Sabato, 04 maggio 2024 - ore 01.08

Il peccato e il reato RAR

Mentre si celebra la beatificazione di Paolo VI e Papa Francesco cerca di sanare le ferite inferte al Corpo Mistico della Chiesa, ecco che i vertici della Chiesa, riuniti nel Sinodo, si dividono sull’antico problema delle unioni civile e delle unioni gay.

| Scritto da Redazione
Il peccato e il reato RAR

L’esasperazione di tale problema è una eredità del precedente pontificato di Benedetto XVI, che esasperò il concetto di “peccato” e quello di “reato”, invertendone gli effetti.

Si accende, così, la polemica sulle unioni gay e sulle unioni di fatto non sancite da un matrimonio, che dovrebbe, peraltro,  trattarsi di matrimonio inteso come sacramento, codificato e amministrato dalla Chiesa.

Bisogna partire dalle basi fondamentali del problema, accettando, senza ombre di discussioni che  l’Italia è una Repubblica laica e democratica, fondata sul lavoro e  non uno Stato teocratico controllato dal Diritto Canonico; l’Italia, e per l’Italia il governo in carica, ha il dovere di agire secondo democrazia, trattando, in paritetica funzione, tutti i cittadini, senza discriminazioni di razza, cultura, religione e convinzioni politiche.

Con il precedente pontificato di Benedetto XVI venne esasperata la concezione interscambiabile tra il REATO e il PECCATO, con una inversione dei ruoli che si coinvolgevano a vicenda.

Il reato è di pertinenza dello Stato, che ne valuta la gravità alla luce dei codice panale e/o civile, e, sulla base di tale gravità commina la relativa pena.

Il peccato è di pertinenza della Chiesa, che assolve o condanna, alla luce del “perdono”, riservato al peccatore che si pente davanti agli uomini, con la confessione, e ,davanti a Dio, con l’assoluzione impartita dal sacerdote che valuta il reale pentimento che riammette  il pentito nella comunità  dei credenti.

Ma uno Stato non è composto da soli credenti e, per di più, di una stessa e solo religione; uno Stato democratico è multirazziale, multirelisioso, multiculturale, aventi tutti i medesimi diritti e i medesimi doveri, a meno che un determinato comportamento non corrisponda  ad un preciso divieto, sancito dai codici che regolamentano  la vita comune, come accadrebbe con la poligamia, riconosciuta da talune sette religione, ma identificato come “reato” dal codice penale.

L’inversione dei ruoli sta ritornando in essere proprio con le unioni di fatto e le unioni gay, che la Chiesa  identifica come peccato, ma pretende che lo Stato le riconosca come reato da punire cancellando tanti diritti riconosciuti alle coppie  come la reciproca assistenza, e tante altre provvidenze previste  per le coppie riconosciute tali dalla Chiesa, che escludono coloro che identifica come “pubblici peccatori”.

Ma è accaduto  anche l’effetto opposto, cioè di un reato, la pedofilia, che la Chiesa, per volontà  di Ratzinger, prima come cardinale, poi come pontefice, avrebbe voluto  ridurre a peccato da trattare e assolvere nelle sacrestie, negando alle vittime la benché minima giustizia.

Ricordiamo la lettera “Crimen sollicitationis” dell’allora cardinale Ratzinger, inviata ai vescovi americani, nella quale imponeva un omertoso silenzio nei casi di pedofilia, da trattare nell’ambito del diritto canonico; imposizione che valse a Ratzinger una imputazione da parte della Corte distrettuale di Harris County (Texas), per ostruzione alla giustizia; tale imputazione è tuttora in vigore, ma Ratzinger non può essere processato poiché è stata accolta dall’allora presidente Bush la sua formale richiesta di immunità in quanto "Capo di Stato in carica".

( V.  http://it.wikipedia.org/wiki/Crimen_sollicitationis )

Non tutti gli atti intesi come peccato possono essere identificati da uno Stato laico come reato, e agire di conseguenza, comminando sanzioni o condanne; può capitare una coincidenza tra peccato e reato, come nella truffa e nell’evasione fiscale, o altri reati previsti dal codice penale, che coprono entrambe le forme giuridiche, per i quali   non basta l’assoluzione da parte di un compiacente sacerdote per neutralizzare gli effetti penali.

E’ il caso delle “unioni di fatto”, non sancite dal matrimonio, considerate peccato dalla Chiesa che NON  possono essere valutate dallo Stato laico e democratico,  come reato, con azioni di conseguenza, escludendo i “peccatori” “NON PREGIUDICATI !” dai diritti che lo Stato riconosce alle coppie riconosciute dalla Chiesa.

La pretesa inoltre di voler imporre ai parlamentari cattolici di esprimere un voto non di coscienza ma di obbedienza, ci riporta indietro di secoli, ai margini della lotta per le investiture, quando sorse il problema del potere temporale dei vescovi-conti, se dovevano riconoscere il primato di autorità al Papa in quanto vescovi  o all’imperatore in quanto conti.  Così oggi si ripropone il dilemma se il parlamentare cattolico deve obbedienza al Papa in quanto cattolico o alla Costituzione in quanto parlamentare.

La distinzione che deve regolamentare i due ambiti di amministrazione del reato e del peccato non può che coincidere con il riconoscimento e la distinzione tra “peccatori”  e “pregiudicati”.

Accade nella Chiesa l’analoga contraddizione che svilisce l’attività di governo; qui c’è un presidente del consiglio che vorrebbe modernizzare lo Stato e promuovere una più credibile uguaglianza sociale, ma nel chiuso del suo isolamento, c’è, ancora, il solito Berlusconi che tiene il freno a mano tirato per impedire ogni forma di modernizzazione.

Così Papa Francesco apre  a tutti gli uomini le porte della Chiesa,  ma dal chiuso della sua residenza di pontefice emerito, Ratzinger tiene il freno tirato.

Rosario Amico Roxas

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