La vacanze natalizie stanno per finire e uno dei grandi problemi è: riaprire le scuole oppure no? Sebbene tutti si professino a favore della didattica in presenza, il momento profondamente incerto che stiamo vivendo spinge molti governatori a preferire una proroga della didattica a distanza, soprattutto per quanto riguarda gli studenti delle scuole superiori, quelli che sono considerati un po’ più “pericolosi” per la diffusione del contagio.
Ecco allora che stamane sono arrivate le prime due ordinanze che prorogano la Dad per gli studenti più grandicelli: si tratta di Veneto e Friuli Venezia Giulia. Luca Zaia è stato il primo ad annunciarlo e ha spiegato durante la conferenza stampa tenuta come sempre presso la sede della Protezione Civile di Marghera:
Non ci sembra prudente lasciare aperte le scuole superiori quindi proroghiamo la didattica a distanza fino a tutto gennaio. Noi tifiamo per la scuola in presenza ma abbiamo l’obbligo di valutare la situazione.
Zaia ci ha poi tenuto a sottolineare che non è un problema politico, perché tutti vorrebbero le scuole aperte e lui non fa “di certo un’ordinanza per fare un dispetto alla ministra Azzolina”, ma la Regione in questo caso può intervenire, non è una contrapposizione con il governo, e dunque lui ha deciso di farlo, anche perché ormai da giorni il Veneto è la Regione italiana che registra un più alto numero di nuovi contagi.
Anche la Regione Friuli Venezia Giulia guidata da un altro leghista, Massimiliano Fedriga, ha annunciato la stessa iniziata. L’assessore all’Istruzione Alessia Rosolen, ha spiegato:
La didattica a distanza al 100% per le Scuole superiori viene prorogata al 31 gennaio. È una scelta di responsabilità che supera il consenso di chi voleva un rientro veloce e ampio a scuola, e mira a tutelare la salute dei ragazzi e di tutto il personale della scuola.
Per questo è già pronta un’ordinanza del presidente Fedriga, ma potrebbe non essere l’unica insieme con quella di Zaia, giacché altre Regioni sembrano intenzionate a imitarli. Soprattutto Marche e Puglia sembrano intenzionate a mantenere le scuole chiuse. Il particolare, il vicepresidente delle Marche Mirco Carloni ha spiegato che il governo regionale è a lavoro per mantenere le Marche in fascia gialla e poiché la positività è più alta tra i giovani di età compresa tra 10 e 19 anni, preferisce lasciarli a casa a studiare con la Dad.
Oggi arriverà la decisione definitiva anche di Michele Emiliano, governatore della Puglia che finora è sempre stato piuttosto convinto in merito alle sue scelte per le scuole, lasciando ai genitori la possibilità di decidere se farli andare a scuola o continuare a studiare con la Dad.
In Campania è anche scattata una protesta “virtuale” delle femiglie “No Dad” mentre ci sarà una riunione dell’Unità di Crisi cui parteciperà l’assessore all’Istruzione Lucia Fortini.
La scuola potrebbe essere dunque uno degli argomenti principali di discussione nel Consiglio dei Ministri convocato per questa sera e che discuterà di tutte le norme da applicare dal 7 gennaio in poi, giorno in cui il DPCM Natale sarà ormai scaduto. Sicuramente si terrà conto di quanto consigliato dal Comitato tecnico scientifico e di quanto emerge dal Report dell’Istituto superiore della Sanità su questo argomento.
Per quanto riguarda il Cts, il segretario Fabio Ciciliano, intervenendo a inBlu Radio, ha spiegato che il vero problema non è tanto riaprire le scuole, quanto cercare di tenerle aperte perché il Paese non può permettersi di riaprirle per poi doverle di nuovo chiudere tra 10-15 giorni.
L’Istituto Superiore di Sanità ha elaborato il report “Apertura delle scuole e andamento dei casi confermati di SARS-CoV-2: la situazione in Italia” dal quale emerge però una situazione di assoluta incertezza, perché da una parte si dice che le scuole aperte hanno un impatto minimo sulla curva epidemica, dall’altra, però, si registra una facilità di trasmissione del virus soprattutto tra i ragazzi delle scuole superiori.
Vediamo in particolare quali interessanti dati emergono dal report di cui certamente anche il governo terrà conto:
- nel periodo 31 agosto-27 dicembre 2020 sono stati rilevati 3.173 focolai in ambito scolastico, che corrispondono a circa il 2% del totale dei focolai segnalati a livello nazionale;
- andamento settimanale dei focolai scolastici: progressivo aumento con un picco nelle settimane dal 5 al 25 ottobre; una graduale diminuzione fino al 22 novembre; un nuovo aumento fino al 13 dicembre; una stabilizzazione nella seconda metà del mese di dicembre;
- meno del 5% dei casi di Covid-19 segnalati nei Paesi Ue/See (Unione Europea e Spazio Economico Europeo) e nel Regno Unito riguarda persone di età inferiore ai 18 anni, il ruolo dei bambini nella trasmissione della Sars-CoV-2 rimane poco chiaro;
- dal 24 agosto e al 27 dicembre sono stati trovati positivi per Sars-Cov-2 1.783.418 casi in Italia e di questi 203.350 (l’11%) erano in età scolare (3-18 anni);
- la percentuale di casi tra bambini e adolescenti è aumentata del 16% dal 12 al 18 ottobre per poi tornare ai livelli precedenti nelle settimane successive;
- le percentuali di casi in età scolare rispetto al numero dei casi in età non scolare oscillano tra l’8,6% della Valle d’Aosta e il 15,0% della provincia autonoma di Bolzano;
- il 40% dei casi in età scolare si è verificata in adolescenti di età tra i 14 e i 18 anni; il 27% tra bambini delle scuole primarie tra i 6 e i 10 anni d’età; il 23% tra ragazzi delle scuole medie (11-13 anni); il 10% tra bambini delle scuole per l’infanzia (3-5 anni);
- a settembre l’età media dei casi in età scolare è stata di circa 12 anni, è salita poi nel mese di ottobre, ma tra novembre e dicembre è tornata a 12 anni;
- non ci sono particolari distinzioni tra maschi e femmine per quanto riguarda i contagi in età scolare;
- i ricoveri della popolazione in età scolare sono stati 1.503, ossia lo 0,7%, mentre nel resto della popolazione la percentuale è dell’8.3%. Tra i bambini di 0-3 anni però il tasso di ospedalizzazione è del 6,2%.
L’ISS spiega anche che il numero di focolai scolastici in realtà è da considerare sottostimato perché alcune regioni come Basilicata, Campania, Liguria, Molise, Sardegna e Valle d’Aosta “non sono state in grado di riportare l’informazione relativa al setting in cui si sono verificati i focolai”.
L’ISS fa infine delle osservazioni e delle raccomandazioni ben precise:
Allo stato attuale delle conoscenze le scuole sembrano essere ambienti relativamente sicuri, purché si continui ad adottare una serie di precauzioni ormai consolidate quali indossare la mascherina, lavarsi le mani, ventilare le aule, e si ritiene che il loro ruolo nell’accelerare la trasmissione del coronavirus in Europa sia limitato […] La decisione di riaprire le scuole comporta un difficile compromesso tra le conseguenze epidemiologiche e le esigenze educative e di sviluppo dei bambini. Per un ritorno a scuola in presenza, dopo le misure restrittive adottate in seguito alla seconda ondata dell’epidemia, è necessario bilanciare le esigenze della didattica con quelle della sicurezza. Le scuole devono far parte di un sistema efficace e tempestivo di test, tracciamento dei contatti, isolamento e supporto con misure di minimizzazione del rischio di trasmissione del virus, compresi i dispositivi di protezione individuale e un’adeguata ventilazione dei locali.