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14 agosto 1944,eccidio di Malga Zonta| G.Carnevali

| Scritto da Redazione
14 agosto 1944,eccidio di Malga Zonta| G.Carnevali

12 AGOSTO 1944, ECCIDIO DI MALGA ZONTA, PASSO COE, FOLGARIA, TRENTO.
Ci capito, di tanto in tanto, volentieri tra i “panettoni” di quelle estasianti montagne trentine, più d’inverno che in estate. Spazi inimmaginabili da godere “tal quale”, profumi e sapori inconfondibili, salute….”A IOSA”! Tuttavia mai m’è sovvenuto di raccontare una triste quanto altrettanto dolorosa  vicenda occorsa proprio al Passo Coe, vicenda da me rigorosamente trascritta dopo essermi opportunamente documentato su testi originali dell’epoca. Partigiani, montanari, giovani di quelle valli ispirati da un unico ideale: CONTRIBUIRE ALLA LOTTA DI LIBERAZIONE OFFRENDOSI CON LA PROPRIA VITA. “La notte del 12 agosto 1944 i tedeschi tra le ore 2.30 e le 3.30 circondavano le malghe dopo il Passo Coe (Folgaria – Trento). Verso le ore 5 - 5.30 incominciò il rastrellamento con il raduno ed identificazione delle persone presenti in detto territorio. Quando i tedeschi giunsero alla Malga Zonta, la sentinella partigiana intimò "l’alto là, chi va là, parola d’ordine" e non avendo avuto risposta sparò per avvisare chi si trovava nella malga. I tedeschi fecero irruzione ma trovarono una reazione armata. Un sottufficiale tedesco venne ucciso sulle scale. Continuò la sparatoria con la morte di 5-7 tedeschi ed alcuni feriti. Il Viola e qualcun altro sparavano alcuni colpi ogni tanto. Il fuoco tedesco era continuo. Alla fine gli occupanti del primo piano dell’abitazione, uscirono e vennero allineati sotto la tettoia della porcilaia. Poco dopo il controllo da parte dei tedeschi, dovettero uscire anche i malgari, che avevano come dormitorio una parte della “casara”. Vennero così tutti allineati con le mani alzate sotto la tettoia della porcilaia. Furono risparmiati dai tedeschi diversi malgari. Le due fotografie sono riportate con il commento: "gli ultimi istanti degli eroi". In realtà dalle testimonianze raccolte dei due unici attuali sopravvissuti, Bruno e Antonio Fabrello, residenti ad Arsiero, si apprende che oltre a loro furono risparmiati dai tedeschi alcuni malgari, riconosciuti, prima della fucilazione che si verificò tra le 8 e le 8.30 dagli indumenti sporchi di stallatico e scarpe da lavoro (sgalmere) e fatti spostare sulla sinistra della porcilaia. Dette persone, ritratte nella foto, di cui si credeva fossero stati fucilati, e che si salvarono secondo le testimonianze di Fabrello Bruno e Antonio sono:Bauce Domenico (Menego), anni 40, casaro sulla Malga Zonta, presumibilmente morto nel 1971 e da ulteriori ricerche morto a Valdagno il 19.4.1968; Fabrello Antonio (Toni il Rosso), anni 17, attualmente superstite vivente ad Arsiero; Gino Corneali, anni 16, da Recoaro, emigrato in Francia, morto 4-5 anni fa di ictus cerebrale; Fabrello Giuseppe, anni 22, da Arsiero, morto a 49 anni; Scatolaro Francesco, anni 19, da Arsiero, morto a 63 anni; Fabrello Bruno, di Arsiero, di anni 17, vivente; Fabrello Luigi, anni 17, da Velo D’Astico; Brunello Antonio (Tonin) di anni 70, sempre alle spalle di Fabrello Bruno; Martini Giuseppe, da Arsiero, anni 24; Ernesto Piccoli, anni 16, coperto da Fabrello Bruno; Storti Bruno, da Recoaro, anni 16, coperto da Fabrello Bruno.

I 17 caduti a Malga Zonta, i cui nomi sono riportati sulla lapide, vennero trasportati in un primo tempo nella “casara” e poi sepolti in una buca poco distante dalla casa d’abitazione della stessa Malga, la quale si era parzialmente formata per lo scoppio di una bomba della guerra 1915-18. Vennero sepolti quattro a quattro con sopra il Viola, vennero coperti con la poca terra che si trovava nella buca e con sassi prelevati da un muro vicino. Dalla testimonianza della signora Annetta Rech attualmente residente a Morganti di Folgaria (TN) risulta che le due fotografie la cui riproduzione è presente sulla lapide del monumento di Malga Zonta, non furono rinvenute nel portafoglio di un tedesco ma consegnate assieme ad una terza fotografia dalla stessa Annetta Rech al Generale Donà e da questi a Bice Rizzi, direttrice del Museo del Risorgimento di Trento, presso il quale tuttavia non sono reperibili. La Rech ebbe le tre fotografie da Karl Willmann, sottufficiale tedesco, presso il Comando tedesco di Lavarone. La terza fotografia rappresentava delle persone inginocchiate con le mani appoggiate sopra il capo. La riesumazione dei caduti di malga Zonta fu eseguita negli ultimi giorni di maggio del 1945. Secondo le testimonianze avute dalla sig. Losco Costantina (Rina) abitante a Torre Belvicino (VI) e dal sig. De Pretto Gino abitante nel comune di Posina (VI), una quindicina di persone erano presenti alla riesumazione. Costantina Losco afferma che il cadavere di Bruno Viola, conosciuto come "Marinaio", fu riconosciuto sulla base di un dente d’oro. De Pretto Gino racconta che il Marinaio fu il primo a essere riesumato e lo riconobbero da una casacca da marinaio e da uno o due denti d’oro. Il fratello gemello De Pretto Gildo fu riconosciuto da un braccio e una mano malformata fin da bambino.
 
Bruno Viola.
I familiari viventi di Bruno Viola, tre sorelle ed un fratello (Viola in Ceola Maria, classe 1930, Viola in Valente Rosina, classe 1932, Viola in Maggiorin Genoveffa classe 1936 e Viola Francesco classe 1938, tutti residenti nel comune di Caldogno (VI), affermano che il cadavere di Bruno Viola non fu riconosciuto da alcun familiare né al momento della riesumazione, né nei giorni in cui fu depositato presso una sala a Schio (VI). I familiari vennero avvertiti da un messo comunale di Schio dopo 8 giorni della presumibile riesumazione e si dicono certi che il fratello era assolutamente privo di denti d’oro. Ricordano che la madre visse gli ultimi anni nella convinzione che non fosse il figlio quello che risulta tale essere sepolto a Caldogno, e ha sempre vissuto nella speranza di un ritorno. Purtroppo non era a conoscenza del fatto che secondo il registro dei deceduti della parrocchia di Caldogno, anno 1944 – 1945, Bruno Viola figlio di Redenzio e di Marina di anni 19, che il giorno 6 agosto 1944 cadde in azione partigiana a Folgaria, fu sepolto il giorno 5 giugno 1945”.
In conclusione un resoconto preciso, rigoroso, al tempo stesso “di verità” che non potrà di certo cambiare quella storia rievocativa del valore della RESISTENZA, il cui ricordo si tramanda e si celebra annualmente tra quelle splendide montagne trentine come “SEGNO DI UN TORMENTO CHE CI HA RIGENERATO, UNA TESTIMONIANZA DA OFFRIRE A TUTTI, SENZA SCALPORE NE’ VANA RETORICA”.
giorgino  carnevali 

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