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Donne contro Donne Ada Ferrari disprezza il femminismo. La Rete delle Donne di Cremona lo valorizza

Il 7 marzo u.s. è apparsa una lettera, sul giornale La Provincia di Cremona di Ada Ferrari che condannava il periodo storico del femminismo. Oggi, 11 marzo, la Rete delle Donne di Cremona invece lo valorizza e da un significato impegnativo e serio alla Festa delle Donne che si celebra in tutto il mondo per l’8 marzo.Di seguito pubblichiamo entrambe le lettere.

| Scritto da Redazione
Donne contro Donne Ada Ferrari disprezza il femminismo. La Rete delle Donne di Cremona lo valorizza Donne contro Donne Ada Ferrari disprezza il femminismo. La Rete delle Donne di Cremona lo valorizza Donne contro Donne Ada Ferrari disprezza il femminismo. La Rete delle Donne di Cremona lo valorizza

La lettera di Rete delle Donne di Cremona in risposta a quella di Ada Ferrari. Caro direttore ,gentile Ada Ferrari, dispiace leggere sulla prima pagina del quotidiano ‘La Provincia’ del 7 marzo una tanto invettiva vivace contro la ‘Festa della Donna’. La Giornata Internazionale della donna è una ricorrenza seria, promossa dalla spinta dei movimenti delle donne e riconosciuta dagli organismi internazionali come occasione di promozione dei diritti delle donne e per il contrasto delle discriminazioni: disparità  sociale, limitazione delle opportunità di accesso al lavoro ed alla carriera ,violenze psicologiche, fisiche e sessuali. Non si tratta quindi di una festa, non si tratta come riportato nell’articolo, di ‘veniali accessi e mortali contraddizioni’ di ‘ donne inferocite’ della piccola borghesia nel secolo scorso. Si tratta di secoli di ingiustizie e sofferenze che alle diverse latitudini del pianeta hanno visto la vita delle donne segnata dal dolore e disprezzo, lo stesso disprezzo che traspare dall’intervento che con tanta delicatezza il quotidiano locale ha voluto proporci come spunto di riflessione per l’otto marzo. Noi, femministe nostrane, ‘figlie di un dio minore e pure un po’ strabico’, come ci ha simpaticamente definite Ada Ferrari, siamo orgogliose del cammino compiuto dalle donne in tutti i campi del progresso scientifico, culturale, artistico, civile. Ci fa piacere che una donna possa esprimere il suo pensiero sulla prima pagina del nostro quotidiano (accade così di rado!), ci dispiace che ciò avvenga al solo scopo di denigrare il femminismo, un movimento che ha conquistato spazi di libertà per le donne, e anche per gli uomini. Pensiamo che le battaglie delle donne siano una questione di civiltà, di umanità, di politica. Una politica che grazie alle donne esprime una maggiore attenzione ai diritti e ai bisogni della vita quotidiana. Si, siamo femministe, e vorremmo proporre ai lettori del quotidiano una frase di Rebecca West, scrittrice e giornalista del secolo scorso: ‘Io stessa non sono mai stata in grado di scoprire cosa è esattamente il femminismo; so solo che la gente mi chiama femminista ogni volta che esprimo sentimenti che mi differenziano da uno zerbino’. Egregio direttore, cara Ada, vi invitiamo a intervenire alle nostre (nostrane) iniziative pubbliche.

Donata Bertoletti, Luciana Carini, Vera Castellani, Emanuela Ghinaglia, Maria Giulia Ghinaglia, Fiorella Lazzari, Cristina Manfredini, Simona Mele, Tamara Messina, Patrizia Politi, Caterina Ruggeri, Franca  Zucchetti

(ReteDonne Se Non Ora, Quando? - Cremona donnepunto@gmail.com )

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La Lettera di ADA Ferrari: Anche quest’anno l’8 marzo celebra la Festa della Donna mobilitando riti e buoni propositi prudenzialmente confinati in ventiquattr’ore ‘politicamente corrette’. Ma nemmeno il dolciastro alito delle mimose mitiga l’aspra realtà delle cose. Altro che festa. E’ in atto una planetaria mattanza di donne che affligge le società evolute non meno di quelle arretrate e, facendosi un baffo del cosiddetto progresso, ci manda a sbattere contro l’eterna e implacabile complessità dei rapporti fra i sessi. Il collegamento, durato secoli, fra femminilità e stregoneria, peraltro, è al riguardo più che illuminante. Ma è pur vero che c’è mattanza e mattanza. Esiste insomma una dimensione occidentale e attuale del fenomeno che  direttamente interpella la memoria storico culturale degli ultimi decenni. Impossibile omettere che un movimento femminista c’è stato e che in senso lato ha attraversato almeno un secolo della nostra storia con prove collettive e individuali di grande dignità e coraggio ma anche con veniali eccessi e mortali contraddizioni. Se è vero che l’albero si giudica dai frutti, sono dunque maturi i tempi per qualche verità fuori dal coro. A partire dalla più evidente: quel pregiudizio ideologico che, nelle espressioni meno genuine del fenomeno, ha vincolato e subordinato la causa delle donne alla più generale causa della sinistra, facendo del riscatto di Eva poco più che un capitolo interno della suprema battaglia contro riti, miti e tabù del detestato potere borghese. Diciamolo, quel ‘Tremate, tremate le streghe son tornate’ a chi altri era diretto se non a lui, al povero borghese piccolo piccolo, al capo ufficio che nei famosi anni ’70 scontava una maldestra pacca sul sedere con una mobilitazione nazionale di donne inferocite. E vien da chiedersi perché le pratiche di violenza sistematica sulle donne che l’immigrazione afroasiatica sta trascinando da noi vengono invece derubricate, con sospetta indulgenza, da crimine a fatto etnico. Ovvio: perché ancora e sempre le battaglie civili, in Italia, ballano sulla musica delle convenienze politiche. Da questo femminismo nostrano, figlio di un dio minore e pure un po’ strabico, non era dunque il caso di attendersi grandi cose. ‘Io sono mia’ era la urlata sintesi della ritrovata libertà. Già. Mauna volta che sei ‘tua’ dovrai pur decidere cosa fare di te . Stava lì la grande occasione di liberare l’intero potenziale della diversità femminile sottraendolo al più insidioso dei rischi: un femminismo che sfida il maschilismo semplicemente perché ne invidia e rivendica le storiche libertà. Legittimo ma insufficiente. Quasi un autogol, che ha fatto di un certo  femminismo il più generoso sostegno inconsapevole mai concesso dalle donne alla presunta superiorità maschile. Musicalmente parlando, siamo dunque di fronte a una gigantesca ’In co mp iu ta ’, più attratta dall’emulazione del modello maschile che dall’avventurosa esplorazione della originalità femminile e delle conseguenti libertà tagliate a sua misura. Questo è il punto. Una libertà declinata al ribasso è poca cosa se fra i tanti tabù da abbattere quello della liberazione sessuale è diventato il luogo totale di una battaglia che, epicamente aperta sulle note dell’Eroica, rischia di spegnersi sui banalissimi lidi del chirurgo plastico. Circolano, a Destra e a Sinistra, grottesche damazze dalle labbra tumefatte e dagli zigomi tesi nel disperato sforzo di trattenere l’u l t ima overdose di plastica. E’ tutto qui l’esito di un nobile cammino intrapreso per attingere cieli più alti, libertà più piene e cittadinanza adeguata al contributo prezioso, spesso silenziosamente eroico, che le donne offrono alla comune avventura del vivere? Peccato che molte reduci di un movimento che ebbe variegato piumaggio ideologico (rosso, arancione, verde…) non abbiano informato figlie e nipoti che ogni libertà raggiunta è una nuova potenziale schiavitù se non viene affrontata con consapevolezza morale e quel tosto orgoglio d’essere portatrice di un cervello in proprio che dà peso specifico alla dignità femminile e ne presidia la sicurezza più e meglio di ogni telefono rosa. Bilancio troppo severo? Non bastano le sbandieratissime quote rose politiche a riportarlo in attivo? Bastano a chi s’ accontenta. A chi non s’accontenta è riservata invece la parte più difficile. Società e famiglie del passato si reggevano su un compromesso feudale: lui dava protezione, lei obbedienza. Saltato quel compromesso urge trovarne uno nuovo. Nel delicato equilibrio dei diritti e dei doveri c’è una frattura scomposta che per ora è lì, nella sua dolorante e irrisolta evidenza. Nel vuoto conseguente l’uomo è in balia di quella confusa impotenza che i peggiori risolvono appunto in forme di ripugnante violenza . Come può difendersi la donna? Metta a frutto la siderale superiorità del suo estro intuitivo, ridia allo spaventatissimo maschio qualche modesta certezza intorno a se stesso, alla vita e al misterioso pianeta dei sentimenti. Impari dalle eterne creature di Goethe, Shakespeare, Verdi o Stendhal la più irresistibile e autorevole forma di fascino: quello che arriva alla materia partendo dallo spirito. E finalmente osi il più audace talento che la Natura le ha donato: lievitare per supplemento d’anima e non di silicone.

Ada Ferrari (Cremona)

Lettera pubblicata su il giornale La Provincia del 7 marzo 2016 con il titolo : È SBAGLIATO POLITICIZZARE LE BATTAGLIE DELLE DONNE

 

 

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