Sabato, 11 maggio 2024 - ore 05.00

Pasolini, Un Anniversario

La morte atroce di Pasolini ha lasciato un vuoto incolmabile nel mondo della letteratura e ha privato l’Italia della figura del Grande Intellettuale

| Scritto da Redazione
Pasolini, Un Anniversario

Il 2 novembre 1975 Pier Paolo Pasolini veniva barbaramente assassinato. Sono passati 40 anni. Su quel delitto regna ancora l’ombra del mistero, anche se ormai si incomincia apertamente a dire che fu, probabilmente, un delitto politico – anche alla luce della ritrattazione di Pino Pelosi, condannato in Cassazione a 9 anni di carcere come unico responsabile di quella che fu “una vera mattanza”, per usare le parole del medico legale che effetuò l’autopsia sul corpo dello scrittore.

La riapertura delle indagini ha permesso di individuare cinque profili di DNA purtroppo non attribuibili  a nessuna delle persone che nel corso degli anni sono state sospettate di aver compiuto il delitto in concorso con il Pelosi, di essere cioè “gli ignoti” in concorso coi quali il Pelosi avrebbe ucciso il poeta de “Le Ceneri di Gramsci” (come affermo la prima sentenza del Tribunale dei minorenni, presieduto da Carlo Alfredo Moro, fratello del politico DC).

La morte atroce di Pasolini ha  lasciato un vuoto incolmabile nel mondo della letteratura e ha privato l’Italia della figura del Grande Intellettuale, a volte profetico. Memorabili rimangono i suoi “Scritti Corsari”, la raccolta degli articoli scritti da PPP sulla prima pagina del Corriere della Sera, e le sue “Lettere Luterane”.

Lucidità di analisi e capacità profetica caratterizzano il Pasolini “corsaro”. Ma è in un delle sue ultime interviste – ultimissime direi – quella concessa a un giornale di Stoccolma il 30 ottobre 1975, che Pasolini diventa veramente, tragicamente premonitore del nostro odierno vivere. Pasolini riteneva che in Italia si stesse compiendo la rivoluzione della seconda industrializzazione, cioè del consumismo e che questa rivoluzione avesse già cambiato in modo radicale la cultura italiana in senso antropologico. Non v’era quasi più, per lui, la differenza di classe, tra un operaio e un borghese la diversità era quasi scomparsa. E questa rotta era già preconizzatrice di ciò che sarà: la scomparsa della classe operaia, il livellamento medio-borghese. Ma Pasolini aggiunge alla sua analisi il vero colpo di genio: “L’umanesimo è alla fine, soppiantato da una cultura tecnologica”.

“So che molti in Italia mi considerano un pazzo” concluse. Oggi assistiamo già alla degenerazione prodotta dalla scomparsa dell’Umanesimo, all’affermarsi di un capitalismo feroce e disumano dove la tecnica, da mezzo, è diventato fine. Lo ha notato, ma solo ora, un filosofo acuto come Emanuele Severino.

La rilettura di quella rara intervista mi ha fatto riflettere su cosa tutti noi abbiamo perso la notte del 2 novembre 1975. E come le parole di Pasolini ci debbano sempre accompagnare nell’analisisociale dei nostri drammatici giorni.

 

Fonte: Redazione

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