Sabato, 20 aprile 2024 - ore 10.40

(CR) Pianeta Migranti. Dopo Glasgow resta muro climatico verso i migranti.

I 7 Paesi che più producono CO2 hanno investito, per difendere le frontiere dai migranti, hanno speso più del doppio delle politiche di accoglienza

| Scritto da Redazione
(CR) Pianeta Migranti. Dopo Glasgow resta muro climatico verso i migranti.

Cremona Pianeta Migranti. Dopo Glasgow resta il muro climatico verso i migranti.

Un rapporto del Tansnational Institute, “Global climate woll”, dice che tra il 2013 e il 2018 i sette Paesi che più producono CO2 hanno investito, per difendere le frontiere dai migranti, più del doppio di quanto destinato per le politiche di mitigazione del clima nei Paesi dove la gente scappa da disastri ambientali.

Questi Paesi stanno spendendo circa 33,1 miliardi di dollari per le politiche di respingimento alle frontiere, in media, 2,3 volte tanto per armare i loro confini rispetto ai finanziamenti per arginare il cambiamento climatico dei Paesi vulnerabili. Un investimento che serve a tenere lontano quanti fuggono da situazioni ambientali divenute invivibili, invece di aiutarli come dovrebbero, ad affron tare le cause che li costringe a migrare. Lesinando i dovuti finanziamenti e militarizzando al massimo le frontiere, i Paesi inquinatori’ hanno di fatto costruito un "muro climatico” nei confronti di rifugiati e migranti che compiono viaggi sempre più pericolosi e mortali per salvarsi dalle devastazioni ambientali. Hanno disatteso al solenne impegno, preso nella Cop 2009 (Conferenza delle parti sul clima delle Nazioni Unite), di stanziare 100 miliardi di dollari l’anno a favore dei Paesi fragili; un impegno riconfermato anche alla Cop di Parigi del 2015 ed esteso fino al 2025. Le ultime stime dell’Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo mostrano che i  suoi  Paesi membri hanno versato solo 80 miliardi di dollari nel 2019 e negli impegni per il 2020 hanno aggiunto solo 1,6 miliardi.

Gli Stati Uniti, che pesano per il 30% sul totale delle emissioni, hanno speso 19,6 miliardi di dollari tra il 2013 e il 2018 per la gestione della frontiera con il Messico, dei centri per migranti e le politiche di rimpatrio, ma appena 1,8 miliardi di dollari per il clima. In altre parole: per ogni dollaro impegnato nel sostegno ai Paesi più poveri nelle politiche di adattamento climatico, gli Usa ne hanno spesi 11 per respingere alla loro frontiera donne e uomini provenienti dall’’America Latina o dalle isole dei Caraibi (come Haiti) colpiti da esondazioni, siccità, altri eventi estremi.

Nello stesso arco di tempo, il Canada ha speso 15 dollari per la gestione delle frontiere per ogni dollaro investito per il clima (1,5 miliardi di dollari contro 100 milioni).

Il Regno Unito ha speso 1,4 miliardi per il clima e quasi il doppio (2,7 miliardi di dollari) per le frontiere. L’Unione europea tra il 2006 e il 2021 ha aumentato il budget della sua agenzia Frontex del 2.763%.

Le industrie del comparto sicurezza dei confini si aspettano di trarre ulteriori profitti proprio grazie all’instabilità causata dai cambiamenti climatici. La società americana Raytheon  sostiene che “la domanda di prodotti e servizi militari può aumentare a seguito di siccità e alluvioni”.  La britannica Cobham, specializzata nella commercializzazione di sistemi di sorveglianza, ritiene che i cambiamenti climatici e le difficili condizioni ambientali “potrebbero aumentare le necessità di sorvegliare i confini a causa delle migrazioni”.

La scelta dei governi di privilegiare gli investimenti per rafforzare i confini e per le politiche di respingimento dei migranti rispetto a quelli per la mitigazione del clima minaccia di peggiorare la crisi climatica per tutta l’umanità, oltre che contribuire a sradicare sempre più persone dalla loro terra.

Se poi le nazioni più inquinanti avessero il coraggio di tagliare sul serio le loro emissioni potrebbero dare al mondo la possibilità di tenere l’aumento della temperatura al di sotto di 1,5 gradi, come ampiamente auspicato. Ma quando si capirà che siamo tutti sotto lo stesso cielo e che nessun Paese può salvarsi a scapito di altri? Serve cooperazione, non competizione o difesa! 

 

 

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