Domenica, 28 aprile 2024 - ore 17.11

Doping sportivo Nel mondo contemporaneo, lo sport è l’attività meno ludica che esista di Francesco Nuzzo (Cremona)

Lo sport, considerato quale insieme di attività fisiche, educative e agonistiche secondo determinate norme, è entrato nella coscienza comune fino a diventare, anche fuori dell’ambito sportivo, sinonimo di lealtà e serena accettazione dei rischi e delle sconfitte.

| Scritto da Redazione
 Doping sportivo  Nel mondo contemporaneo, lo sport è l’attività meno ludica che esista di Francesco Nuzzo (Cremona)

Ancorato a tali idee e finalità, esso costituisce un mezzo di elevazione morale perché, nella tensione dello sforzo fisico per il superamento dell’avversario o di una figura ideale di avversario, sviluppa e rafforza qualità interiori come la volontà, il coraggio, l’abnegazione. Nel mondo contemporaneo, lo sport è l’attività meno ludica che esista (e quindi meno culturale e civile), se gli stessi governi, di fronte alla pressione irrisolta dell’economico, ricorrono alla mistificazione ideologica dell’attività sportiva, proiettando in un ideale artificiale la perfezione che rinunciano a realizzare nel concreto.

Lo scandalo degli atleti russi e kenioti, che si avvalevano del doping di Stato per ottenere successi in campo internazionale, dimostra la validità dell’assunto e, in pari tempo, indica il tradimento della lealtà, valore fondamentale in questo campo. Infatti la pratica sportiva, espressione essenziale del ‘g i o c o’, è un comportamento liberoche allontana dallavita ordinaria o vera, si svolge entro determinati confini di tempo e di spazio, impone l’osser - vanza di regole obbligatorie. Queste non ammettono ‘i nt e r pr e t az i on i ’, ma devono essere rispettate scrupolosamente: la minima deviazione o infrazione rovina il gioco e lo distrugge. Come valutare allora l’iniziativa della Procura antidoping del Coni, che ha chiesto due anni di sospensione per 26 atleti che, nel corso degli anni 2011 e 2012, hanno omesso più volte di compilare i moduli di reperibilità, neutralizzando le iniziative dirette a verificare l’assunzione di sostanze vietate? Un atteggiamento, codesto, sicuramente grave, perché elusivo di obblighi inderogabili nell’ambi - to di un fenomeno sociale — quello sportivo, appunto —, inquinato dall’uso di anabolizzanti per aumentare le prestazioni. Ilpresidente delConiequello dellaFidal dicono che la situazione emersa in Italia non è comparabile con quella esistente in Russia e in Kenya, poiché non esiste alcuna prova che gli accusati, nelle stagioni 2011 e 2012, abbiano utilizzato prodotti vietati. Certo la situazione richiede una grande prudenza nella valutazione, ma sembra sconcertante la tendenza a sminuire la gravità dell’accadutosul presuppostoche, nella specie, viene punita una violazione formale e strumentale come se si trattasse una condotta di effettiva assunzione della droga.

Le regole sono soltanto un orpello o devono contribuire a eliminare la malerba del doping? E siam proprio convinti che tutti, ma proprio tutti gli accusati siano in grado di esibire un certificato etico di illibatezza? La volontà riduttiva dei massimi rappresentanti del settore è la cifra di un fallimento che investe tutta l’organizzazione. A ragione, Enrico Sisti su la Repubblica scrive che l’atletica italiana, incamminata verso l’autodistruzione, «continua a inanellare record mescolando incompetenza di vertice, inadeguatezza tecniche e madornali leggerezze nel rapporto con i tesserati. Eredità sempre più ingombranti che filtrano da una presidenza all’altra. Non dobbiamo più aspettarci il peggio. Il peggio è qui. Non è una questione di ‘top athletes’ che non possediamo più. E’ un drammatico flop organizzativo, è un problema di base che si trasforma nei ‘zero tituli’ e nei provvedimenti della giustizia ordinaria. Il male nostrum è nel cuore del ‘sistema atletica’, ed è un male culturale». Le indagini dei magistrati di Bolzano, i cui atti sono pervenuti agli organi sportivi, hanno portato alla luce un clima di inquietante connivenza. Basti pensare che l’avviso per il rispetto delle regole era notificato al singolo atleta insieme con la lista di tutti gli altri colleghi inadempienti. Ciò sminuiva di per sé l’efficacia della comunicazione, e creava il clima di tolleranza verso un illecito che è servito esclusivamente a fare bella vista nelle pagine dei regolamenti, come le ‘grida’ dei governatori spagnoli di manzoniana memoria. La necessità del rinnovamento postula una riscoperta della cultura sportiva, che educhi i giovani al culto della competizione e del sano agonismo, senza prediligere illusorie scorciatoie. Vale a dire che la spinta per la vittoria dev’essere sentimento d’amore, in armonia con un impegno fisico che conduca alla gioia della conquista. Per aspera ad astra, dicevano gli antichi, lontani dalle sirene ammaliatrici degli sponsor e dall’amara solitudine di un traguardo raggiunto con l’inganno.

Francesco Nuzzo (Cremona)

1065 visite

Articoli correlati

Petizioni online
Sondaggi online