Delitto nella Pieve di Soncino :MATILDE E DODO DE’ SISMONDI, IL PRETE ASSASSINATO NEL 1110 |Agostino Melega
Avendo alle spalle uno studio appassionato che mi ha portato ad approfondire per anni la figura di Matilde di Canossa (1046-1115) ed il suo tempo, si potrà capire perché lo scrivente non abbia dovuto faticare molto ad ambientare storicamente il romanzo breve “Delitto nella Pieve di Soncino” pubblicato recentemente.
Infatti tale testo riguarda un crimine rimasto impunito, che avvenne per l’appunto alla vigilia di Natale del 1110, nel quadro di un conflitto di potere fra quattro famiglie dominanti il borgo soncinate e Dodo De’ Sismondi, l’arciprete della pieve locale dedicata a Santa Maria Assunta.
Ebbene, le quattro famiglie dominanti della Soncino del tempo erano d’origine longobarda, al pari appunto di Matilde, figlia di Bonifacio degli Attoni e di Beatrice di Lorena, della quale non potrò fare a meno di riferirmi quando, il prossimo 28 di Dicembre, sarò ospite del circolo culturale “Leonardo da Vinci” di Soncino, per presentare appunto detto romanzo breve.
Purtroppo di esso mi sono rimaste in casa solo dieci copie, la qual cosa mi costringerà, purtroppo, a recarmi nelle edicole della città a ritirare i libri necessari che mi serviranno a compendio finale di tale evento.
Di fatto il libro diventerà presto una rarità, avendo pubblicato con l’editore Uggeri di Cremona Produce un numero limitato di 250 copie, delle quali 120 sono state acquisite dai quattro sponsor, ossia la Confartigianato di Cremona, l’ Impresa Edile Secchi Costantino di Cavatigozzi, l’Opificio Maglia Club di Trigolo, ed il Museo del Velocipide di Soresina. Mentre con le altre 130 copie ho potuto attivare una parca distribuzione in alcune edicole di Cremona ed in quelle di Castelverde, Casalbuttano, Annicco, Soresina e Soncino, dove, in quest'ultima località, il libro è ormai introvabile da tempo.
Detto questo, ricordo che “Delitto nella Pieve di Soncino” è una storia di fantasia, immaginata a guisa d’un racconto narrato nei filòs, durante le veglie invernali nelle stalle della Val Padana. Nello scritto si parla di un prete molto attivo, considerato un piantagrane dalle quattro famiglie dominanti il borgo rivierasco dell'Oglio.
Famiglie che per poterlo cacciare via, o meglio, per far sì che venisse trasferito dalla Curia Vescovile di Cremona, avevano inventato una relazione amorosa fra il religioso ed una ragazza del borgo.
Per l’aristocrazia dominante del luogo, Dodo de’ Sismondi, arciprete della Pieve di Soncino, aveva avuto il grave torto di essersi impegnato e battuto per la emancipazione politica e sociale della gente, con una particolare attenzione verso i giovani ai quali faceva scuola, ricordando loro il grande valore dei libri e della cultura, come egli stesso aveva potuto apprendete da seminarista a Cremona, allorquando ebbe la possibilità di visitare la straordinaria biblioteca del monastero di San Colombano, a Bobbio, dove essere stato incaricato per la missione di uno scambio librario e di pergamene, al seguito di un presule della Curia cremonese.
Negli anni successivi al delitto del plebano di Soncino, dell’ artefice del crimine fuggito in Provenza non si è più saputo nulla, ma il borgo, come testimoniano le fonti, “fu sottoposto all’interdetto, secondo la pratica di quei tempi, che poneva a carico del pubblico i delitti del privato; il quale interdetto però dopo pochi mesi venne tolto per opera di Filippo Ubaldini, canonico della Cattedrale di Cremona”.
In conclusione mi sento di affermare solo questo, ossia di essere personalmente convinto che Dodo sia stato ucciso per un motivo solo, ossia di per aver egli troppo amato la sua gente, aggiungendo che otto anni dopo dalla sua morte, al termine di un complicato percorso, la sua visione istituzionale ebbe finalmente un esito felice: Soncino, borgo franco, nel 1118, divenne una realtà. Ossia rimase alleato di Cremona e servo di nessuno.
Agostino Melega (Cremona)