Lo chiamavano Trinità... di Gabriele Beccari (Cremona)
Egr. Direttore, gira voce che il bravo Terence Hill sia stato scalzato nel suo ruolo di Trinità dall'arrembante Luigi Di Maio, che assomma le cariche di capo politico del partito fideistico 5 Stelle, di vicepremier e di doppio ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, senza dimenticare la delega alle Telecomunicazioni: al suo confronto, la Trimurti indiana impallidisce e persino Matteo Renzi sembra un dilettante allo sbaraglio nell'agone dei cacciatori di potere.
Qualcuno tra i grillini ha provato a fargli notare questo eccesso di leaderismo, ma è stato subito zittito dal prorompente Di Maio, spalleggiato dal cerchio magico dei fedelissimi, tra cui spicca il nostrano Danilo Toninelli, che ha seguito un corso accelerato per diventare improvvisamente esperto di Infrastrutture e Trasporti, annegando contemporaneamente nell'oblio le critiche feroci che venivano rivolte ai politici di parte avversa che ricoprivano incarichi senza averne le competenze. Le richieste di maggior condvisione e maggior confronto sono state bollate come "piagnistei" da chi interpreta il comando come imposizione, anche violenta, della propria volontà sugli altri e non si fa scrupolo di spazzare via con ogni mezzo qualsiasi forma di critica democratica.
L'improvvisazione e la mancanza di spessore culturale di questa nuova casta sono state evidenziate dal giurista e presidente emerito della Corte Costituzionale, Gustavo Zagrebelsky, che tra l'altro i grillini avevano indicato come uno dei candidati preferiti per la Presidenza della Repubblica. Zagrebelsky su "Repubblica" ha criticato pesantemente il contratto di governo Lega-M5s, perché i due contraenti hanno interessi contrapposti e ne deriva l'impossibilità di una sintesi politica, con conseguenze dannose per i cittadini. Anche dal punto di vista formale, il professore ha evidenziato che il contratto tedesco tra Spd e Cdu, evocato da Di Maio come esempio, sembra una tesi di dottorato, mentre al confronto quello italiano potrebbe essere considerato come un compito di terza media.
Nel tentativo di arginare il presenzialismo di Matteo Salvini, il leader grillino ha sentenziato: "Se una cosa è incostituzionale, non si può fare", con riferimento alle ipotesi di censimento di immigrati e rom, ma gli è sfuggito che molte proposte contenute nel suo contratto sono altrettanto incostituzionali e, quindi, non si possono fare. Alcuni esempi? L’introduzione del vincolo di mandato dei parlamentari, la creazione di un comitato di conciliazione che si sovrappone agli organismi repubblicani, la flat tax, la mancanza di coperture finanziarie e la conseguente insostenibilità del debito pubblico, gli asili nido gratuiti soltanto per gli italiani, l’ampliamento della legittima difesa (considerata sempre legittima), ecc.
"Se una cosa è incostituzionale, non si può fare" dice Di Maio, perciò non dovrebbe essere scritta in un programma di governo. E se è stata scritta, dovrebbe essere cancellata. Per coerenza costituzionale.
Gabriele Beccari (Cremona)