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Acqua pubblica, sindacati Ue in campo per il sì

| Scritto da Redazione
Acqua pubblica, sindacati Ue in campo per il sì

Acqua pubblica, sindacati Ue in campo per il sì   
Istituito anche un osservatorio, il caso italiano potrebbe essere d'esempio in tutta l'Unione. Il segretario generale Epsu, Carola Fischback-Pyttel: "I privati non garantiscono la qualità, il settore resti in mano pubblica" DI MARTINA TOTI.
di Martina Toti, RadioArticolo1 
Diritti, beni, servizi: in Italia come nel resto d’Europa le politiche adottate dai governi tendono a toglierli al pubblico e ad affidarli ai privati. È così anche per l’acqua, una risorsa fondamentale al centro di due dei quattro quesiti referendari su cui gli italiani sono chiamati a esprimersi il 12 e 13 giugno. La questione, tuttavia, va ben oltre i nostri confini se la European Federation of Public Service Unions, ovvero la federazione che riunisce i sindacati pubblici europei, ha deciso di scendere in campo chiedendo di votare sì all’acqua bene comune. In occasione del voto, l’Epsu ha predisposto anche un osservatorio perché il caso italiano potrebbe essere d’esempio per tutta l’Unione europea.

Il segretario generale Carola Fischbach-Pyttel ci ha spiegato perché l’appuntamento con i referendum riveste tanta importanza: "Quello idrico è un settore su cui le multinazionali puntano ancora i loro occhi avidi e in cui vorrebbero penetrare. In Europa tra il 70 e l’80 per cento dell’acqua è ancora nelle mani di governi locali e noi riteniamo che questa sia la soluzione migliore. Le ragioni sono molteplici: innanzitutto, per loro natura, le aziende mirano al profitto e, nel settore idrico, questo può condurre a una situazione in cui si investe meno nel mantenimento e nella qualità del servizio. Non è un caso, ad esempio, che in Francia la città di Parigi abbia riportato l’acqua sotto la gestione pubblica e non è un caso neppure che quello parigino non sia l’unico esempio di questo tipo. I beni pubblici e comuni, penso all’acqua ma anche all’elettricità, alla sanità come all’istruzione, dovrebbero essere accessibili a tutti i cittadini indipendentemente dal loro status economico".


Non è questo, però, il pensiero dominante nel vecchio continente. Fosse vivo William Shakespeare, davanti alle politiche neoliberiste che animano in lungo e in largo l’Unione, direbbe che c’è del marcio in Europa. E forse il peggio deve ancora venire se è solo attraverso un articolo pubblicato dalla rivista European Voice che si è scoperto di alcune trattative a porte chiuse tra l’Ue e il Canada. "Per noi sono inaccettabili – spiega Fischbach-Pyttel –. Abbiamo scoperto che la Commissione europea vorrebbe superare la clausola di protezione presente negli accordi Gats (General Agreement on Trade in Services- Accordo generale sul commercio di servizi) con l’obiettivo di includere alcuni servizi e beni attualmente non compresi in queste intese commerciali; tuttavia poiché il Canada partecipa anche al Nafta (North American Free Trade Agreement-Accordo nordamericano per il libero scambio) ciò significa che anche le imprese statunitensi potranno entrare a gamba tesa nel mercato europeo dando il via a un’altra ondata di liberalizzazioni".

Il retroscena lo ha spiegato il giornalista Toby Vogel su European Voice: un documento confidenziale della Commissione guidata da Manuel Barroso svelerebbe l’intenzione di cavalcare nuove opportunità economiche spingendo i partner commerciali a lanciare offerte per acquisire contratti di pubblico servizio, una competizione che si applicherebbe anche negli Stati membri. Si citano risorse di pubblica utilità che vanno dall’energia ai servizi postali e di telecomunicazione, passando per i servizi sociali, l’acqua e la sanità, perché, secondo il documento, l’attuale scenario è "difficile da mantenere" visto che "non esiste una definizione comunemente accettata di servizio pubblico".

La cosiddetta clausola di esclusione si baserebbe quindi sui termini definiti dallo stesso Gats nel 1995 e non più aggiornati da allora. La questione è diventata cruciale nelle trattative in corso con il Canada durante le quali la Commissione europea ha chiesto al governo di Ottawa di includere le proprie risorse idriche nell’accordo. "Ci opponiamo con forza a queste posizioni – commenta Fischbach-Pyttel a nome dell’Epsu –. Oltre che nelle modalità che escludono un qualsivoglia dialogo sociale. Credo si tratti di un modello che va radicalmente ripensato: l’economia deve essere rivolta alla persone, non solo al profitto. È questo il cuore essenziale della discussione. I diritti fondamentali, come l’accesso all’acqua o all’istruzione, non possono essere venduti e comprati. Se fossi un cittadino italiano chiamato a votare per i referendum voterei sì". "Fra l’altro – conclude – stiamo studiando la possibilità di dare vita a un’iniziativa analoga a livello europeo e non escludiamo il ricorso allo strumento referendario per condurre la nostra campagna in tutto il continente".

fonte: http://www.rassegna.it/articoli/2011/06/1/74863/acqua-pubblica-sindacati-ue-in-campo-per-il-si

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