Mercoledì, 08 maggio 2024 - ore 17.23

Cremona Pianeta Migranti. Medici Senza Frontiere costretti a lasciare i lager libici

Crescono le violenze contro migranti e rifugiati. Massimo degrado umano. Mamme così debilitate da non poter allattare i neonati.

| Scritto da Redazione
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Cremona Pianeta Migranti. Medici Senza Frontiere costretti a lasciare i lager libici.

Medici senza Frontiere (MFS) sospende l’attività medico-umanitaria nei centri di detenzione di Al-Mabani e Abu Salim a Tripoli. Mancano le condizioni di sicurezza per gli operatori. Crescono le violenze contro migranti e rifugiati. Massimo degrado umano. Mamme così debilitate da non poter allattare i neonati.

Prendere questa decisione non è stato facile per MFS, perchè significa abbandonare a sé stesse le persone chiuse nei lager. Tuttavia, il succedersi di continui e violenti incidenti, con gravi danni ai migranti, mettono a serio rischio anche la sicurezza del personale di MFS.

“I nostri colleghi hanno visto e ascoltato testimonianze di uomini, donne e bambini vulnerabili, detenuti in condizioni disperate, soggetti ad abusi e a rischi letali.

Nessun migrante recuperato in mare dalla Guardia costiera libica, (finanziata dall’UE), dovrebbe essere costretto a tornare nei centri di detenzione libici. Bisogna fermare la violenza in questi luoghi ed evacuare tutte le persone costrette a viverci”. (Ellen van der Velden Responsabile operazioni MSF in Libia).

Purtroppo, dall’inizio del 2021 il numero dei migranti che la Guardia costiera libica riporta nei centri di detenzione è aumentato.  Dal 19 giugno, oltre 14.000 persone sono state intercettate e costrette a ritornare in Libia, superando il numero totale di ritorni forzati dell’intero 2020. Con questa conseguenza: il grave sovraffollamento nei centri di raccolta e il peggioramento delle condizioni di vita.

MFS denuncia che nella maggior parte di questi centri non c’è adeguata ventilazione, né luce naturale; spesso, in un metro quadro convivono fino a quattro persone, che devono fare i turni per sdraiarsi. Manca l’accesso costante all’acqua potabile e alle strutture igieniche. Le razioni di cibo sono insufficienti: uno o due pasti al giorno, di solito con un pezzo di pane e formaggio o un piatto di pasta da condividere con gli altri. A volte, le persone usano farmaci per allentare i morsi della fame. Ci sono donne così denutrite che non riescono ad allattare. Gli operatori hanno riferito di una mamma così debilitata e senza latte per la sua bimba di cinque giorni, che ha provato darle la sua razione di cibo solido per evitare che morisse di fame.

Ovviamente, in condizioni così disumane, le tensioni aumentano e sfociano spesso in episodi di violenza tra le guardie e le persone detenute arbitrariamente.

Il 17 giugno, nel centro di detenzione di Al-Mabani, che ha 2.000 persone ammassate in celle superaffollate, le équipe di MFS hanno visto le guardie picchiare violentemente e in modo indiscriminato persone che stavano lasciando le loro celle per essere visitate dai medici.

Quest’escalation violenta obbliga gli operatori di MFS a intervenire spesso su pazienti con lesioni da pestaggio, fratture, ferite da taglio, abrasioni, traumi. A ciò vanno aggiunti anche gli abusi subiti da parte degli addetti alla sicurezza.

Il 13 giugno, nel centro di Abu Salim, sono state usate anche le armi e ci sono stati feriti e morti. Dopo di che a MFS è stato impedito di entrare nel centro per curare le persone ferite e quelle gravemente malate.

Non va dimenticato che questi fatti, di estrema gravità, sono il risultato delle centinaia di milioni spesi da Italia e Ue per fermare i migranti in Libia. Purtroppo, tutto ciò non ha ancora innescato un serio e responsabile ripensamento da parte degli Stati europei. Di fatto, il Consiglio europeo che si è riunito i giorni scorsi e che aveva all’ordine del giorno il problema dei flussi migratori, ha dedicato solo 10 minuti alla questione e ha riconfermato la solita linea politica.

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