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Liguria, la verità sulla Iplom e sui politici che l’hanno sempre favorita

Trasmettiamo il testo firmato da Marco Grasso e Matteo Indice

| Scritto da Redazione
Liguria, la verità sulla Iplom e sui politici che l’hanno sempre favorita

«Basta fare i piagnoni», dice il Presidente della Regione Giovanni Toti (Forza Italia), commentando l’allarme sul Mar Ligure per il greggio fuoriuscito dall’oleodotto Iplom di Fegino. «Bastapoliticafossile, investiamo sulle fonti rinnovabili», rilancia invece il Movimento 5 Stelle, mentre il PD la risolve senza prendere posizioni. L’importante è sapere bene di cosa si staparlando, e quali partite politiche e sindacali si giochino dietro lo stabilimento petrolchimico di Busalla, poiché i depositi e i tubi di Fegino non esisterebbero se non ci fosse la fabbrica in Valle Scrivia. La raffineria, una delle sedici totali presenti sul territorio italiano, soprattutto negli ultimi trent’anni ha dato lavoro a moltissime famiglie, lacerato una comunità, ottenuto impensabili, e in taluni casi irreversibili, sponde dai partiti, ammiccato a qualche conflitto d’interesse e goduto d’un discreto oscurantismo sulle informazioni in materia epidemiologica nel territorio dove aveva sede. Da questa verità storica occorre ripartire, per decidere cosa fare ora che le due emergenze di solito in antitesi ambientale e occupazionale-coesistono.

Nata negli anni Trenta in Piemonte (Iplom sta per Industria piemontese lavorazione oli minerali), insediatasi nel 1944 a Busalla. la società svolta nel 1962 con il consolidamento dei depositi in Valpolcevera e il collegamento fino al Porto Petroli di Multedo. Ma il periodo cruciale, che segnerà nel male e nel bene il destino d’un pezzo di Liguria, è compreso fra 1988 e 2000: dall’azienda sull’orlo del baratro (amministrazione controllata, dipendenti più che dimezzati) a un incredibile rilancio. È in quell’arco temporale che la raffineria rivoluziona la politica produttiva, concentrandosi sulla cosiddetta "parte bassa" del barile, iniziando a sfornare vari tipi di gasolio e arrabattandosi per un paio d’anni mentre in Comune entra una mai vista maggioranza DC-PCI, guidata da Luigi Traverso. Dal Municipio fanno pressione sugli (altri) enti locali affinché si pensi a un’alternativa, ricollocando i lavoratori rimasti. Ma una «mozione di sfiducia costruttiva», promossa da un pezzo di maggioranza e da una parte dell’opposizione, ribalta tutto. S’insedia un Sindaco, Loris Maieron, che avrà per lungo tempo nella sua giunta uno storico dirigente Iplom, Luciana Meloni. E la storia degli anni Novanta diventa una durissima contesa fra due anime agli antipodi nella medesima vallata: c’è chi detesta la fabbrica, e coloro che dalla fabbrica ottengono il pane. Ne succedono di tutti i colori mentre la Regione, principale referente dei ministeri che devono rinnovare le concessioni, si gira spesso dall’altra parte. Sarà l’allora superdirigente dell’Ambiente Corrado Clini, in seguito divenuto ministro e travolto da uno scandalo di mazzette, a dire sul finire degli anni Novanta: «Noi abbiamo l’ultima parola, ma il parere degli enti locali, ancorché non vincolante, è importantissimo». Iplom intanto fa il suo: lievita di nuovo fino a 250 dipendenti (più altrettanti nell’indotto), foraggia le squadra di calcio, di pallavolo e il tessuto commerciale. E soprattutto punta al bersaglio grosso nel 1998, con l’installazione d’un nuovo impianto per la desolforazione del gasolio. Barricate degli ambientalisti, manifesti con eloquenti foto di aria e acqua inquinate, ma non è classificata come «modifica strutturale», quindi niente Valutazione d’impatto ambientale e lo stabilimento cresce. Alle comunali busallesi del 1999 la lista civica degli ambientalisti, che ingloba simpatizzanti di Alleanza Nazionale e Rifondazione Comunista ed è guidata da un’esponente dei Verdi, arriva seconda su cinque e in sella resta il Sindaco precedente. È il preludio del secondo successo fondamentale per Iplom sul piano politico, che si materializza nel 2000. La Regione nel 1999 aveva formalizzato il parere favorevole al rinnovo delle concessioni ministeriali (Presidente Giancarlo Mori, centrosinistra) chiedendo che non fossero di 30, ma di 15 anni. Il via libera arriva e prevede una scadenza nel 2013, che viene poi superata dall’Autorizzazione integrata ambientale.

È un periodo clou anche per un altro motivo. Dopo anni di richieste cadute nel vuoto sulla realizzazione d’un vero studio epidemiologico in Valle Serivia, che certifichi se c’è legame fra alcune malattie e l’esposizione alla raffineria, spunta la denuncia di Marina Vercelli, responsabile del Registro tumori all’Ist di Genova. Durante un convegno a Venezia (4 ottobre 2001) rende noti i dati di uno studio parziale ma inquietante: «Emergono, con inaspettata evidenza, gli incrementi di rischio significativi per il cancro all’occhio e all’encefalo. Inoltre, per un certo numero di sedi si osservano valori tendenzialmente più elevati per laringe, prostata e linfomi... L’ipotesi di studio da valutare è il rapporto tra esposizione ai processi di raffinazione del petrolio e incremento dei tumori del sistema nervoso». L’assessore alla Salute della Regione Roberto Levaggi (centrodestra, oggi Sindaco di Chiavari) dice che le cause potrebbero essere molteplici e non va escluso «il traffico». Fatto sta che quello studio preliminare non è mai stato approfondito, per capire se fosse la punta di un iceberg o un abbaglio. Vinta buona parte della battaglia, e garantito il lavoro a 500 famiglie del posto, Iplom fa i conti nel quindicennio successivo con tre gravi incidenti (l’ultimo è quello di pochi giorni fa). Incidenti e investimenti Investe quasi 200 milioni inapparati di sicurezza, ottiene certificazioni di qualità e gode d’una sorta di silenzio-assenso dalla maggioranza di centrosinistra guidata in Regione da Claudio Burlando fra 2005 e 2015: «Tanto decide Roma», la sintesi della replica sempre fornita a chi protesta. Nel 2010 l’azienda ottiene la fondamentale Autorizzazione integrata ambientale (ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo) e poco dopo va a regime il potenziamento degli impianti nel cosiddetto progetto "Autoil 2".

Per dieci anni, dal 2004 al 2014, il Sindaco di Busalla è Mauro Valerio Pastorino, un medico che definisce «incompatibili» la fabbrica con il paese, ma sa che ormai non si può risolvere la questione con un colpo di bacchetta magica e scrive a mezzo mondo per chiedere che i controlli siano più seri. Nel 2014 non può più ricandidarsi e vince le elezioni di nuovo Maieron, quello del 1991, mentre dopo un anno tramonta Burlando e torna in Regione il centrodestra con l’exploit di Toti. Negli ultimi giorni il segretario della Filctem-Cgil genovese, Antonio Grifi, che sta trattando la cassa integrazione dei dipendenti bloccati dopo il sequestro degli impianti di Fegino, l’ha detto chiaro: «È in gioco il lavoro, il rischio zero non esiste». Una comunità magari può accettare per un po’ il compromesso. Ma deve sapere, davvero, quant’è il rischio e di cosa.

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