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La Croazia entra nella Ue, ma i croati pensano ad altro

| Scritto da Redazione
La Croazia entra nella Ue, ma i croati pensano ad altro

La Croazia sta vivendo giorno difficili e una crisi economica senza precedenti. I dati macroeconomici sono negativi con un rapporto debito/Pil al -4,60 (che supera il limite europeo 3%). Le Agenzie di rating definiscono i bond croati "spazzatura" di Fausto Durante, Antonio Morandi*
Dal 1 luglio la Croazia è il 28° membro dell'Unione Europea: mancato sviluppo, crisi economica, disoccupazione non hanno frenato questa adesione che per Zagabria rimane un ambito obiettivo raggiunto.

A 20 anni di distanza da quella guerra che ha dilaniato la penisola balcanica, la Croazia è quindi il secondo paese della ex Jugoslavia -dopo la Slovenia - ad entrare in Europa. Nonostante l'enfasi del Presidente Ivo Josipović, c'è molta indifferenza e delusione nell'opinione pubblica e ne sono cartina di tornasole le recentissime prime elezioni europee nella storia del Paese: per eleggere i dodici parlamentari europei che staranno in carica sino alla scadenza naturale del Parlamento il prossimo anno, l'affluenza al voto è stata del 20,7 % degli aventi diritto.

La Croazia sta vivendo giorno difficili e una crisi economica senza precedenti. I dati macroeconomici sono negativi con un rapporto debito/Pil al -4,60 (che supera il limite europeo 3%). Le Agenzie di rating definiscono i bond croati “spazzatura”( ovvero Ba1) e l'Istituto di Statistica Centrale di Zagabria rileva un 21% di disoccupazione. La classifica della competitività stilata dal Word Ecominic Forum colloca la Croazia all' 81° posto, mentre l'Agenzia di Berlino Trasparency International la classifica alla 62° su 174 presenti nell'elenco dei paesi corrotti.

Anche altri valori segnano brutto tempo: il 2012 ha fatto registrare un progressivo calo dei consumi privati e la domanda interna è in ulteriore contrazione mentre gli investimenti si sono ridotti del 4,5%.

Tutto questo in un Paese che a fronte di 4,2 milioni di abitanti ha un pubblico impiego molto ampio, un regime fiscale tra i più pesanti e un indebitamento pubblico oltre il 60% .

L'inizio di questa discesa va collocato intorno al 2008, anno dell'avvio della crisi e della recessione, con un calo progressivo delle produzioni e dell'intera economia: meno 12 % in cinque anni.

In questo panorama piuttosto fosco, una voce positiva è rappresentata dal turismo, principale fonte di ricchezza della Croazia, un settore economico che vale un quinto dell'intero Prodotto Interno Lordo e che si incrementa di anno in anno.

Città storiche come Dubrovnik, Zara, Spalato, le centinaia di isole e le migliaia di chilometri di costa, i parchi nazionali e i laghi dell'interno attirano ogni anno milioni di visitatori e turisti e tutto il sistema dell'accoglienza è in costante ammodernamento.

Non è poco in un tempo di grave crisi che secondo le previsioni europee durerà tutto questo 2013, tuttavia risulta evidente che il turismo da solo non basta a risanare una economia al tracollo e se appaiono appetibili i finanziamenti europei che arriveranno in virtù' dell'adesione, burocrazia e corruzione continueranno a rappresentare una palla al piede di una realtà già debole.

In una recentissima nota da Zagabria, Matteo Tacconi, corrispondente dell'Osservatorio Balcani e Caucaso, richiama puntualmente le cause della crisi: “Ce ne sono di esterne, come di interne. Le prime fanno rima con Europa. La Croazia è legata alle economie comunitarie. Basta considerare che il 62% di quello che Zagabria importa e il 59,8% di quello che esporta viene dall’area UE o va verso di essa (dato 2011). A questo va aggiunto che tre dei paesi UE che registrano difficoltà particolarmente acute sono vicini della Croazia: Slovenia, Ungheria e Italia, con quest’ultima che ne risulta il primo partner commerciale, con un interscambio superiore a quattro miliardi di euro. Logico che la situazione traballante di questi paesi ha avuto impatti significativi sul fronte degli investimenti e delle importazioni”.

Sul fronte interno, Matteo Tacconi scrive: “La Croazia (...) non è così competitiva e ha un export debole, la cui incidenza sul Pil è tra le più basse nel panorama dell’Europa centrale e sudorientale. Al di là della qualità dei prodotti croati, ancora non del tutto sufficiente per collocarsi sui mercati occidentali, diversi economisti locali sottolineano che la scarsa performance delle esportazioni – a tale proposito qualcuno spinge sul deprezzamento della kuna per ridare ossigeno al settore – dipende da un vincolo insano tra pubblico e privato. Molte aziende preferiscono fare affari con lo stato e con gli enti pubblici, piuttosto che esplorare i nuovi mercati.”

Questo è lo scenario attuale, con le misure di austerità imposte dall'Europa e comuni a tanti paesi europei e nell'attesa di poter disporre dei fondi che arriveranno nei prossimi tempi.

Resta da vedere se le normative europee saranno sufficienti a produrre il cambio di mentalità necessario per fare dell'adesione alla UE una occasione - davvero - di progresso economico e sociale.

* Segretariato Europa Cgil

Fonte: http://www.rassegna.it/articoli/2013/06/27/102136/la-croazia-entra-nella-ue-ma-i-croati-pensano-ad-altro

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