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Luino: tante belle cose

| Scritto da Redazione
Luino: tante belle cose

Stagione Teatrale di Luino
19 dicembre 2011 - ore 21,15
Luino, Teatro Sociale

TANTE BELLE COSE
di Edoardo Erba

Con: MARIA AMELIA MONTI, GIANFELICE IMPARATO
Regia: Alessandro D’Alatri

 

Giocato sul doppio piano della commedia e del dramma psicologico, "Tante belle cose" è un lavoro fresco, vivo, pulsante di energia e comicità. Disegna lo straordinario ritratto di una donna, particolare eppure vicina, in cui chiunque può riconoscere una parente, una conoscente, un'amica; di un uomo semplice e generoso, un signor nessuno capace di grandi cose. E di due malvagi della porta accanto, convinti nel loro perbenismo, di fare la cosa giusta

Una pièce brillante che gioca sulla psiche e sulle manie che caratterizzano la nostra esistenza: in questo caso, si fa riferimento a tutte quelle persone che non riescono a separarsi dalle cose e accumulano tutto nelle loro case finché gli oggetti non li sommergono. In America li chiamano Hoarder.

 

Ci suggerisce l’autore che l'idea di scrivere un testo sugli hoarder è di Alessandro Gassman. Tre anni fa stava lavorando alla riscrittura di "Roman e il suo Cucciolo" e Alessandro mi chiamò al telefono: "Sono appena stato in America e ho visto un reality su un fenomeno pazzesco, devi scriverci un testo". Gli fece ripetere la parola hoarder due o tre volte, non l'avevo mai sentita, e riagganciai con una sensazione di disagio. Capita sempre così quando gli suggeriscono un tema. Non ci lavora mai. Ma aveva sentito Alessandro così entusiasta che un pomeriggio si mise a cercare queste benedette trasmissioni su internet. E scoprì che parlavano di persone che conoscevo molto bene. Persone vicinissime a me nel senso letterale del termine.

In America chiamano con una sola parola, hoarder, quella gente di cui noi diciamo: vive in un disordine bestiale, a casa sua non riesci nemmeno a camminarci, tanta roba ci ha dentro. Pare che laggiù il fenomeno coinvolga milioni di persone. Gli psicologi l'hanno definito un disagio psichico grave. Ci hanno scritto saggi, che qualche produttore televisivo audace ha pensato potessero diventare spunti per un reality di successo.

Qui da noi il problema, più che a livello psichico, è percepito a livello condominiale. Anche per la differenza di abitudine abitative: là villette in legno dove ciascuno fa e disfa un po' come crede, qua casermette o casermoni con o senza portineria, con leggine, divieti, regolamenti, devastanti assemblee e liti da manicomio. Insomma qui un hoarder non solo non è considerato né dalla psichiatria né dalla tivù, ma ha una vita molto più difficile sul campo. Si dice: uno scrittore deve immedesimarsi nei personaggi. Ma forse sarebbe più preciso dire: uno scrittore deve trovare dentro di sé quella zona che somiglia a quel tal personaggio. Ecco, per scrivere di un hoarder questo lavoro non è difficile. Siamo tutti un po' hoarder, almeno in un punto della nostra casa. Per esempio io da hoarder ho la scrivania.

E poi volevo qualcosa di positivo. Perché è vero, l'hoarder è uno che accumula, perciò interpreta uno dei peggiori vizi di una civiltà inflattiva. Ma è anche una persona che non butta, che riutilizza, che restituisce valore, cioè in qualche modo è un ecologista. E poi non è nel disordine, nell'immondizia che spesso sono nascosti i tesori? L'idea me l'ha data un'amica di famiglia, una signora all'antica che ho incontrato a Pavia, la mia città d'origine. Le ho parlato della mia famiglia, del nuovo figlio in arrivo, dei problemi economici, della casa da ristrutturare e lei mi ha salutato stringendomi la mano e sussurrandomi con voce cordiale: "Tante belle cose".

 

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