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#elezioni22 Agenda per la pace -Elezioni politiche 2022| di Carla Bellani

Art 3 della Costituzione: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona…”

| Scritto da Redazione
#elezioni22 Agenda per la pace -Elezioni politiche 2022| di Carla Bellani #elezioni22 Agenda per la pace -Elezioni politiche 2022| di Carla Bellani #elezioni22 Agenda per la pace -Elezioni politiche 2022| di Carla Bellani

Durante l’assemblea costitutiva dell’Associazione Art. 3 , a 6 mesi dall'invasione russa in Ucraina è stato presentato un documento in 6 punti elaborato da Carla Bellani  su pace e disarmo.

#elezioni22 Agenda per la pace -Elezioni politiche 2022-

 Art 3 della Costituzione: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona…”

La guerra è, in primis, la massima calamità che annienta persone e popoli, “un flagello dell’umanità” come da preambolo della Carta Onu.

Per questo, all’art. 11 della Costituzione “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Un principio ribadito anche nello Statuto delle Nazioni Unite.

Ripudio, vuol dire rifiuto totale, negazione assoluta.

Il ripudio è, oggi, un’urgenza vitale per le milioni di persone massacrate dalle 169 guerre in corso (mappate da Università di Upssala), e per le aree del pianeta devastate dalla distruzione delle armi. Ma è pure una inderogabile priorità epocale, visto che il conflitto in Ucraina partito come guerra di legittima difesa dall’invasore russo, sta provocando tragiche ricadute mondiali, insieme al rischio di un’escalation nucleare da scenari apocalittici.

E’ quindi quanto mai doverosa una straordinaria iniziativa politica italiana affinchè l’Europa persegua un costante sforzo diplomatico per il cessate il fuoco e la pace in Ucraina.

Altresì, occorre ricostruire il ruolo dell’ Onu nel prevenire e risolvere i conflitti. Parimenti, va messa in campo un’azione decisa per mettere al bando la guerra dal diritto e dalla storia, prima che sia la guerra a cancellare la storia stessa.

Questi temi non appaiono come centrali nella campagna elettorale in corso, più vicina ai vecchi discorsi di pace e di difesa armata che attenta alle sfide del presente. E tra queste sfide, ci sono le minacce alla pace che provengono dalle crisi globali che stiamo vivendo: quella ecologica, pandemica, economico-sociale, bellica. Crisi che creano insicurezza, generano tensioni e conflitti, instabilità sociale e politica… una “tempesta perfetta”.

Scriveva Edgar Morin: “Più i problemi diventano planetari, più essi diventano impensati. E un’intelligenza incapace di considerare il contesto e il complesso planetario rende ciechi, incoscienti e irresponsabili” (La testa ben fatta ed. italiana, 2000).

Da qui la necessità di un pensiero politico aperto alla complessità, capace di analisi e di visione. Per poter rispondere alle crisi non in modo emergenziale, magari militarizzandole, ma con una gestione consapevole e responsabile dei processi, tale da produrre risposte politiche e programmatiche all’altezza della situazione.

O questa complessità, interconnessa con la pace, diventa il centro di questa campagna elettorale, con programmi e candidati adeguati, oppure, chiunque vinca, ne sarà travolto insieme al paese.

 Indichiamo, qui sotto in 6 punti, alcune priorità per la pace su cui, come società civile, siamo impegnati da anni e che riproporremo alla politica dopo le elezioni. 

 1.) Il ripudio della guerra, art. 11 Costituzione.

Siamo consapevoli che ciò comporta il rovesciamento di una cultura millenaria e il passaggio a un nuovo corso storico che è compito della politica assecondare e governare. Facciamo nostro l’appello ai candidati al Parlamento promosso da tante sigle del mondo civile, culturale, sociale e religioso dal titolo:

PROTOCOLLO SUL RIPUDIO SOVRANO DELLA GUERRA E LA DIFESA DELL’INTEGRITA’ DELLA TERRA. (qui allegato). Crediamo che tale ripudio debba diventare un atto da discutere in Parlamento e da allegare poi al Trattato che istituisce l’Unione Europea e allo Statuto delle Nazioni Unite.

 2.)Sottoscrivere il Trattato internazionale Onu per la proibizione delle armi nucleari (TPNW) entrato in vigore nel 2021.

L’Italia non solo non ha sottoscritto il Trattato, ma non ha nemmeno partecipato alla conferenza internazionale di Vienna sull’impatto e le conseguenze umanitarie delle armi nucleari. Una irragionevole e irresponsabile diserzione, visto che le circa 40 atomiche Usa depositate a Ghedi e ad Aviano possono essere un sicuro target nella guerra nucleare oggi minacciata. La politica italiana è rimasta assente, nonostante l’attivismo della società civile internazionale insignita del premio Nobel per la pace per il suo impegno afavore del TPNW. Non ha risposto nemmeno ai tanti appelli dei Consigli comunali (anche di Crema e Cremona) che chiedevano al Governo di sottoscrivere il Trattato.

Ma se un Premio Nobel per la pace, se la mobilitazione civica di tanti Comuni italiani, non hanno smosso le forze politiche e le istituzioni, cosa dobbiamo aspettare?

 3.)Tagliare gli investimenti nelle spese militari.

Il covid ha evidenziato che la nostra sicurezza non viene dal fatto di avere gli F35 capaci di appiccare incendi nucleari in giro per il mondo, o qualche fregata in più, o nuovi sistemi di armi, ma viene dalla possibilità di essere curati come si deve. Troppe persone, e tanti nostri cari sono morti senza cure perché non c’era posto all’ospedale. In piena pandemia 231 fabbriche producevano armi e una sola, respiratori.

Colpa  dei 37 miliardi tagliati alla sanità in 5 anni, mentre nello stesso periodo, si è aumentato di oltre il 20% la spesa per gli armamenti che oggi è arrivata ai 26 miliardi all’anno e che diventerà 40 con l’aumento al 2% del PIL. Anche il recente appello di 50 scienziati che chiedevano la riduzione del 2% delle spese militari a favore delle emergenze sociali e climatiche è stato disatteso. E’ davvero insopportabile una politica che lesina le risorse necessarie per il sociale, la scuola, il lavoro ed è invece prodiga ad elargire risorse per gli armamenti!

 4.)Attuare e rispettare la legge 185/90.

E’ una legge  basata sul principio che la vendita di armi non è un semplice business, e che proibisce di vendere armi a paesi in guerra o che violano i diritti umani. Una legge che, per trasparenza, chiede al il Governo di inviare annualmente al Parlamento una relazione con tutti i dati relativi all’export di armi. Per molti anni, la relazione non è stata nemmeno discussa nelle competenti Commissioni parlamentari, nonostante la pressione in tal senso da parte della società civile. Così, le armi italiane sono arrivate in tanti luoghi di combattimento o di violazione dei diritti delle persone… Due i  casi emblematici: lo  Yemen, tra i  paesi più poveri del mondo che, da anni, martoriato da bombe italiane che uccidono per lo più donne e bambini, e l’Egitto, responsabile dell’assassinio di Giulio Regeni. Una vergogna indicibile!

 5.)Promuovere i Corpi Civili di Pace.

Il dibattito pubblico sulla guerra in Ucraina, segue per lo più la tesi che alle armi si risponde con le armi, alla guerra con la guerra, alla violenza con la violenza.  Ai pacifisti, però, si chiede in continuazione, quali alternative concrete  alle armi hanno da mettere in campo. E loro rispondono che se le risorse investite nel militare andassero, invece, alla pace ci sarebbero delle alternative. Se vuoi la pace finanzia la pace!

Sappiamo che dietro le guerre ci sono sempre cause profonde: ingiustizie, strutture di violenza ed oppressione accumulati da decenni. La pace non si costruisce firmando un accordo, né sconfiggendo un nemico in battaglia, né liberando una città. Fare la pace è molto più difficile che fare la guerra. Bisogna agire sulle cause profonde della violenza, facendo leva sulle capacità locali e internazionali di risoluzione e trasformazione nonviolenta dei conflitti. A tale scopo nel 2013, l’Europa ha istituito i Corpi civili di Pace che l’Italia ha recepito in via sperimentale nel 2014, dando la possibilità ad alcune centinaia di giovani appositamente preparati, di intervenire  in varie aree di conflitto e di emergenza ambientale per far cessare le violenze, per difendere i diritti umani e quelli economico-sociali.

I Corpi Civili di Pace sono  un passo importante per realizzare una più ampia e strutturata “difesa civile, non armata e non violenta”. Ma il Governo non ha ancora investito in modo definitivo in questa direzione che mira a difendere i civili invece dei confini, i valori costituzionali invece del bilancio dell’industria delle armi. Ci sarà mai qualche forza politica capace di discostarsi dalla logica imperante del “se vuoi la pace prepara la guerra?”

 6.)Costruire la pace positiva

La pace non è solo assenza di guerra. La pace positiva è “un ordine sociale e internazionale nel quale tutti i diritti umani possano essere pienamente realizzati per tutti gli uomini e tutte le donne” (art. 28 Dichiarazione Universale dei diritti umani). Dunque, la pace è anche lavoro, cibo, acqua, salute, istruzione, clima, uguaglianza, inclusione, democrazia … Obiettivi che l’agenda Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile pone come programma d’azione per le persone, il pianeta e per la prosperità. Sono sicuramente una strategia per la pace positiva. L’Italia però, risulta in ritardo su questi obiettivi e serve un deciso cambio di passo.

(Carla Bellani di Pax Christi Cremona)

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