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Riforma sanitaria Regione Lombardia Articolo Uno Cremona

Ne risulta una revisione del cosiddetto 'modello lombardo' che non solo azzera la legge Maroni, ma si riallinea sostanzialmente alla legislazione nazionale

| Scritto da Redazione
Riforma sanitaria Regione  Lombardia Articolo Uno Cremona

Riforma sanitaria Regione  Lombardia Articolo Uno Cremona

Ne risulta una revisione del cosiddetto 'modello lombardo' che non solo azzera la legge Maroni, ma si riallinea sostanzialmente alla legislazione nazionale.

Dopo le non brillanti performance nella gestione della pandemia, Regione Lombardia si trova ancora di fronte alla necessità di modificare la riforma sanitaria varata dalla giunta Fontana lo scorso novembre.

Il 16 febbraio, infatti, Regione Lombardia ha rese note le modifiche, di ben 14 articoli su 34 della legge regionale 22/21 di riforma della sanità regionale disegnata dall’assessore Letizia Moratti nel novembre  scorso per modificare, dopo la bocciatura del governo, la precedente riforma della giunta Maroni, la legge 23/15.

Di fronte ai rilievi dei Ministeri della Salute, dell'Economia e delle Finanze e della Giustizia, la Moratti si è impegnata a portare le modifiche in Consiglio Regionale entro marzo, per evitare l'impugnazione della legge da parte del Governo.

L'annuncio è stato accompagnato da una cortina fumogena diffusa da Attilio Fontana, da Letizia Moratti e da vari esponenti della maggioranza di centrodestra. L'assessore ha cercato di sminuire la portata dei cambiamenti, che saranno costretti a portare in Consiglio, derubricandoli a mere modifiche tecnico-formali o lessicali. Gli atti e i documenti parlano chiaro, è vero il contrario, ci sono cambiamenti sostanziali che sarà difficile occultare.

Se si considerano le modifiche imposte dal governo già nella prima stesura della legge e quelle che verranno apportate ora, ne risulta una revisione del cosiddetto 'modello lombardo' che non solo azzera la legge Maroni, ma si riallinea sostanzialmente alla legislazione nazionale, rivedendo  anche il modello introdotto da Formigoni con la famigerata legge 31 del 97. 

Come scrive la Regione nei chiarimenti inviati al governo, le ASST saranno equiparabili alle USSL, organi di governo della sanità nelle altre regioni: 'Con la legge regionale n. 22/2021, in completa aderenza a quanto richiesto dal Ministero della Salute, si è provveduto a completare tale percorso disegnando di fatto la ASST in completa coerenza con quanto previsto dall’articolo 3 del decreto legislativo n. 502/1992'.

Va poi sottolineato un altro aspetto rilevante, che attiene alla programmazione ed al governo del SSR. Riguarda l'art. 20 che verrà modificato portando in capo alla Regione, le autorizzazioni, gli accreditamenti e la contrattazione con gli erogatori privati, che nella prima versione erano delegate alle ATS, che di fatto rimangono dei bracci operativi dell'assessorato sui territori.

Rilevante anche il passo indietro che la Regione deve fare sulle Case di Comunità, previste dal PNRR come strutture fisiche in cui opereranno team multidisciplinari di medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, medici specialistici, infermieri di comunità ed altri professionisti al fine di rispondere in modo completo ed adeguato ai bisogni della popolazione'.

Verrà quindi cassata la previsione di affidare la gestione delle Case di Comunità esclusivamente si Medici di Medicina Generale ed ai Pediatri di Libera Scelta in associazione o in cooperativa, cosa che farebbe finire di fatto le Case di Comunità nell’alveo della sanità privata.

Verrà poi ridotto il numero di candidati fra cui scegliere i direttori, la Regione proponeva una lista di 300 nomi, con una discrezionalità pressoché totale. Tale lista scenderà a 150-200 nomi con l’effetto anche di frenare la lottizzazione politica delle aziende sanitarie.

Ovviamente rimangono ancora numerose pecche e incongruenze nella legge, che riguardano il fatto che le ASST non sono disegnate su territori omogenei ma  confezionate attorno alla rete ospedaliera pubblica, che la Prevenzione è spezzettata in 35 aziende oltre ai dipartimenti veterinari, che sono rinviate sine die il riconoscimento dell'autonomia a diverse Aziende Ospedaliere che ne hanno già tutte le caratteristiche.

Sicuramente si poteva e si doveva fare di più promuovendo una revisione più radicale del servizio sanitario lombardo, riequilibrando i ruoli fra pubblico e privato, oggi a favore di quest’ultimo, valorizzando maggiormente la sanità territoriale, che tanto ha sofferto durante la pandemia, dimostrando tutta la sua inadeguatezza, spingendo sulla prevenzione.

Resta poi del tutto escluso dai giochi il Consiglio Regionale, che è poi il luogo deputato a fare le leggi e non solo a riceverle già pronte e solo da approvare, ma questo, sappiamo, è un vizio diffuso.

Non si può quindi negare che nel comparto sanità/assistenza, che rappresenta l’80% del bilancio regionale, la Lombardia ha fallito.  Ha fallito per l’impostazione delle sue leggi e per i numerosi scandali che hanno caratterizzato la loro gestione: e di questo tutti i cittadini lombardi dovranno ricordarsi alle prossime elezioni regionali. E’ tempo di cambiare, è tempo di aria nuova e pulita al Pirellone!

Articolo UNO Cremona

 

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