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All’inizio dei tumori cerebrali pediatrici

Pubblicato su Science Advances lo studio dell’Università di Trento

| Scritto da Redazione
All’inizio dei tumori cerebrali pediatrici

Per la prima volta hanno usato gli organoidi realizzati in laboratorio, allo scopo di ricreare tessuto cerebrale tumorale in provetta. Hanno così individuato un tipo di cellula dalla quale può avere origine il medulloblastoma, un cancro cerebrale pediatrico. Sono questi i due obiettivi raggiunti dal gruppo di ricerca dell’Università di Trento, coordinato da Luca Tiberi, coinvolto nel progetto sul medulloblastoma, il tumore maligno del sistema nervoso centrale più frequente nei bambini e nelle bambine.

Il lavoro è frutto di una collaborazione internazionale del gruppo di ricerca di Luca Tiberi, dell’Armenise-Harvard Laboratory of Brain Cancer al Dipartimento di Biologia cellulare, computazionale e integrata Cibio dell’Università di Trento, con il Centro ICM di Parigi (Paris Brain Institute-Institut du Cerveau, Sorbonne Université) e il KiTZ (Hopp Children´s Cancer Center) di Heidelberg in Germania e La Sapienza di Roma. Lo studio ha potuto contare sul sostegno della Fondazione Armenise-Harvard, di Fondazione Airc per la ricerca sul cancro e della Fondazione Caritro di Trento. Il risultato, pubblicato sulla rivista Science Advances, offre indicazioni per ipotizzare nuove terapie più mirate ed efficaci.

Nel gruppo di ricerca c’è soddisfazione. Luca Tiberi, coordinatore dello studio e “corresponding author” dell’articolo scientifico, commenta: “Per la prima volta abbiamo utilizzato il tipo di organoide che avevamo inventato e realizzato nei mesi scorsi. Proprio grazie a questi tessuti cerebrali tumorali in provetta, in tre dimensioni, siamo riusciti a individuare il tipo di cellula da cui può avere origine il medulloblastoma. Si tratta di cellule che esprimono Notch1/S100b e hanno un ruolo determinante nell’insorgenza, nella progressione e nella prognosi di questo cancro cerebrale pediatrico”.

Gli organoidi, creati a centinaia nei laboratori dell’Università di Trento, sono costituiti a partire da cellule della pelle o del sangue e si presentano come sfere irregolari, simili a delle noccioline. Sono utili a comprendere i meccanismi genetici del cancro al cervello in età pediatrica e a trovare nuove cure per queste malattie ancora poco curabili. Gli organoidi sono stati utilizzati per ricreare dei tumori in laboratorio e i risultati aprono nuove prospettive nella ricerca contro i tumori al cervello poiché in futuro potrebbero permettere di produrre una grande quantità di tumori in laboratorio a costi ridotti rispetto alle precedenti tecnologie e perciò di effettuare screening ampi per valutare nuovi farmaci e terapie personalizzate.

Cosa sono gli organoidi

Gli organoidi sono costituiti a partire da cellule della pelle o del sangue e si presentano come sfere irregolari, simili a delle noccioline. Essi non sono aggregati di cellule, ma sono cellule specializzate e organizzate e mostrano funzionalità quanto più simili possibile all’organo reale oggetto di studio.

Questi modelli tridimensionali consentono agli scienziati di fare ricerca senza dover intervenire sull’organo reale (in questo caso, studiando i tumori pediatrici del cervello, è evidente l’impossibilità di fare questi studi su soggetti malati). Infatti, il team dell’Armenise-Harvard Laboratory del Dipartimento di Biologia cellulare, computazionale e integrata del Cibio dell’Università di Trento li ha utilizzati per comprendere i meccanismi genetici del cancro al cervello in età pediatrica e a trovare nuove cure per queste malattie ancora poco curabili.

Gli organoidi, creati a centinaia nei laboratori dell’Università di Trento, sono costituiti a partire da cellule della pelle o del sangue e si presentano come sfere irregolari, simili a delle noccioline. Sono utili a comprendere i meccanismi genetici del cancro al cervello in età pediatrica e a trovare nuove cure per queste malattie ancora poco curabili. Gli organoidi sono stati utilizzati per ricreare dei tumori in laboratorio e i risultati aprono nuove prospettive nella ricerca contro i tumori al cervello poiché in futuro potrebbero permettere di produrre una grande quantità di tumori in laboratorio a costi ridotti rispetto alle precedenti tecnologie e perciò di effettuare screening ampi per valutare nuovi farmaci e terapie personalizzate.

Il tumore al cervello in età pediatrica

Il tumore al cervello è la prima causa di morte per cancro nei bambini. I tumori cerebrali sono patologie aggressive che necessitano di trattamenti multidisciplinari e integrati. Sebbene numerosi passi avanti siano stati fatti nel trattamento di queste malattie, i pazienti che guariscono possono presentare effetti collaterali a lungo termine che influiscono significativamente sulla qualità della vita. Quando poi il tumore si ripresenta a distanza di tempo, le terapie sono generalmente inefficaci. Il medulloblastoma, oggetto di studio, è il tumore maligno del sistema nervoso centrale più frequente nei bambini e nelle bambine. La sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi di medulloblastoma si aggira intorno al 70% (fonte: Fondazione Airc per la ricerca sul cancro).

L’articolo, dal titolo “Notch1 switches progenitor competence in inducing medulloblastoma”, è stato pubblicato ieri, 23 giugno, sulla rivista Science Advances.

Autori e autrici sono: Claudio Ballabio, Marica Anderle, Matteo Gianesello (borsa di dottorato Fondazione Pezcoller), Chiara Lago, Giuseppe Aiello, Francesco Antonica e Luca Tiberi (Armenise-Harvard Laboratory of Brain Cancer, Dipartimento di Biologia cellulare, computazionale e integrata Cibio dell’Università di Trento, Italia e EMBO young Investigator); Konstantin Okonechnikov e Stefan M. Pfister (Hopp Children´s Cancer Center Heidelberg (KiTZ), Heidelberg, Germany, Division of Pediatric Neurooncology, German Cancer Research Center and German Cancer Consortium, Heidelberg, Germany); Tingting Zhang e Bassem A. Hassan (Paris Brain Institute-Institut du Cerveau, Sorbonne Université, Inserm, CNRS, Hôpital Pitié-Salpêtrière, Paris, France); Francesca Gianno e Felice Giangaspero (Dipartimento di Scienze radiologiche, oncologiche e anatomopatologiche della Sapienza Università di Roma e Irccs Neuromed, Pozzilli, Isernia, Italia).

L’articolo è disponibile in Open Access su Science Advances (DOI: 10.1126/sciadv.abd2781). (aise)

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