Mantova, 22 febbraio 1607: all'Accademia degli Invaghiti viene rappresentato in anteprima l’Orfeo di Claudio Monteverdi. Lo stile compositivo e l’apporto di novità introdotti sono, almeno in parte, esito di una parallela evoluzione degli strumenti.
La mostra Monteverdi e Caravaggio, sonar stromenti e figurar la musica ricostruisce l’orchestra dell’Orfeo seguendo le indicazioni nelle prime edizioni a stampa della partitura. Gli strumenti in mostra sono stati selezionati secondi criteri di valore storico ed estetico e provengono dalle maggiori collezioni italiane e internazionali. Tra gli archi saranno presentate opere di Andrea Amati e dei figli Antonio e Girolamo, di Gasparo da Salò e Giovanni Paolo Maggini, un chitarrone di Magno Tieffenbrucker ed una tiorba di Giovanni Tesler mentre i fiati portano la firma Anton Schnitzer "Padre" e della famiglia Bassano. Applicazioni multimediali permetteranno di ascoltare il suono di ognuno di essi onde conoscerne il timbro ed identificarne il ruolo nella trama musicale e simbolica dell’opera.
L’Orfeo di Monteverdi ha un lieto fine: il suo eroe diventa simbolo dell’amore che supera la morte. Il ruolo apollineo e salvifico della musica ha ispirato diverse rappresentazioni pittoriche. Tra le più famose è certamente Il Suonatore di Liuto di Caravaggio. Questa meravigliosa tela, presentata a Cremona come introduzione agli strumenti musicali e proveniente da una collezione privata, ha una storia affascinante: è infatti il dipinto originale realizzato nel 1597 dal grande pittore per il Cardinal del Monte.
Concerto inaugurale Auditorium Giovanni Arvedi venerdì 7 aprile, ore 21 a cura della Fondazione Teatro Amilcare Ponchielli - Cremona
LA BELLA PIÙ BELLA musiche di G. Caccini, B. Ferrari, C. Monteverdi, L. Rossi, B. Strozzi
Roberta Invernizzi, soprano-Franco Pavan, liuto e torba
Nota per le sue abbaglianti ed eleganti performance nella musica del tardo Barocco, l’artista milanese ha anche alimentato, lungo la sua carriera, l’arte più delicata e sfumata della canzone del repertorio italiano dei primi del XVII secolo, un tempo in cui l’espressione polifonica cedeva il passo al moto degli ‘affetti’.
In questo concerto, Roberta Invernizzi attraversa con grazia il terreno della monodia in composizioni di artisti del calibro di Girolamo Kapsberger, Giulio Caccini, Barbara Strozzi, Luigi Rossi (dal cui brano trae titolo il programma) e Claudio Monteverdi.