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Le leggi vanno rispettate se sono giuste | DON ANGELO PICCINELLI Parroco di Soresina

In questa lettera, pubblicata sul giornale La Provincia lo scorso 24 luglio, DON ANGELO PICCINELLI Parroco di Soresina risponde ad alcuni lettori che lo attaccavano per le sue “ prediche giornalistiche”. Dalla lettura esce uno spaccato molto interessante, da me condiviso, ovvero che le’ leggi vanno rispettate se sono giuste’. Forte e significativo il passaggio su Martin Luther King che avendo contestato le regole di allora oggi a New York ed in tutta l’America vi sarebbero ancora gli autobus per bianche e per neri. Da leggere red/welcr/gcst

| Scritto da Redazione
Le leggi vanno rispettate se sono giuste | DON ANGELO PICCINELLI Parroco di Soresina

Le leggi vanno rispettate se sono giuste | DON ANGELO PICCINELLI Parroco di Soresina

In questa lettera, pubblicata sul giornale La Provincia lo scorso 24 luglio,  DON ANGELO PICCINELLI Parroco di Soresina risponde ad alcuni lettori che lo attaccavano  per le sue “ prediche giornalistiche”. Dalla lettura esce uno spaccato molto interessante, da me condiviso, ovvero che le’ leggi vanno rispettate se sono giuste’. Forte e significativo il passaggio su Martin Luther King che avendo contestato le regole di allora oggi a New York ed in tutta l’America vi sarebbero ancora gli autobus per bianche e per neri. Da leggere red/welcr/gcst

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Ecco il testo integrale della lettera di Don Angelo, parroco di soresina , pubblicata sul giornale La Provincia del 24 luglio.

Egregio signor direttore, non ho intenzione di replicare al signor Nolli, ovvero alla sua lettera pubblicata su La Provincia il 19 luglio. Presumo, infatti, dai suoi pensieri, piuttosto sconnessi e sconclusionati, che non abbia letto integralmente la mia «predica giornalistica» dedicata alla «crociata» in favore dei migranti o che non l’abbia capita affatto. Egli mi rimprovera di dimenticare (appositamente) Romano Prodi e i fatti del 1997: ma cosa c’entrano? Le mie considerazioni, per quanto discutibili, riguardano l’attualità: se è davvero interessato a conoscere la mia opinione su quegli eventi, gli consiglio di verificare le mie «prediche giornalistiche» di ventidue anni fa. Il signor Leo (evito intenzionalmente di trascrivere l’ind irizzo mail con il quale si firma e che appare sul giornale), invece, nella sua lettera al direttore del 21 luglio, mi ricorda che le leggi dello Stato, varate democraticamente (cioè dalla maggioranza parlamentare), vanno sempre ottemperate e che quindi non è lecito a nessuno, «che piaccia o meno», sottrarsi all’obbedienza. Egli cita, a modo di analogia, le molte regole che io stesso, a Soresina, per la mia «durezza» intransigente, impongo in chiesa, in oratorio, al catechismo. La sua conclusione: «Le regole ci sono e vanno rispettate!»: punto e basta. Un’affermazione che rifiuto categoricamente e che contraddice, radicalmente, alla morale cattolica di sempre.

Se Martin Luther King, infatti, avesse ragionato come il signor Leo, oggi a New York esisterebbero ancora gli autobus per i cittadini di pelle bianca distinti da quelli per i cittadini di pelle nera. Ma soprattutto se i cristiani fascisti, che attuarono le leggi razziali del 1933 in Italia, avessero disobbedito, a molti ebrei italiani sarebbe stato risparmiato il campo di sterminio. Se i soldati cattolici tedeschi avessero rifiutato di giurare fedeltà ad Hitler (come in qualche caso avvenne) forse l’olocausto conterebbe qualche vittima in meno. Ha ragione don Milani: davanti alla loro coscienza, al giudizio della storia e, per chi è credente, al tribunale di Dio, essi non potranno «giustificarsi» di avere semplicemente «obbedito agli ordini ricevuti». Insomma: i dettami della coscienza hanno un primato assoluto e vanno seguiti sempre, e quando è necessario, anche contro la legge dello Stato. Chi, ad una legge ingiusta, oppone «obiezione di coscienza» assumendosi le conseguenze e pagando di persona le sue scelte, dimostra, in realtà, di amare la legge molto più di chi obbedisce ciecamente. Non ho la presunzione – come sospetta il Signor Leo – di essere «onniscente» al pari di Dio: ma di certo, nella complessità del tempo che mi è dato di vivere, cerco con onestà intellettuale e morale cosa è giusto e cosa è sbagliato. Lo esige la mia pur cagionevole dignità umana e ciò che mi resta della libertà, che non appalto a nessuno. Il parere della maggioranza, quantunque parlamentare, non stabilisce «che cosa è giusto e che cosa è sbagliato», ma semplicemente cosa è legale e cosa non lo è per lo Stato (che non è Dio): legalità e giustizia non sempre coincidono, come dimostrano gli esempi sopra citati, ai quali se ne potrebbero aggiungere molti altri di più attuali e non meno gravi (aborto, eutanasìa...). Il signor Leo certamente non frequenta il quotidiano Avvenire, giornale dei vescovi italiani, che, s u ll’argomento, è molto più «sparato» e insistente del sottoscritto. Mi pare che anche papa Francesco si «presti» spesso, anzi spessissimo, a quelle che il signor Leo definisce «arringhe politiche» che «non hanno nulla di spirituale». L’arcivescovo di Ferrara–Co macchio ha perfino proposto di intitolare il porto di Lampedusa a Carola Rackete. Insomma, mi sembra di essere in buona compagnia. Prima di concludere, tuttavia, vorrei ricordare al signor Leo, in merito al doveroso rispetto delle leggi dello Stato, che lo stesso ministro dell’Interno, indagato per sequestro di persona dalla magistratura di Agrigento nella questione Diciotti, ha rivendicato il diritto ad agire contro le regole pur di «difendere i confini della patria». Non erano forse parole di sfida al più elementare principio di legalità quelle con le quali si rivolgeva ai magistrati: «Vengano a prendermi. Li aspetto... Gli italiani sono dalla mia parte!»?

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