Martedì, 16 aprile 2024 - ore 19.21

A Berlino è caduto un angelo| R. Balmelli

| Scritto da Redazione
A Berlino è caduto un angelo| R. Balmelli

SCHELETRI. "E' caduto un angelo" - ha detto un ispirato giornalista tedesco nel commentare lo scandalo che ha travolto il presidente Christian Wulff. Il richiamo al film di Wenders " Il cielo sopra Berlino" con i due angeli che si interrogano sul passato, presente e futuro del paese coglie nel segno. Nell'immaginario collettivo, il capo dello stato era lo specchio della Germania giovane, pulita; la Germania che dava lezione di morale a tutti, invitata tutti a fare i compiti a casa e a tenere i conti in ordine. La Germania che non poteva sopportare l'onta della crisi istituzionale. Ora sotto gli occhi dell'Europa le tocca alzare i veli sui propri scheletri nell'armadio e per molti cittadini è stato un trauma. A vent' anni da Mani pulite e dalle tante corrosive inchieste sui difetti degli altri, non è facile accettare l'idea che a nessuna latitudine la politica è immune da certi vizi.

ZELO. Da Moody's non devono tenere in gran conto i santi e nemmeno gli amorosi palpiti se hanno scelto il giorno di San Valentino per tagliare il rating dell'Italia e di seguito lanciare un'offensiva a tutto campo contro banche e assicurazioni europee che non ha risparmiato neppure le nazioni più virtuose. Di sicuro l'agenzia avrà le sue buone ragioni, ma tanto zelo appare un filino sospetto nel momento in cui la crisi morde ferocemente la carne viva dei paesi dell'eurozona e in pari tempo fa soffrire anche l'economia americana. Che ci sia nell'incrocio delle coincidenze un sottile, interessato gioco delle parti, un larvato tentativo di dirottare l'attenzione dai propri ai guai altrui? A pensare male si fa peccato, è vero, ma spesso ci si azzecca.

INCOGNITA. Se non ci fosse l'inquietante presenza dell'estrema destra ad ammorbare il clima politico, con ogni verosimiglianza le imminenti elezioni presidenziali francesi sarebbero senza storia. Nonostante il forsennato rush finale, condito di promesse ancora più mirabolanti di quelle mai mantenute nel suo primo mandato, Sarkozy non dovrebbe farcela a recuperare i dieci punti di distacco da Francois Hollande. A meno che il candidato socialista non ricada nelle sue solite contraddizioni e si faccia male da solo. Ma a rompere le uova nel paniere c'è appunto l'incognita del Fronte Nazionale ora affidato a Marine Le Pen, persino peggiore del padre nello sfornare slogan impronunciabili, che controlla il 15% dei voti, se non di più, e farà quindi pagare a caro prezzo il suo sostegno. Senza Marine, si dice, Eliseo precluso per Sarko. Sarebbe però il classico regalo avvelenato che come la mela della fiaba uccide chi la morde.

SOLLIEVO. Ne santo subito, ne eroe e nemmeno taumaturgo. Di maghi ne é bastato uno e il cilindro era vuoto. Mario Monti è semplicemente un signore per bene che si si trova a sostituire chi fece un uso tanto dissennato del suo mandato da mandare il paese in rovina. I commenti favorevoli che il premier raccoglie in patria e all'estero non sono di circostanza, ma esprimono il sollievo per il ritorno alla normalità dopo gli eccessi dell'infausta era berlusconiana. Nonostante gli auspici e le poche voci fuori dal coro, forse la sobrietà da sola non basterà per fare accettare una drastica cura economica e fiscale che sottintende un salto di mentalità. Ma passo dopo passo, Monti avrà avuto il grande merito di essere riuscito in novanta giorni a riscattare l'immagine dell'Italia sulla scena internazionale. E dite se vi par poco.

CANZONETTE. Se una sera di fine febbraio un viaggiatore ignaro si fosse sintonizzato sulla RAI all'ora di San Remo sarebbe rimasto senza parole, ammutolito dall'imbarazzo. Se lo spettacolo proposto era davvero la misura dello stato di salute della nazione, avrebbero mille ragioni sia Grasso che Galli della Loggia: c'è di che preoccuparsi seriamente. L'Italia, per fortuna, è un'altra cosa, e se all'Ariston si è assistito a un baraccone pseudo-sociologico affidato a predicatori e comici stanchi, serve poco gridare allo scandalo. Ormai è un pezzo che il festival non è più per alcuni giorni il rilassante riflesso del costume nazional-popolare da prendere così alla buona, senza pretese e con le sue piccole trasgressioni. Il vero scandalo, semmai, è stata la pochezza della materia prima, cioè delle canzoni sui cui dovrebbe reggersi lo spettacolo. In passato saranno state solo canzonette, d'accordo, ma il giorno dopo tutti le fischiettavano, ed era questo che faceva lo charme del festival. Ora non più.
di Renzo Balmelli

fonte: VISITA IL SITO DELL'ADL www.avvenirelavoratori.eu

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