Mons. Luis Infanti de la Mora , originario di Campomolle di Teor (Ud), è dal 1999 vescovo del Vicariato apostolico dell'Aysén nella Patagonia cilena. Il suo impegno in favore dell’etica ambientale, lo ha portato a condividere le battaglie delle popolazioni dell’Aysen contro il tentativo di progettare grandi dighe nel sud della regione, sui fiumi Rio Baker e rio Pascua. La sua lettera pastorale
Dacci oggi la nostra acqua quotidiana , pubblicata e tradotta in italiano da EMI, è il documento più significativo di un vescovo cattolico sul tema dell’acqua. Apprezzato e conosciuto in tutto il mondo per il suo impegno ambientale, mons. Infanti sta promuovendo nell’ambito della società civile cilena un progetto di nuova fase costituente che riscriva la Costituzione uscita dalle mani del dittatore Pinochet.
La sua presenza a Cremona la sera di mercoledì 26 marzo, alle ore 21, presso la nuova sede provinciale delle ACLI in via Cardinal Massaia 22, sarà occasione per ascoltarne la testimonianza. Il tema che affronterà è: «Promuovere i beni comuni per combattere la povertà».
Il bene comune nel contesto attuale non può essere promosso se non a partire dai beni comuni. Garantire l’accesso all’acqua, al cibo, alla cultura, alla sanità… è la grammatica del vivere sociale che intende assicurare
la giustizia. Non si tratta infatti di pensare in termini di assistenzialismo, aiutando chi non ce la fa, ma di promuovere la giustizia che offre a tutti le medesime possibilità.
L’insegnamento sociale della Chiesa ha avuto in questi anni il grande merito di invocare la giustizia affinché possano nascere nuovi rapporti sociali. Papa Francesco lo ha scritto nell’esortazione apostolica
Evangelii Gaudium : «Grandi masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza prospettive, senza vie di uscita. Si considera l’essere umano in se stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare. Abbiamo dato inizio alla cultura dello “scarto” che, addirittura, viene promossa. Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma di qualcosa di nuovo: con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia, o senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono “sfruttati” ma rifiuti, “avanzi”».
Fonte: Acli Cremona