inizia il suo viaggio nell’Oltretomba.

LA SELVA DI DANTE ALIGHIERI

Nel mezzo del cammin di nostra vita

mi ritrovai per una selva oscura,

chè la diritta via era smarrita.

E quanto a dir quale era è cosa dura

esta selva, selvaggia e aspra e forte,

che nel pensier rinnova la paura!

Tant’è amara, che poco è più morte;

ma, per trattar del ben ch’io vi trovai,

dirò dell’altre cose ch’io v’ho scorte.

I’ non so ben ridir com’io v’entrai,

tanto era pien di sonno in su quel punto

che la verace via abbandonai.

Ma poi ch’io fui al piè d’un colle giunto,

là dove terminava quella valle

che m’avea di paura il cor compunto,

guardai in alto, e vidi le sue spalle

vidi già de raggi del pianeta

che mena dritto altrui per ogni calle.

 

I° - PRÌM CÀANT TRADÜŠÌIT DA ’L MARÈLI

In s’ì trentacìinch àn de la me vìta,

sùn’ rivàat sóta na buscàja scüüra.

La stràda ò pèers, la stòorta e pò la drìta!

A dìive cùma l’éera, ‘l è ‘n pòo düüra,

sta buscàja selvàdega e cuntòorta

che, se ghe pèensi, la gòolta la sculùura,

bröta ‘ma l’éera, na ròba töta stòorta!

Però, vergót de bòon ‘l ò vìst ‘l istès

e chì ‘l dìghi, se la mèent la me cunfòorta.

Cùma gh’ò fàt? Che sòo ‘ndàt dèent ‘me ‘n pès!

E camìna e sbadàcia e sbadàcia e camìna,

me sùn ‘truàat indùa me tróoi adès:

sùn’ rivàat pròopia sóta a na culìna,

indùa finìiva drìt chél canalòon

che ‘l m’à fàt végner la fàcia verdulìna.

Me vòolti in sö e vèdi ‘l ciümelòon

che scüür ‘l èera mìia pö, ma, tempurìit*                 *mattiniero

el sùul el la scaldàava ‘me ‘n piümòon.

(Chél sùul che mèena drìt per ògni sìit).

 

IL PRIMO CANTO TRADOTTO DAL MARELLI. Sui trentacinque anni della mia vita,/ sono arrivato sotto una boscaglia scura./ Ho perso la strada, la storta e poi la diritta!/ A dirvi com’era, è un poco dura,/ questa boscaglia selvatica e contorta/ che, se ci penso, la gota si scolora,/ brutta com’era, una cosa tutta storta!/ Però, qualcosa di buono l’ho visto ugualmente/ e qui lo dico, se la mente viene a confortarmi./ Come ho fatto? Ci sono andato dentro come un pesce!/ E cammina e sbadiglia e sbadiglia e cammina,/ mi sono trovato dove mi trovo adesso:/ sono arrivato proprio sotto ad una collina/ dove finiva dritto quel canalone/ che scuro non era più, ma, mattiniero/ il sole lo scaldava come un piumone./ (Quel sole che va dritto per ogni dove).

(CONTINUA)

Presentazione curata da Agostino Melega (Cremona)

 

 

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