Il 2012 si è aperto con una serie di episodi di violenza e razzie di bestiame nello stato del Jonglei che hanno coinvolto le tre principali comunità locali: i Lou-Nuer, i Murle e i Dinka Bor. Secondo le stime delle Nazioni Unite, solo negli ultimi due mesi le violenze interetniche hanno coinvolto circa 140 mila persone.
All’inizio di gennaio, alcune migliaia di giovani Lou Nuer armati hanno invaso Pibor, città abitata dal rivale gruppo etnico Murle. Secondo le stime delle Nazioni Unite, l’attacco avrebbe messo in fuga tra le 20 mila e le 50 mila persone, compreso il personale di Medici Senza Frontiere, l’unica organizzazione presente nella zona a fornire assistenza medica. Secondo quanto riferito dai portavoce dell’UNMISS, la missione Onu in Sud Sudan, gli 800 soldati governativi e i 400 peacekeeper presenti in città non sono stati sufficienti a fermare l’attacco. Qualche giorno dopo l’attacco a Pibor i Murle hanno sferrato un attacco contro la contea di Uror, bruciando i villaggi e razziando numerosi capi di bestiame. A fine dicembre, invece, 20 mila civili erano riusciti a fuggire dalla località di Lukangol prima che venisse completamente distrutta da un altro gruppo armato di Lou Nuer. L’8 febbraio la comunità Murle ha subito un altro attacco, questa volta da parte della vicina comunità Dinka Bor, secondo quanto dichiarato dal commissario del distretto di Pibor. L’attacco avrebbe provocato la morte di 9 persone e il ferimento di altre 11.
Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban-ki Moon, ha esortato il presidente del Sud Sudan, Salva Kiir, a risolvere le radici dei conflitti nel Jonglei, ma secondo quanto dichiarato dal portavoce dell’esercito sudsudanese, Philip Aguer, all’indomani dell’attacco a Pibor, è Khartoum che continua a fomentare le tensioni interetniche nel Jonglei e a rifornire di armi e munizioni i diversi gruppi con l’obiettivo di destabilizzare l’intero paese.