Martedì, 23 aprile 2024 - ore 10.29

Pianeta migranti. Gli Stati dell’UE, pompieri piromani.

Invece di contribuire alla sicurezza comune, le esportazioni di sistemi militari dell’UE stanno alimentando conflitti, come quello in Yemen, regimi repressivi come l’Arabia Saudita, Israele e Egitto: tutto questo finisce con l’incrementare i flussi di migranti e rifugiati e le pressioni alle frontiere europee ma, contemporaneamente, permette di aumentare i contributi finanziari dell’UE per azioni infinite di peace-building e di ricostruzione.

| Scritto da Redazione
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“Nonostante le richieste del Parlamento europeo e della società civile, anche quest’anno la 17esima Relazione sulle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari” è stata pubblicata in grande ritardo,  è incompleta e presenta dati incoerenti”. Lo sostiene  la rete (ENAAT) rete di organizzazioni internazionali per il controllo del commercio di armamenti in Europa che evidenzia come ciò sia la conseguenza anche del “crescente impatto negativo sul controllo delle esportazioni di armi a seguito della liberalizzazione dei trasferimenti intra-UE”.

I dati della Relazione si riferiscono all’anno 2014 e mostrano che la principale zona geopolitica di destinazione dei sistemi militari è stata il Medio Oriente (oltre 31,5 miliardi di euro di licenze): ciò significa che i paesi dell’UE stanno vendendo rilevanti quantità di armi nella zona del mondo col maggior numero di conflitti e regimi autoritari. Nonostante gli espliciti divieti contenuti nella Posizione Comune (2008/944/PESC), i paesi dell’UE hanno continuato ad autorizzare esportazioni di armamenti e di armi leggere a governi che abusano dei diritti umani ed a paesi coinvolti attivamente in guerre, come l’Arabia Saudita (3,9 miliardi di euro), il Qatar (11,5 miliardi), l’Egitto (6,2 miliardi) e Israele (998 milioni). Inoltre, molti dei maggiori esportatori non forniscono all’UE i dati sulle esportazioni effettive (consegne) di armamenti, come il Regno Unito e la Germania, o non rivelano i dati sulle esportazioni secondo le specifiche categorie di sistemi militari, come la Francia e l’Italia.

L’Arabia Saudita resta la principale destinazione di armamenti dell’UE degli ultimi quindici anni. Tra i maggiori clienti di armi europee nel 2014 figurano anche Qatar, Algeria, Marocco, Egitto, India, Emirati Arabi Uniti e Turchia. Considerando i livelli di povertà di alcuni di questi paesi, il loro coinvolgimento in conflitti e i legami sospetti con gruppi terroristici è sorprendente che i governi europei li considerino destinatari accettabili per una politica di esportazioni di armamenti chiara e responsabile. La rete ENAAT chiede pertanto all’Unione europea di mettere in atto una risposta globale ai conflitti agendo specificamente sulle cause sociali, economiche, ambientali e politiche, piuttosto che fare il doppio gioco del “pompiere-piromane” per assecondare una politica di benefici a breve termine.

“E’ tempo che le ragioni della pace e della sicurezza prevalgano su quelle dei profitti e delle rivalità nazionali”, sottolinea la nota di ENAAT.

“Con governi dei paesi dell’Unione europea impegnati a promuovere le proprie esportazioni di armi, il controllo rimane un insignificante esercizio sulla carta fintantoché azioni legali da parte della società civile non saranno rese possibili e non avvenga un effettivo cambiamento delle politiche”, ha commentato Ann Feltham, coordinatrice parlamentare della Campaing Against Arms Trade del Regno Unito.

Esportiamo armi, importiamo immigrati alle frontiere, spendiamo soldi per assisterli e finanziamo la Turchia per contenerli. Business is business!

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