Sabato, 20 aprile 2024 - ore 05.26

Calamità naturali, in Italia danni da 50 mld di euro in 10 anni

La prevenzione resta indietro

| Scritto da Redazione
Calamità naturali, in Italia danni da 50 mld di euro in 10 anni

Sono già ingenti i danni economici legati agli eventi meteo estremi che – tra bombe d’acqua e la siccità più grave da almeno 70 anni – si sono abbattuti sull’Italia quest’estate, ma la crisi climatica parte da molto più lontano: Antonio Coviello, ricercatore Cnr-Iriss, documenta che «l’Italia conta per le calamità naturali 51,8 miliardi di dollari di danni subìti dal 2011 al 2021. In particolare, studi scientifici hanno previsto che il cambiamento climatico taglierà il Pil italiano pro-capite dello 0,89% nel 2030, del 2,56% nel 2050 e del 7,01% nel 2100».

Per evitare un simile scenario l’imperativo è contribuire a ridurre le emissioni di gas serra – calate in Italia del -19,4% dal 1990 al 2019, dovranno arrivare a -55% entro il 2030 –, ma la quota parte di crisi climatica che abbiamo già innescato bruciando combustibili fossili non rientrerà a breve. Per questo agli interventi di mitigazione del rischio occorre mettere in campo anche quelli di prevenzione e adattamento.

Nel merito, Coviello da pochi giorni ha pubblicato – insieme a Renato Somma, ricercatore Ingv e associato Cnr-Iriss – il volume I rischi catastrofali. Azioni di mitigazione e gestione del rischio, edito da Cnr edizioni e liberamente scaricabile qui.

«Nell’ultimo decennio, gli eventi meteorologici estremi in Italia, tra cui forti piogge, grandine e tornado, sono più che quadruplicati, da 348 nel 2011 a 1.602 nel 2021», ricorda Coviello, sottolineando che alluvioni e frane si verificano in Italia più frequentemente di qualsiasi altro pericolo naturale: «Le aree italiane più soggette sono la Liguria nord-occidentale e la Pianura Padana, Piemonte, Toscana, Emilia Romagna e Veneto. Ma il rischio alluvione riguarda praticamente tutte le regioni, Sicilia e Sardegna comprese». Tanto che «è esposto ad elevato rischio idrogeologico il 55% delle abitazioni italiane, più precisamente il 19% con un rischio alto, il 36% medio-alto, il 33% medio-basso e solo il 12% con un rischio basso».

L’incremento dei disastri naturali e delle relative perdite è dunque evidente, ma delle perdite totali di 280 miliardi nel 2021, solo 119 miliardi godevano di una copertura assicurativa.

«L’Italia si caratterizza per una gestione dei danni relativi a calamità naturali mediante l’intervento ex-post da parte dello Stato, accrescendo nei cittadini la convinzione che esista un garante di ultima istanza disposto a farsi carico della ricostruzione. Per tale ragione le coperture assicurative per gli eventi catastrofali sono scarsamente diffuse: l’88,7% delle polizze non presenta alcuna estensione – rimarca Coviello – Dai dati forniti dall’Ania (Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici), l’incidenza percentuale delle unità abitative assicurate contro il rischio catastrofi naturali a livello nazionale è pari al 4,9% dei 31,2 milioni di abitazioni esistenti censite dall’Istat».

La copertura assicurativa contro i disastri naturali è dunque uno strumento di gestione del rischio che presenta ampi margini di sviluppo nel nostro Paese, ma non è sostenibile pensare che le ricadute di un problema collettivo – la crisi climatica – possano essere adeguatamente gestite solo dai singoli cittadini, rivolgendosi al mercato assicurativo.

Una più vasta opera di prevenzione e adattamento può essere svolta in modo equo ed efficace solo dalla mano pubblica. A partire dalla stesura definitiva del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, rimasto in bozza dal 2017, ma anche dall’allocazione delle risorse economiche necessarie ad intervenire contro il rischio di dissesto idrogeologico.

Se è un dato di fatto che lo Stato copre solo il 10% circa delle richieste di risarcimento (ritenute ammissibili) a valle di un’emergenza per calamità naturale – rendendo opportuna una maggiore copertura assicurativa da parte dei privati –, lo è altrettanto che le risorse destinate alla prevenzione risultano largamente insufficienti, sebbene possano far risparmiare moltissimo rispetto ad interventi post-disastro.

Anche nel Pnrr sono stati previsti solo 2,49 mld di euro contro il dissesto idrogeologico – peraltro le stesse risorse già stanziate nel 2019 –, quando per mettere in ragionevole sicurezza il Paese ne servirebbero circa 40. Il problema è che il ministero dell’Ambiente ne ha messi a disposizione solo 7 negli ultimi vent’anni.

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