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Per la Cgil, La riforma Beni culturali non sta funzionando

La riorganizzazione del dicastero "ha provocato la paralisi delle Soprintendenze" dicono Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Pa di Milano: "Si rischia di consegnare il territorio agli interessi degli speculatori". Giovedì 27 ottobre incontro tra sindacati e ministro

| Scritto da Redazione
Per la Cgil, La riforma Beni culturali non sta funzionando

Si svolgerà giovedì 27 ottobre a Milano l’incontro tra i lavoratori del ministero dei Beni culturali della Lombardia e il ministro Franceschini, presente oggi (giovedì 13 ottobre) nel capoluogo lombardo per l’inaugurazione del nuovo ingresso della Pinacoteca di Brera. “I lavoratori – spiega una nota della Fp Cgil regionale – denunciano che la seconda fase di riforma di riorganizzazione del ministero ha provocato la paralisi delle Soprintendenze, presidi di tutela sul territorio”.

La riforma rappresenta “un ulteriore intervento normativo calato dall’alto, senza confronto con i lavoratori e i sindacati e i dirigenti del ministero coinvolti sul territorio, e senza aver prima risolto i molteplici problemi organizzativi, a partire dalla carenza di personale, in tutta la Lombardia molto grave, in particolare nei profili specialistici e nelle figure intermedie”. Tutto ciò quando “ancora non è stata completata la riforma attivata a inizio 2015, con l'avvio dei nuovi poli museali e dei musei autonomi, che finora ha prodotto una paralisi funzionale delle strutture interessate, in quanto, di fatto, ancora oggi sono scatole vuote, prive di personale proprio, affidate a collaborazioni volontarie di personale afferente ad altri uffici”.

In merito alla nuova riorganizzazione delle Soprintendenze, precisa il comunicato, si dimentica che “il punto di forza cui è ancorata la funzione costituzionale del ministero dei Beni culturali, cioè la tutela e salvaguardia del patrimonio culturale e del paesaggio, passa proprio attraverso le Soprintendenze. La suddivisione imposta (in Lombardia la Soprintendenza Archeologica è scomparsa e le due soprintendenze esistenti si sono sdoppiate, accogliendo le competenze archeologiche, con lo stesso personale) rappresenta una destrutturazione e frammentazione della tutela del patrimonio, e appare non idonea a raggiungere gli obiettivi indicati. A oggi le nuove Soprintendenze, i Musei autonomi, i Poli museali funzionano grazie all’utilizzo di personale che lavora contemporaneamente per ogni istituto presente in Lombardia, rispondendo, di volta in volta, a un dirigente diverso; la riforma ha moltiplicato i dirigenti e bloccato l’attività degli uffici”.

Non si dice no al cambiamento, ma al rischio di consegnare il territorio agli interessi degli speculatori: “È imperativo – specifica il sindacato – non depotenziare quei presidi di base che sono le Soprintendenze. Al contrario, bisogna mantenere in capo a esse la direzione tecnica e scientifica nell’articolazione attuale storicamente collaudata, e dotarle di risorse da investire nel rafforzamento delle competenze, con una seria politica di assunzioni, per evitare il rischio che si arrivi alla cessione dei servizi e delle funzioni da parte dello Stato a terzi”.

Queste riforme, continua la Fp Cgil Lombardia, hanno comportato “la perdita, senza alcun risparmio per le casse statali, di 2.200 posti negli organici, e ancora ci devono convincere che, in presenza di una complessizzazione dei compiti, i carichi di lavoro sono sempre gli stessi. Basti pensare a cosa comporti, in termini di appesantimento dei carichi lavorativi, il trasferimento al ministero delle competenze in materia archivistica e bibliografica prodotto dalla legge 125/2015, tolte di recente alle Regioni e ridate allo Stato. Ciò senza prevedere incrementi di personale”.

Per i Musei autonomi, infine, valgono molto “le capacità gestionali del singolo e langue un progetto organizzativo, che si scontra con le carenze endemiche negli organici riferite a tutti i settori lavorativi, a partire dalla carenza assoluta di funzionari amministrativi, stranamente esclusi dal concorso dei 500 funzionari, e tecnici per finire alla vigilanza, che si avvia a diventare un vero buco nero da riempire con volontari, e paventando l'utilizzo indiscriminato della società in house (Ales), che sempre più copre a costi maggiorati le carenze e, nella visione strategica del Ministero, prospetta un suo utilizzo sempre più pervasivo sia nella gestione delle concessioni che nell'appalto gestionale dei siti”.

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