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Domani il Tax freedom day 2022

La data che tutti i contribuenti italiani attendono con ansia, quella in cui si smette di lavorare per pagare le tasse. Il più precoce fu nel 2005, quello più in là nel calendario l'anno scorso, nel 2021.

| Scritto da Redazione
Domani il Tax freedom day 2022

Cade un po' prima della metà dell'anno e, simbolicamente, sta a a significare la "liberazione dal giogo delle tasse". Lunedì 6 giugno, infatti, gli italiani "terminano" di lavorare per versare tasse e contributi previdenziali allo Stato e da martedì 7 scatta il cosiddetto "Tax Freedom Day", il mitico Giorno di liberazione fiscale, dopo il quale ogni ricavo finirà esclusivamente nelle tasche dei lavoratori. Il calcolo è a cura dell'Ufficio studi della Cgia di Mestre (Venezia), ed è stato realizzato suddividendo la stima del Pil annuo nazionale per i 365 giorni dell'anno, ottenendo così un dato medio giornaliero. Successivamente, si sono considerate le previsioni di gettito dei contributi previdenziali, delle imposte e delle tasse che i percettori di reddito verseranno quest'anno, rapportati al Pil giornaliero. Il risultato di questa operazione ha consentito di calcolare il "Tax Freedom Day" dell'anno in corso.

Un giorno dell'anno atteso da tutti i lavoratori, la data in cui si smette di lavorare per adempiere a tutti gli obblighi fiscali, il cosiddetto "tax freedom day". Lo scorso anno la pressione fiscale in Italia ha toccato il record storico del 43,5% del Pil, nel 2022 è destinata a scendere al 43,1%. In virtù di ciò, solo il prossimo 7 giugno (un giorno prima di quanto successo nel 2021) gli italiani celebreranno il tanto sospirato giorno di liberazione fiscale (o ''tax freedom day''). In altre parole, dopo più di 5 mesi dall'inizio del 2022 (pari a 157 giorni lavorativi inclusi i sabati e le domeniche), il contribuente medio italiano smetterà di lavorare per pagare tutti gli obblighi fiscali dell'anno (Irpef, Imu, Iva, Tari, addizionali varie, Irap, Ires, contributi previdenziali, etc.) e dal 7 giugno inizierà a guadagnare per se stesso e per la propria famiglia. A calcolarlo è l'Ufficio studi della Cgia che fa sapere che l'elaborazione di questo ''contatore'' è un puro esercizio teorico. Tuttavia, questa analisi è interessante perché dà la dimensione, quando la si compara con i risultati degli altri paesi europei, di quanto sia spaventosamente elevato il prelievo fiscale e contributivo in capo ai contribuenti italiani. Guardando la serie storica che è stata ricostruita fino al 1995, il giorno di liberazione fiscale più ''precoce'' è stato nel 2005. In quell'occasione, la pressione fiscale si attestò al 39 per cento e ai contribuenti italiani bastò raggiungere il 23 maggio (142 giorni lavorativi) per scrollarsi di dosso tutte le scadenze fiscali. Osservando sempre il calendario, quello più in ''ritardo'', come dicevamo più sopra, si è registrato nel 2021, poichè la pressione fiscale ha raggiunto il record storico del 43,5 per cento e, di conseguenza, il ''giorno di liberazione fiscale'' è slittato all'8 giugno.

Dalla teoria alla realtà

Un puro esercizio teorico, che tuttavia serve a dimostrare il "peso fiscale" che grava sui cittadini. Rispetto al 2021, quest'anno l'appuntamento atteso arriva un giorno prima, dopo poco più di cinque mesi dall'inizio dell'anno, ossia 157 giorni lavorativi, inclusi i sabati e le domeniche. Tra i 27 Paesi dell'Ue, nel 2021 con il 43,5% l'Italia si era collocata al sesto posto per pressione fiscale, record storico per il nostro Paese, dietro Danimarca (48,1%), Francia (47,2%), Belgio (44,9%), Austria (43,8%) e Svezia (43,7%). L'anno scorso la media Ue si era "fermata" al 41,5%. Osservando la serie storica, il "giorno di liberazione fiscale" più "precoce" è stato nel 2005, quando la pressione fiscale si attestò al 39% e ai contribuenti italiani bastò raggiungere il 23 maggio (142 giorni lavorativi) per lasciarsi alle spalle le scadenze fiscali. Quello più in "ritardo" è stato appunto nel 2021, ed è scoccato l'8 giugno.

«È corretto segnalare - precisa la Cgia - che questo picco record di pressione fiscale non è ascrivibile ad un aumento del prelievo, ma alla decisa crescita registrata dal Pil nazionale (oltre il 6,5%) che dopo la caduta verticale registrata nel 2020 (-9%), ha contribuito ad aumentare notevolmente le entrate". Nel 2022, invece, con una crescita stimata al 2,5%, il peso fiscale è destinato a diminuire di 0,4 punti percentuali, anche grazie alla riduzione delle imposte e dei contributi decisa dal Governo Draghi, tra cui la riforma dell'Irpef (-6,8 miliardi di gettito), l'esonero contributivo di 0,8 punti percentuali ai lavoratori dipendenti con una retribuzione mensile sotto 2.692 euro (-1,1 miliardi), l'esonero dall'Irap per le persone fisiche (-1 miliardo). Tenendo conto del leggero miglioramento in corso delle principali variabili economiche, che si riflette sull'andamento del gettito, secondo il Mef lo Stato dovrebbe incassare quasi 40 miliardi di imposte e contributi in più rispetto al 2021, una parte ascrivibile anche al forte aumento dell'inflazione tra il 6 e il 7%. Al di là della data simbolica, il mese di giugno è caratterizzato da un vero e proprio "ingorgo fiscale", con 141 scadenze fiscali previste, 122 delle quali (pari all'86,5% del totale) prevedono pagamenti. Si parte il 16 con l'Imu. 

Tasse, nel 2022 lo Stato incasserà 40 miliardi in più

"Nel 2022 lo Stato incasserà quasi 40 miliardi in più e bisogna restituire questi soldi reintroducendo il fiscal drag", chiede la Cgia di Mestre. Il livello record di carico fiscale raggiunto nel 2021 non è ascrivibile ad un aumento del prelievo imposto l'anno scorso a famiglie e imprese, ma, spiega, alla decisa crescita registrata dal Pil (+6,6 per cento) che, dopo la caduta verticale registrata nel 2020 (-9 per cento), ha contribuito ad aumentare notevolmente le entrate. Nel 2022, invece, il peso del fisco, sebbene la crescita economica dovrebbe attestarsi attorno al 3 per cento circa, è destinato a diminuire di 0,4 punti percentuali. Ciò avverrà anche grazie alla riduzione delle imposte e dei contributi decisa dal Governo Draghi.

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Le principali misure approvate l'anno scorso sono la riforma dell'Irpef (-6,4 miliardi di euro di risorse); esonero contributivo di 0,8 punti percentuali ai lavoratori dipendenti con una retribuzione mensile lorda inferiore a 2.692 euro (-1,1 miliardi di euro); esonero pagamento Irap alle persone fisiche (-1 miliardo di euro). Se si tiene conto anche del miglioramento delle principali variabili economiche che si riflette sull'andamento del gettito, secondo il Def lo Stato nel 2022 incasserà 39,7 miliardi di imposte e contributi in più rispetto al 2021. "Segnaliamo che una parte di questo incremento di gettito è sicuramente ascrivibile anche al forte aumento dell'inflazione che, secondo le previsioni, quest'anno potrebbe sfiorare il 6 per cento. Pertanto, in un momento in cui le famiglie stanno subendo dei rincari spaventosi che rischiano di far crollare i consumi interni, sarebbe auspicabile - afferma la Cgia - che il Governo restituisse parte di questo extra gettito con meccanismi di fiscal drag. Una misura che rafforzerebbe il potere d'acquisto dei pensionati e dei lavoratori dipendenti, dando un sensibile sollievo soprattutto a coloro che attualmente si trovano in serie difficoltà economiche".

Fisco, solo in Francia è più esoso

Tra i big dell'UE solo la Francia ha un fisco più esoso del nostro. A indicarlo è la Cgia di Mestre, secondo con "dal confronto con gli altri Paesi europei non emerge un risultato particolarmente entusiasmante". Nel 2020 (ultimo anno in cui è possibile effettuare una comparazione con i paesi Ue) i contribuenti italiani hanno lavorato per il fisco fino al 5 giugno (quasi 157 giorni lavorativi), vale a dire 4 giorni in più rispetto alla media registrata nei Paesi dell'area euro e 6 se, invece, il confronto è realizzato con la media dei 27 Paesi che compongono l'Unione europea. Se si confronta il ''tax freedom day'' italiano con quello dei nostri principali competitori economici, solo la Francia presenta un numero di giorni di lavoro necessari per pagare le tasse nettamente superiore (+19), mentre tutti gli altri hanno potuto festeggiare la liberazione fiscale in anticipo. In Germania, ad esempio, questo è avvenuto 5 giorni prima che da noi, in Olanda 11 e in Spagna 20. Il paese più virtuoso è l'Irlanda; con una pressione fiscale del 20,7 per cento, i contribuenti irlandesi assolvono gli obblighi fiscali in soli 76 giorni lavorativi, cominciando lavorare per se stessi il 16 marzo: 81 giorni prima rispetto al nostro ''tax freedom day.

 

 

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