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WeLibri QUANDO GRAMSCI CRITICAVA IL JAZZ TEMENDO LA SOCIETA’ CONSUMISTA

Dal 27 settembre in libreria per Bibliotheka un originale saggio di Roberto Franchini che prende in esame due appunti occasionali del grande intellettuale

| Scritto da Redazione
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WeLibri  QUANDO GRAMSCI CRITICAVA IL JAZZ TEMENDO LA SOCIETA’ CONSUMISTA

Dal 27 settembre in libreria per Bibliotheka un originale saggio di Roberto Franchini che prende in esame due appunti occasionali del grande intellettuale

 ROBERTO FRANCHINI  Gramsci e il jazz  90 pagine, 12 euro dal 27 settembre in libreria  Bibliotheka



“Un improvviso fragore di piatti d’argento rotolati al suolo. È caduta qualche cosa? No, zitti, si suona”.


Nei "ruggenti anni Venti" la musica jazz irrompe come un ciclone nel ritmo compassato della vecchia Europa, abituata a ruotare a passo di valzer. La Francia è il primo e più accogliente porto europeo per i nuovi brani che provengono dall’America, espressione di un desiderio di divertimento e della necessità di dimenticare in fretta gli orrori e le devastazioni della grande guerra.

Quella sinfonia dell’irrequietezza, di sottane corte e gambe in aria, che Josephine Baker trasforma in selvaggia seduzione, si presenta agli osservatori e ai critici come un’orgia di suoni e di movimenti, di evasione e di irrazionalità. Gramsci, che nei suoi scritti dedica al jazz solo due appunti occasionali, sembra tuttavia intuirlo perfettamente: in quegli anni a Parigi si gioca l’egemonia culturale dell’intero paese e, considerata la rilevanza della Francia, anche dell’intera Europa, spiega il giornalista e saggista Roberto Franchini nel libro “Gramsci e il jazz”, in libreria il 27 settembre per le edizioni Bibliotheka (90 pagine, 12 euro). “Egli teme – spiega l’autore - che finisca per prevalere una cultura elementare e ripetitiva, poco incline alla riflessione, capace di impadronirsi del corpo prima ancora che della mente. Teme una società massificata, consumista, semplificata, meccanizzata, dove il jazz si intreccia con le fabbriche tayloristiche e le città americane popolate di grattacieli”.



Gramsci coglie la capacità prensile del jazz di fare breccia nei gusti degli europei: musica sì, ma per ballare (ci ritornerà poche righe dopo). Europei, certo, ma di una precisa classe sociale: la borghesia colta e più internazionale. “Questa musica ha veramente conquistato tutto uno strato della popolazione europea colta, ha creato anzi un vero fanatismo”. Gramsci va oltre, spinge lo sguardo a immaginare gli effetti di quella musica e di quella danza.




Già direttore dell’Agenzia di informazione e comunicazione della Regione Emilia-Romagna, presidente della Fondazione Collegio San Carlo di Modena e del Festival filosofia, Roberto Franchini ha pubblicato di recente Il secolo dell’orso (Bompiani), Prigioniero degli altipiani (La nave di Teseo), L' Ultima nota. Musica e musicisti nei lager nazisti (Marietti 1820) e Magone. Declinazioni di uno stato d’animo (Oligo 2024).

 

allegata la cover 

 1A Comunicazione

 

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