Sabato, 27 aprile 2024 - ore 11.16

Pianeta migranti. Quale futuro per i bambini siriani rifugiati? di Bruna Sironi

Centinaia di migliaia di piccoli rifugiati siriani non hanno accesso all’istruzione, molti sono sfruttati nel lavoro nero, mentre nei campi profughi sono in aumento le mamme bambine. Per un’intera di generazione di bambini siriani è diventato troppo difficile sognare il futuro. A grande rischio è anche il futuro del paese. Finita la guerra mancheranno le braccia qualificate e le menti preparate per sostenere la ricostruzione e lo sviluppo.

| Scritto da Redazione
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Negli ultimi mesi i mass media non ci hanno fatto mancare quotidiani pugni allo stomaco con immagini tremende dalle città siriane devastate da bombardamenti a tappeto, dove le vittime predestinate sono i civili, e in particolare le donne e i bambini terrorizzati, sfracellati, sanguinanti, piangenti, affamati. Altre immagini altrettanto crude non ci sono state risparmiate dalle coste delle isole greche, costellate di cadaveri, e dai confini chiusi dal filo spinato. Una certamente rimarrà nella storia. Quella del piccolo Aylan, addormentato per sempre sul bagnasciuga.

Solo recentemente ricercatori e giornalisti si sono chiesti quali fossero le condizioni di vita di chi era scampato al massacro e si era messo in salvo oltre il confine. Parecchie ricerche sono state fatte in Turchia, il paese scelto dall’Unione Europea come filtro all’imponente flusso migratorio dalla Siria e dagli altri paesi del Medio Oriente in fiamme, ma anche in altri paesi del vicino oriente, come il Libano e la Giordania. Quello che hanno trovato è quasi altrettanto scioccante.

Secondo un Rapporto di Human Rights Watch, HRW, ben conosciuta organizzazione che si occupa di violazioni dei diritti umani, 400.000 bambini siriani in Turchia non frequentano la scuola. Più della metà dei 708.000 rifugiati in età scolastica allora residente nel paese. In un rapporto pubblicato l’anno scorso, dal titolo significativo “‘When I Picture My Future, I See Nothing’: Barriers to Education for Syrian Refugee Children in Turkey”- Quando mi immagino il mio futuro non vedo niente: barriere all’educazione per i bambini rifugiati siriani in Turchia – dice che nonostante nuove politiche più favorevoli all’educazione dei rifugiati del governo turco, barriere linguistiche, estrema povertà, mancata integrazione sociale e carenza di informazione tengono i bambini siriani lontano dalla scuola. Spesso il desiderio di far proseguire gli studi ai figli è la molla che spinge le famiglie a mettersi in cammino verso l’Europa. In Siria il tasso di alfabetizzazione era molto alto, 99% nella scuola primaria. Ora, secondo stime dell’Unicef, più di 3 milioni di bambini in età scolare non frequentano la scuola, se si contano sia quelli nelle zone di conflitto che i profughi.

Come impiegano il loro tempo lontano dalla scuola ce lo dicono sia il rapporto di HRW che una recente inchiesta della BBC, l’autorevole televisione inglese.  Molti ragazzini, e perfino bambini, siriani profughi lavorano fino a 12 ore al giorno per 7 giorni alla settimana nelle industrie tessili, quelle che producono i capi di abbigliamento di ben conosciute marche. La paga media è di meno di un dollaro l’ora, ma è spesso l’unico reddito di famiglie numerose che non hanno nessun altro mezzo per sopravvivere. Lo sfruttamento del lavoro minorile è sempre stato diffuso in Turchia, ma ora è in costante rapido e drammatico aumento, proprio a causa dell’arrivo di milioni di rifugiati. E le ditte europee si avvalgono in modo davvero cinico di questa nuova opportunità. L’inchiesta della BBC dimostra che ragazzini siriani producono, ad esempio i jeans per marchi come Mango e Zara e vengono impiegati anche in lavorazioni rischiose come la sbiancatura fatta con agenti chimici tossici, senza neppure una maschera di protezione.

Tra le ragazzine, invece, sono sempre più numerosi i matrimoni, e di conseguenza le gravidanze, precoci. Secondo una ricerca dell’UNFPA, l’agenzia dell’Onu che si occupa di pianificazione familiare e demografia, nel 2011 solo il 13% dei matrimoni registrati tra i profughi siriani vedeva la presenza di un minore; nel 2014 il dato era passato al 32% per crescere ulteriormente nel 2015. E insieme al numero delle spose bambine cresce anche quello delle mamme che hanno meno di 18 anni. Secondo una ricerca svolta nel campo di Zaatari, in Giordania, dove vivono circa 80mila rifugiati siriani, nel 2013 erano il 5% del totale; un anno dopo erano già l’8,5%. Con tutti i rischi che questo comporta per la salute delle ragazze e dei loro neonati e con tutte le conseguenze sul futuro. Queste spose e mamme adolescenti non vanno a scuola e non sviluppano capacità spendibili nel mondo del lavoro. Questo le rende per sempre dipendenti e vulnerabili.

E’ chiaro dunque come l’impatto della guerra avrà conseguenze di molto lunga durata sulle vite di un’intera generazione di siriani e su quelle del paese intero.

Bruna Sironi

 

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