Venerdì, 19 aprile 2024 - ore 11.26

Helmut Schmidt, Un fumatore accanito, ma non un venditore di fumo di Renzo Balmelli

Per parlare di lui, iniziatore, oltre gli schieramenti, della lunga marcia verso l'unione economica e monetaria europea, si deve giocoforza iniziare dallo scossone che diede alla SPD avviandola lungo il cammino della modernità.

| Scritto da Redazione
Helmut Schmidt, Un fumatore accanito, ma non un venditore di fumo di Renzo Balmelli

VALORI. Non fu certo né per la Germania né per l'occidente un periodo tranquillo quello in cui Helmut Schmidt, considerato uno dei massimi protagonisti del dopoguerra e il primo grande riformatore della sinistra tedesca, esercitò le sue funzioni pubbliche Fu questa d'altronde la cifra dominante dell'intera sua azione politica alla quale rimase fedele con coerenza e fermezza dapprima in veste di ministro delle finanze e poi come Cancelliere al culmine della guerra fredda. In quegli anni nel cielo sopra Bonn ( Berlino divisa non era ancora capitale) si addensavano i nuvoloni carichi di oscuri presagi insiti nel riarmo nucleare voluto da Breznev che accentuava e rendeva vieppiù rischiosa la contrapposizione est-ovest. Sul piano interno inoltre incombeva l'attacco portato alla democrazia dalla RAF, Rote Armee Fraktion, il minaccioso e temibile braccio armato del terrorismo, all'origine di un'ondata di attentati e rapimenti che fecero da modello al sequestro di Aldo Moro. Fumatore accanito, ma non venditore di fumo, per la concretezza e il rigore col quale impostò il suo operato, Helmut Schmidt, scomparso alla veneranda età di 96 anni, resta il Cancelliere più amato e rimpianto dai tedeschi anche per un altro motivo legato alla personalità del riformista di Amburgo: quello di avere dedicato gli ultimi anni dalla sua vita a esortare il suo Paese e l'Europa a unirsi in forma democratica per affrontare le sfide che abbiamo davanti. Ma nella sua biografia , vista da un altra angolazione, non mancano, come spesso succede con gli statisti di vaglia, le valutazioni critiche per talune scelte e le sue sfide controcorrente non sempre condivise che hanno lasciato una forte e controversa impronta, nonché una vasta gamma di discussioni e divisioni sia nella SPD, sia nel campo dell'euro socialismo. Se Willy Brandt, il suo predecessore, verrà ricordato per sempre come il romantico eroe della pace e della distensione, lui passerà alla storia come il venerato, grande vecchio della socialdemocrazia rinnovata nel solco della sua esemplare tradizione di insostituibile forza progressista anche nei tempi bui. Forza che è sempre stata una straordinaria fucina d'idee e di un altro modo di fare politica, basato sul primato dell'etica e dei valori morali.

DESERTO. Se per sventura quanto visto alla baldanzosa adunata di Lega e FI a Bologna fosse davvero il "nuovo" che avanza, bisognerebbe rassegnarsi a vivere in un Paese con un futuro alle spalle e un passato davanti a se. Nella triplice alleanza della destra di vecchio conio, lontana anni luce dal suo modello liberale e risorgimentale, si coagula infatti, accanto a personaggi ormai logori e altri di stampo populista, tutta la panoplia dei vecchi slogan di facile suggestione che nel recente passato lasciarono l'Italia in braghe di tela. Però quel filone esiste ancora e con l'aria che tira in Europa sottovalutarne la presenza sul territorio potrebbe avere ricadute difficili da riassorbire. Assecondarne la crescita elettorale sarebbe un azzardo, non diverso dall'illusione di attraversare il deserto a piedi senza un goccio d'acqua.

SORRISO. Sono occorsi due decenni, un Nobel, la reclusione, privazioni e sofferenze di ogni genere per riconsegnare all'indomita Aung San Suu Kyi la vittoria che fu già sua ma che venne soffocata dalla rigida dittatura birmana. Con il trionfo elettorale, l'icona del movimento di opposizione non violento ha ora i mezzi necessari per completare la svolta democratica della sua patria . Ma non sarà facile poiché dovrà continuare a guardarsi dai colpi d'ala dei generali che ancora non si sono fatti da parte e ai quali è riservato il 25% dei seggi. Per portare in porto felicemente la transizione la madre coraggio di Rangoon dovrà contare sul sostegno della comunità internazionale; sostegno che le fu negletto, per sordide speculazioni al servizio di meri interessi mercantili , negli anni cupi dell'isolamento coatto e del silenzio. Secondo una antica massima, in Birmania, diventata nel frattempo il Myanmar, " se incontri qualcuno senza un sorriso, regalagliene uno dei tuoi". Per il Paese dei mille templi è tempo di tornare a sorridere senza timori.

CONTRADDIZIONE. In Italia e non solo si riaffaccia a scadenze cicliche il tema dell'antipolitica e della scarsa fiducia nei partiti dimostrata da molti cittadini. In merito a tale argomento sono apparse ultimamente le riflessioni della storico Marc Lazar, nonché quelle di Eugenio Scalfari e Ilvo Diamanti che su Repubblica riflette sul fenomeno della "controdemocrazia" e le sue conseguenze per la società globale. La paradossale fotografia che ne viene fuori è quella di elettori che detestano i partiti, ma non i loro leader i quali godono invece di un ampio consenso specie nel folto schieramento degli eurofobici. La contraddizione è manifesta , ma è possibile contrastarla validamente - sostengono gli autori - nella consapevolezza che " le elezioni ancora esistono e la democrazia c'è ancora".

MALINCONIA. Quando i giovani che si sentivano soffocare dalla vecchia politica si riversarono nello strade di Parigi, dando vita alla combattuta stagione del "maggio 68", con loro salirono alla ribalta i maitres à penser, il gruppo dei pensatori che facevano capo a André Glucksmann, filosofo e campione dei diritti umani, scomparso in questi giorni all'età di 76 anni. Il suo impegno fu determinante quale punto di congiunzione tra due correnti, quella di Sartre, Aron e Focault e i Nouveaux philosphes che più tardi ruppero con il marxismo. A quel punto il ruolo di Glucksmann prende altre vie, si fa sempre più critico nei confronti del pacifismo, sposa la causa dell'intervento militare in Serbia, Siria e Libia quasi come un dovere in nome dei diritti umani. Tesi controversa però, che lasciò perplessi i suoi ammiratori a maggior ragione quando alla fine del suo complesso percorso il filosofo non esitò ad appoggiare Sarkozy, ossia la negazione di quello spirito sessantottino che vide l'antico maestro tra i più convinti protagonisti di un'epoca sulla quale oltre all'oblio è calato un velo di malinconia

Fonte: L'AVVENIRE DEI LAVORATORI La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu

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