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Vacchelli C. Fermare sul nascere la centrale a carbone

| Scritto da Redazione
Vacchelli C. Fermare sul nascere la centrale a carbone

Qualcuno direbbe che c’è in atto un complotto o meglio, in questo caso, un “accanimento di tipo energetico”. Infatti dopo che il 13 giugno abbiamo sventato il ritorno al nucleare targato EdF (l’Enel francese), con una mobilitazione straordinaria ed un referendum nazionale che però ci è costato circa 400 milioni di euro, ecco apparire una nuova minaccia sempre proveniente da oltr’alpe.
Si tratta dell’ipotesi di realizzazione, nella zona industriale di Pizzighettone, di una  centrale termoelettrica a carbone,  avanzata da un importante gruppo industriale francese,  e su cui pare esserci il sostanziale, quanto informale, assenso della presidenza dell'amministrazione provinciale di Cremona.

L’ipotesi della realizzazione di questa centrale a carbone pone, a mio avviso, almeno due
questioni: una di merito ed una politica più generale.
Nel merito giova ricordare come una centrale di questo tipo sia da bandire perché la più inquinante tra quelle tradizionali e come il nostro paese non abbia assolutamente bisogno di aumentare la propria capacità di produrre nuova energia elettrica.
La potenza installata in Italia è, infatti, di circa 107 mila MW a fronte di un fabbisogno giornaliero medio di circa 50 mila MW ed una richiesta di picco (momento di massima richiesta) che non supera mai i 57 mila MW.
Oggi, 8 luglio 2011 alle ore 16,00 il grafico del consuntivo del fabbisogno giornaliero nazionale, da tutti consultabile sul sito di Terna (http://www.terna.it/), ha fatto registrare una punta massima di  46.160 MW.
Quindi ampiamente al di sotto, meno della metà, del nostro potenziale produttivo ed  anche del limite di potenza disponibile per il pronto impiego che è di 67 mila MW.

E allora perché la minaccia di una nuova centrale a carbone in provincia di Cremona?

La risposta è solo politica. Tutti ricordiamo le dichiarazioni del presidente Salini all’indomani dei risultati del 13 giugno: “non è cambiato nulla”.
 
Il Presidente della Provincia di Cremona e la sua giunta di centro destra hanno deciso di rispondere in questo modo allo straordinario risultato dei referendum del 12 e 13 giugno.
 
Il loro messaggio è molto chiaro quanto grave: non avete voluto il nucleare ed ora tenetevi il carbone.
La loro strategia politica è quella di lavorare per dimostrare come i referendum non servono a nulla e quindi affossare questo straordinario strumento di democrazia, l’unico per ora in grado di sconfiggere le scelte politiche più impopolari.
Del resto chi come me ha lavorato in questa campagna referendaria si è sentito spesso rispondere dalla gente: “ l’è inutil, tanto i fa semper quel chi na voia”  (è inutile, tanto fanno sempre quello che vogliono).

Oltre al grave danno che una centrale a carbone arrecherebbe al nostro territorio in termini di inquinamento è questo il grave pericolo che corre oggi la nostra democrazia: che la gente, dopo aver dato un’ultima possibilità alla politica, ma a quella con la P maiuscola, ora  abbandoni definitivamente per sfiducia.

Non dobbiamo assolutamente permettere che ciò avvenga.

Per questo sono indispensabili ed urgenti due cose:
•fermare sul nascere questa ennesima sciagurata ipotesi di costruzione di una centrale a carbone sul territorio cremonese;
•impedire alla giunta Salini di portare a termine il proprio disegno di privatizzazione dell’acqua in provincia di Cremona, nonostante il chiarissimo ed inequivocabile pronunciamento popolare uscito dalle urne il 12 e 13 giugno.

Drizzona, lì 8/7/2011
Cesare Vacchelli

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