Sabato, 04 maggio 2024 - ore 01.27

I misteri di Don Falsario . Il prete che beffeggiò i nazisti di Giorgio Carnevali

(…un eroe da riscoprire, un uomo, un sacerdote, la sua storia) Rieccomi, amico mio Gianni Carlo, rieccomi alla vigilia (quasi dietro l’angolo!), di quel Referendum Costituzionale che sta spaventosamente dividendo paurosamente l’Italia…invece di unirla.

| Scritto da Redazione
I misteri di Don Falsario . Il prete che beffeggiò i nazisti di Giorgio  Carnevali I misteri di Don Falsario . Il prete che beffeggiò i nazisti di Giorgio  Carnevali I misteri di Don Falsario . Il prete che beffeggiò i nazisti di Giorgio  Carnevali

Non bastasse ciò, addirittura esponenti di spicco del medesimo partito (fa te!) se le cantano e se le suonano di santa ragione. Da noi poi, in quella nostra “parva sed apta nobis Cremona”, si sta facendo a gara a chi (paladino!) difende a spada tratta il “NO”, in contrapposizione a chi difende il “SI”. Peggio di una “lite in famiglia”. Conclusione, il 4 dicembre ne vedremo (e ne sentiremo) delle belle. Ma veniamo a noi, e “veniamo” a fare memoria di chi quell’Italia la volle libera, democratica soprattutto possibilmente unita.

Senti su. Lo chiamavano don falsario: lavorava in Vaticano, indossava l’abito talare ma le sue contraffazioni di documenti, tra 1943 e 1944, hanno salvato la vita a decine di ebrei e antifascisti. Di monsignor Pietro Barbieri, morto nel 1963 a Roma e nato a Valle Lomellina nel 1893, esiste una vastissima aneddotica. Racconti che lo trasformano in un personaggio da romanzo: fabbricatore di passaporti falsi, fondatore di ospedali e imprese, editore, cappellano di Montecitorio, commentatore del Vangelo radiofonico domenicale, consolatore di Sacco e Vanzetti prima dell’esecuzione. Eppure, nei due paesi lomellini in cui ha lasciato tracce importanti, la sua Valle e Pieve del Cairo, non ci sono così tanti documenti sul suo operato, specie negli anni della guerra. Sono rimasti tanti misteri: a partire dall’archivio, di cui si sono perse le tracce. Dopo l’8 settembre si ritrovò a riprodurre carte d’identità e passaporti, lasciapassare verso la salvezza dei conventi per chi era perseguitato dai nazifascisti. Chi veniva indirizzato in luoghi sicuri veniva registrato con nomi di santi o pseudonimi. In un caso lui stesso arrivò a ingoiare il materiale per evitare la fucilazione. Ma di tutto questo resta solo il ricordo tra le persone che l’hanno conosciuto, carte non ce ne sono più molte.

Eppure fu un protagonista: «Riferimenti alla sua figura sono presenti anche nel film “Roma Città aperta” – racconta don Cesare Silva, storico della Diocesi di Vigevano -: a lui si sono ispirati gli sceneggiatori per creare uno dei preti della trama. Nella sua casa romana, in via Cernaia, si tennero in segreto le prime riunioni del Comitato nazionale di liberazione. Assidui frequentatori furono Alcide De Gasperi e anche Giulio Andreotti, Luigi Einaudi, Umberto Terracini, La Malfa, Saragat, Gronchi, persino Togliatti fu tra i più assidui, Scelba e Pietro Nenni, di cui celebrò il matrimonio della figlia. La consuetudine con molti degli uomini della Repubblica lo fece diventare frequentatore assiduo dei corridoi del Parlamento, tanto che i giornalisti del tempo coniarono per lui il titolo di “cappellano di Montecitorio". Lo stesso leader socialista – racconta don Silva – si rifugiò in un convento grazie a un documento falso che gli aveva preparato il sacerdote. La sua azione è ricordata anche in una targa sulla facciata dell’abitazione di via Cernaia: «In questa casa visse e sofferse il sacerdote di Cristo, monsignor Pietro Barbieri. Nei tristi giorni della occupazione nazista fraternamente accolse senza distinzione di fede e di opinione quanti perseguitati cercavano asilo». L’abitazione aveva due ingressi: uno ufficiale e uno segreto, che consentiva l’accesso a tutte le persone che lui proteggeva, con il beneplacito del Vaticano. Dopo la guerra fondò la casa editrice «Idea», che pubblicava una rivista che ospitava gli scritti di Einaudi e del filosofo Jacques Maritain, mentre in Lomellina restano di lui «La Cittadella Sociale», un ospedale fondato a Pieve del Cairo e inaugurato dall’allora presidente della Repubblica Einaudi, una casa di riposo e una tipografia. L’ultima biografia scritta su di lui è del 1964, poi più nulla. «Sono un uomo libero dal bisogno e dalla paura», era il suo motto.   Evviva l’Italia, ciao Gianni Carlo!  

Giorgio  Carnevali ( Cremona) 

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