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Forse Keynes era di sinistra di Massimo Negri – Casalmaggiore (CR)

Il cuore del pensiero keynesiano è stato l’esame approfondito del problema della disoccupazione. Il celebre economista inglese notava che spesso il mercato del lavoro, lasciato a se stesso, non produceva la piena occupazione

| Scritto da Redazione
Forse Keynes era di sinistra di Massimo Negri – Casalmaggiore (CR)

Cari amici di Welfare Cremona, ascoltando su Radio 3 la puntata di Wikiradio del 5 giugno 2015 dedicata a John Maynard Keynes, raccontato per l’occasione da Stefano Feltri, il pensiero è corso a una lezione di parecchi anni fa (a.a. 1981/82) nella quale il professor Carlo D’Adda, titolare del corso avanzato di Economia Politica all’Università di Scienze Politiche a Bologna, chiese a noi studenti: “ma Keynes era di destra o di sinistra?”. Ricordo che archiviammo presto il quesito nei capitoli irrilevanti essendo più importante volgersi allo studio della sua Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse  e della moneta (edizione Utet).

Il cuore del pensiero keynesiano è stato l’esame approfondito del problema della disoccupazione.    Il celebre economista inglese notava che spesso il mercato del lavoro, lasciato a se stesso, non produceva la piena occupazione. Senza minare le basi della libera economia di mercato egli individuò nel ruolo attivo dello Stato a sostegno soprattutto della domanda effettiva di  investimenti lo strumento per giungere al pieno impiego del fattore lavoro. La forza delle sue idee – in risposta alla grande crisi del 1929 – ha visto nel New Deal varato dal presidente americano Franklin Delano Roosevelt una prima ed efficace applicazione storica. E pure la successiva costruzione dello Stato sociale europeo, con la sua attenzione al tema dell’equità distributiva, ha risentito dell’apporto keynesiano.

Venendo per brevità all’oggi, la crescita nel tempo dei livelli della spesa pubblica, della tassazione e del debito dei vari Stati ha portato a un ripensamento critico di alcuni aspetti della teoria keynesiana letta, talvolta, come via libera senza condizioni alla spesa in deficit. Si è compreso, ad esempio in sede europea, che la salvaguardia dei valori di solidarietà sociale deve avvenire in un quadro di equilibrio nei conti pubblici, onde evitare di trasferire pesanti fardelli alle future generazioni. Avanza, piano piano, la consapevolezza che mentre è giusto richiedere ai singoli Stati un maggior rigore nei loro bilanci è altrettanto vitale che l’Unione europea, in quanto soggetto sovranazionale dotato di risorse proprie, si faccia promotrice di politiche di sviluppo a sostegno dell’occupazione. In questo senso, il piano pluriennale di investimenti voluto dal presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker  - col suo richiamo a un “effetto moltiplicatore” - mi pare corrispondere a una concreta, attuale applicazione delle tesi di John Maynard Keynes.

Per non sfuggire  in chiusura alla domanda iniziale posta dal professor D’Adda, adesso risponderei che forse Keynes era di sinistra. Specificando, subito dopo che, essendo stato un liberale inglese con un seggio alla Camera dei Lords, le sue idee sono in linea con il filone classico della sinistra riformista. La soddisfazione migliore, però, ieri come oggi, resta avere avuto la possibilità di confrontarmi con l’opera di un grande pensatore del Novecento.

Cordiali saluti

Massimo Negri – Casalmaggiore (CR)

 

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