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Cgil Dati Censis Un Paese incattivito dal lavoro povero

Il 52° rapporto annuale dell'istituto disegna un’Italia in crisi profonda, vittima di un “sovranismo psichico” che individua nei migranti il capro espiatorio. I giovani a rischio indigenza aumentano, mentre diminuisce la fiducia nel futuro

| Scritto da Redazione
Cgil Dati Censis Un Paese incattivito dal lavoro povero

Cgil Dati Censis Un Paese incattivito dal lavoro povero

Il 52° rapporto annuale dell'istituto disegna un’Italia in crisi profonda, vittima di un “sovranismo psichico” che individua nei migranti il capro espiatorio. I giovani a rischio indigenza aumentano, mentre diminuisce la fiducia nel futuro

Gli italiani si sono spaventati e incattiviti, vittime di un “sovranismo psichico”.È “una reazione pre-politica con profonde radici sociali” che “talvolta assume i profili paranoici della caccia al capro espiatorio, quando la cattiveria – dopo e oltre il rancore – diventa la leva cinica di un presunto riscatto e si dispiega in una conflittualità latente, individualizzata, pulviscolare”. Il 52° rapporto annuale del Censis, presentato oggi (7 dicembre) a Roma, disegna un’Italia in crisi profonda, le cui cause vanno individuate nell’“assenza di prospettive di crescita, individuali e collettive”.

Non è quindi un caso se “l’Italia è ormai il Paese dell’Unione europea con la più bassa quota di cittadini che affermano di aver raggiunto un condizione socio-economica migliore di quella dei genitori”. Il 56,3% degli italiani dichiara che non è vero che “le cose nel nostro Paese hanno iniziato a cambiare veramente”, il 63,6% è convinto che nessuno ne difenda gli interessi e che bisogna pensarci da soli. “L’insopportazione degli altri – rileva il Censis – sdogana i pregiudizi, anche quelli prima inconfessabili”, e mentre si manifesta “un cattivismo diffuso che erige muri invisibili, ma spessi”, “le diversità degli altri sono percepite come pericoli da cui difendersi”.

Il 52% (il 57% tra chi ha redditi bassi) è addirittura persuaso che si faccia di più per gli immigrati che per gli italiani. In generale, il giudizio negativo sull'immigrazione è nettamente superiore alla media europea. Rispetto al futuro, il 35,6% degli italiani è pessimista “perché scruta l’orizzonte con delusione e paura”, il 31,3% è incerto e solo il 33,1% è ottimista.

La mancanza o la bassa qualità del lavoro la fa da padrone, soprattutto per quanto riguarda i più giovani. Nel 2017 il 12,4% degli occupati nella classe di età 20-29 anni era a rischio povertà. Si tratta di circa 330 mila persone, 10 mila in più rispetto all'anno precedente. L’incidenza del rischio risulta più accentuata tra gli occupati che svolgono il lavoro in forma autonoma o indipendente (18,1%) rispetto ai dipendenti (11,2%). Secondo il Censis, fra i 15 e i 24 anni un giovane su quattro è a rischio povertà, condizione che si riduce nella classe d’età 25-34 anni e soprattutto oltre i 65 anni (17,1%). Nella fascia d’età 25-34 anni i sottoccupati sono circa 163 mila (il 4% degli occupati), pari al 23,5% dei tutti i sottoccupati.

Nella stessa classe d’età gli occupati in part time “involontario” (cioè non scelto, ma imposto per ragioni di riduzione dei costi) sono circa 675 mila, vale a dire 16 su 100 giovani occupati. Più in generale, tra il 2000 e il 2017 in Italia il salario medio annuo è aumentato in termini reali solo dell’1,4%, pari a 400 euro annui, contro i 5.000 euro della Germania (+13,6%) e gli oltre 6.000 della Francia (+20,4%). Nello stesso arco di tempo gli occupati nella fascia 25-34 anni sono diminuiti del 27,3% (oltre un milione in mezzo in meno), quelli tra i 55 e i 64 anni sono aumentati del 72,8. Nel giro di un decennio si è passati da 236 a 99 giovani occupati ogni 100 anziani.

 

Di conseguenza, emergono segnali di allargamento della forbice sociale nei bilanci delle famiglie. Il rapporto mostra come negli ultimi cinque anni la capacità di spesa delle famiglie italiane ha mostrato un progresso. La quota che dichiara un aumento della capacità di spesa rispetto all'anno precedente ha raggiunto il 31,9% del totale. Quelle che invece hanno visto un peggioramento sono oggi il 15%. Anche con riferimento alle attese per il futuro si conferma una tendenza alla divaricazione delle famiglie. Con riferimento al futuro del Paese, i pessimisti (44,5%) superano di gran lunga gli ottimisti (18,8%). Paura, inquietudine, preoccupazione riguardano il Paese e i suoi scenari evolutivi molto più che la propria situazione familiare.

Fonte rassegna sindacale

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