Vittorio Demicheli, direttore sanitario dell'Ats Città Metropolitana di Milano, durante la presentazione a Palazzo Lombardia dell'esito dei lavori della Commissione di verifica sulla gestione dell'emergenza al Pio Albergo Trivulzio, ha esposto un'ipotesi sulla diffusione del coronavirus all'interno delle strutture della casa di riposo milanese:
"Il Pio Albergo Trivulzio metteva già in isolamento a fine febbraio alcuni casi con sintomatologia simil influenzale che, col senno di poi, riconosciamo probabilmente essere stati casi di coronavirus. Quindi erano presenti già allora. L'ipotesi è di un ingresso precoce dell'infezione dall'esterno, probabilmente attraverso gli operatori di assistenza o gli educatori, con poi una propagazione interna che ha raggiunto il suo massimo nella seconda metà del mese di marzo. Questa ipotesi è incompatibile rispetto a quella di un innesco partito da pazienti trasferiti durante l'emergenza Covid-19"
E ha aggiunto:
"Il numero pazienti della seconda metà di marzo è incompatibile con questa ipotesi. C'era per forza già prima un contagio. E si capisce abbastanza bene"
Poi ha detto che il rapporto fra decessi osservati e attesi nella fase della pandemia, che ha mostrato un aumento di mortalità rispetto agli anni precedenti, "è risultato lievemente inferiore al Pat rispetto alla media rilevata nelle Rsa".
Inoltre, dalla relazione della Commissione d'inchiesta dell'Ats, è emerso un dato interessante sull'assenteismo del personale durante la pandemia:
"L'assenteismo lavorativo mostra livelli piuttosto elevati già in condizioni ordinarie nelle varie strutture del Pio Albergo Trivulzio ma ha raggiunto livelli straordinari durante l'emergenza: in alcuni reparti e per alcune figure le assenze hanno interessato il 65% della forza lavoro"
E questo assenteismo ha portato a una particolare criticità della gestione dell'emergenza. Nella relazione si legge:
"Un livello così elevato di assenze dal lavoro difficilmente trova spiegazione nella diffusione del contagio tra gli operatori come rivelano gli indici di infortunio specifico segnalati dalla struttura"
Nel rapporto viene spiegato inoltre:
"La presenza di casi sospetti in diverse strutture del PAT fin dai primi giorni di epidemia è coerente con l'ipotesi di un'introduzione precoce dell'infezione (attraverso personale, visitatori e pazienti ambulatoriali) e di una successiva propagazione interna tra ospiti e pazienti, che le procedure di isolamento adottate (in camera singola o per coorte) non sono riuscite ad arginare in modo efficace"