Domenica, 19 maggio 2024 - ore 10.04

LA CASCINA: UN MONDO SCOMPARSO ( di Mario Superti)

Chi ha una certa età non può dimenticare la vita che si svolgeva nell’ambito degli ambienti rurali almeno fino agli anni ’70.

| Scritto da Redazione
LA CASCINA: UN MONDO SCOMPARSO ( di Mario Superti)

La cascina era spesso un agglomerato rurale che aveva una sua e ben definita identità umana ed anche culturale.

La vita rispecchiava anche un comportamento sociale di rilievo e che ha lasciato profonde tracce nelle menti di tutti i suoi componenti umani : dipendenti e padroni.

La cascina era spesso teatro di conflitti sociali,locali ma che avevano risvolti anche più generalizzati provenienti anche dal mondo della “fabbrica”.

Tuttavia le due culture pur avendo origini e motivazioni diverse non hanno mai disdegnato di confrontarsi e a volte fondersi in comportamenti ideologici unitari con lo scopo di difendere la qualità della vita all’interno delle piccole o grandi realtà.

Il sindacato ha svolto una sua funzione primaria .

A quel tempo nel mondo sindacale operavano personaggi di rilievo e di grande coraggio : non hanno mai beneficiato dei vantaggi connessi alla “appartenenza”, anzi spesso hanno pagato caro il loro impegno sociale.

I partiti hanno svolto una loro funzione anche con grandi contrasti di natura ideologica, ma hanno avuto sempre ben presente la finalità del loro operare : rendere la vita del lavoratore più rispettata e degna di essere vissuta.

Ma tornando allo specifico tema , chi ha vissuto quei tempi sa bene che la cascina era un microcosmo quasi sempre del tutto autonomo e con regole mai scritte ma molto rigide.

L’origine della struttura risale al XVI secolo ed in certi casi , per i beni più ben conservati, rispecchia ancora l’impianto architettonico dato dai dominatori del tempo : casa padronale, bene in evidenza,case coloniche ai lati della struttura, stalle, fienili, depositi vari in fondo al complesso ( la casa del fattore era spesso sistemata non lontano dalla casa padronale ma vicino alle case dei contadini).

Nel nostro caso si trattava del “fatur de tecc” ben distinto dal “fatur de bac” che proveniva dall’esterno.

Il padrone quindi dava le direttive al suo interlocutore diretto.

Il fattore , tutti i giorni , organizzava il lavoro nei campi e nelle stalle(altro microcosmo nel microcosmo) e perciò dava gli ordini necessari alla esecuzione dei lavori connessi alla produzione agricola ( latte,carne,prodotti dei campi).

Con andamento stagionale , nel lavoro dei campi venivano coinvolte anche le componenti femminili delle famiglie contadine:

si trattava di seguire e portare a termine le colture del grano o altri prodotti specifici.

Il tutto con contratti verbali fra le parti e con pagamenti “in natura” spesso di basso ritorno remunerativo, nonostante le lavorazioni comportassero un impegno ed un disagio fisico veramente elevato.

Nella realtà della cascina era spesso presente la possibilità, per il contadino, di avere un piccolo spazio di terreno da condurre in proprio a colture di ortaggi e frutta.

Chi aveva questa possibilità , nel tempo, acquisiva una notevole “cultura” in una materia che ora fa parte anche di cattedre universitarie.

Grande “piccola” realtà , che insieme alla possibilità di allevare qualche animale da cortile dava sollievo alle magre retribuzioni del tempo.

Qualche fortunato aveva anche la possibilità di allevare un maiale e beneficiare di un apporto proteico non di poco conto per gli standard dell’epoca: non di rado l’allevamento del maiale veniva condotto in comproprietà.

Ma tutto questo era normale e la disciplina era una regola che non era lecito infrangere senza dover subire i provvedimenti del padrone alla fine anno ( in agricoltura l’11 novembre di ogni anno).

Ma ciò che non era normale era il comportamento di alcuni padroni che a sera , verso le 8 o le nove al massimo, provvedeva a chiudere a chiave il portone di accesso alla cascina( pochi erano in possesso delle chiavi).

Si salvavano alcune realtà dislocate nei contesti di un paese abitato e più difficili da controllare.

Tuttavia nella mia mente di bambino sono ancora presenti i comportamenti di solidarietà all’interno di queste realtà.

Fra tutti i componenti ( a volte anche i padroni) era costume scambiarsi anche il vestiario dei bambini, allorquando al donatore non servivano più ed al beneficiario servivano per un piccolo da poco venuto alla luce.

Nessuno si è mai vergognato di tanto : in quel mondo non si è mai sprecato nulla per il semplice fatto che non c’era proprio nulla da sprecare.

La nostra gente ha allevato figli che hanno mantenuto quel costume di vita ed ha dimostrato di poter sopravvivere anche in condizioni difficili.

Lo hanno dimostrato soprattutto le madri, che , in tempo di guerra,hanno saputo condurre una vita famigliare piena di stenti ma con grande e assoluta dignità umana.

A loro per prime , ma in uno con tutti i protagonisti delle realtà della “cascina” , va il nostro tributo di memoria e riconoscenza.

Cordialità e buon lavoro.

MARIO SUPERTI

CREMONA

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