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Articolo 33 della Costituzione e le norme sulla scuola privata

| Scritto da Redazione
Articolo 33 della Costituzione e le norme sulla scuola privata

Quante polemiche, e quanta emozione, hanno suscitato le incredibili parole del Presidente del Consiglio Berlusconi sulla scuola pubblica che "inculca" una educazione contraria a quella voluta dai genitori! Ma come dovrebbe funzionare, l'educazione, in Italia? Cosa dice la nostra Costituzione? E quali norme regolano la scuola privata?
Art. 33.
L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.


La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
È prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale.
Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.

Questo articolo è molto esteso, ben sei commi e tutti estremamente importanti. Fanno tutti riferimento alla educazione e alla crescita, intellettuale e culturale, del nostro Paese e dei suoi cittadini. Esaminiamoli uno ad uno.


L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.


Taluni costituenti consideravano inutile questo comma, visto che “arte” e “scienza” potevano rientrare nella vasta categoria generale di “pensiero”, la cui libertà era già stata fissata nell'art. 21. Ma evidentemente la maggior parte dei deputati pensarono, e su questo fu pienamente d'accordo il presidente della Commissione dei 75, Ruini, che fosse necessario specificare, e quindi rafforzare, il concetto di totale e assoluta libertà (assoluta finché non leda i diritti fondamentali dell'Uomo, sia ben chiaro) dell'arte (che è quell'espressione di pensiero capace di manifestare emozioni negli altri) e della scienza (che è quella categoria di elaborazioni che sono riproducibili ed accertabili sperimentalmente).


Tale totale libertà non ha però trovato piena applicazione, in Italia. Nonostante le garanzie costituzionali, nel nostro Paese la censura sull'arte e i limiti alla scienza sono stati particolarmente pesanti, soprattutto fino agli anni Ottanta del secolo passato. Molto conosciuta è la storia della censura sui programmi televisivi e sul cinema (che sono arti, o mezzi attraverso i quali l'arte si esprime, a pieno titolo): furono, e sono, decine, centinaia, i film, italiani e stranieri, modificati, tagliati, sequestrati e a volte completamente proibiti. Fino agli anni Sessanta, certe zone del parco archeologico di Pompei erano vietate alle donne, perché contenevano reperti considerati scandalosi; spettacoli teatrali, mostre, esposizioni, quadri, fotografie sono ancor oggi sottoposti a divieti, e a volte non ne viene consentita la visione al pubblico, mentre le stesse mostre, le stesse esposizioni, gli stessi quadri sono visibili in Francia, Germania, USA. Nel 2002, nel teatro greco di Siracusa, venne vietata la rappresentazione di una commedia di Aristofane, Le rane, scritta nel 405 a.C., perché il regista aveva scelto di fare satira su alcuni politici di oggi.


Anche la scienza non è totalmente libera, ma talvolta è limitata da principi religiosi, mentre altre volte prevalgono principi etici. A titolo di esempio, recentemente, nel 2004, è stata vietata in Italia la ricerca sulle cellule staminali (che sono cellule del corpo umano che possono produrre alcuni tessuti organici). Quindi non solo i medici non le possono usare, ma i laboratori non possono neanche studiarle. Gli scienziati che le sperimentano possono essere anche arrestati! Ma in quasi tutti i Paesi del mondo questa ricerca scientifica progredisce con grandi risultati. Un referendum popolare per eliminare questo divieto è fallito clamorosamente per la massiccia astensione del Popolo Sovrano.


Proibiti in Italia sono anche la clonazione, una tecnica molto discussa e complessa da un punto di vista etico, e l'uso e la diffusione degli organismi geneticamente modificati, gli OGM.
L'oscuro (e per l'epoca) recente passato, nel quale arte e scienza erano stati piegati ed asserviti ai regimi nazisti, fascisti e totalitari, e nel quale certe forme d'arte e certe scoperte scientifiche erano vietate o perseguitate, influenzò non poco l'assemblea. Ma è soprattutto in relazione con la conclusione del comma , libero ne è l'insegnamento, che la norma assume pieno valore. È proprio in questa fattispecie che la Costituzione afferma uno dei principi più importanti dell'Italia moderna, la libertà di insegnamento, evidentemente non solo strettamente “artistica” o “scientifica”.
Tale essenziale libertà fu temuta da tutti gli schieramenti politici, che vedevano il rischio di indottrinamento dei giovani da parte dei loro avversari, ma allo stesso tempo voluta, essendo ognuno desideroso di poter esprimere la propria ideologia nelle scuole e nelle università. Il generale clima di speranze e di fiducia, ma soprattutto gli equilibri dei commi successivi permisero di formulare il concetto senza alcun limite esplicito.


È importante capirne a fondo la portata: l'insegnamento è libero in ogni contesto, l'insegnante è libero di scegliere metodi, mezzi, fonti e ambienti per svolgere la sua missione; e tutti hanno diritto ad imparare, ad apprendere, scegliendo quale modello, quale insegnante seguire. Nessun limite può essere imposto al docente, se non quello generico (e molto discusso) del “buoncostume” e del “rispetto della coscienza civile e morale degli alunni”, come hanno specificato alcuni giuristi.


La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
Il comma 2 ed il comma 3 sono, rispettivamente, le due espressioni della parte laico-socialista e della parte cattolico-tradizionalista della Costituente. Il comma 2 assegna alla Repubblica un primato generale, quello di “dettare le norme sull'istruzione”, ed il compito di costruire organizzare e far funzionare le scuole, ad ogni livello. Un compito importante ed essenziale, che offre pari diritti e pari trattamento a tutti gli scolari e gli studenti. Ma non è un monopolio: il comma 3 riconosce il diritto dei privati di avere e gestire scuole proprie al fianco della scuola pubblica.


Ma chi erano, e chi sono, questi privati? In Italia si tratta quasi esclusivamente della Chiesa Cattolica, il che spiega la battaglia che la DC sostenne per l'approvazione di questa norma. La condizione per aprire un istituto privato è che esso non costi nulla allo Stato. Su questo ultimo punto, se e come e quanto esso sia assoluto o relativo, si dibatte da sessanta anni. In realtà sembra legittimo affermare che la lettera del dettato costituzionale non esclude che lo Stato possa intervenire finanziando scuole o istituti privati in luoghi in cui non esistono scuole statali. Questo di evince piuttosto chiaramente dai lavori dell'Assemblea Costituente nella quale il relatore, il comunista Marchesi, si pronunciò per un pieno diritto della scuola privata alla sola libertà di insegnamento, e l'onorevole Corbino, liberale, volle precisare: "Noi non diciamo che lo Stato non potrà mai intervenire a favore degli istituti privati: diciamo solo che nessun istituto privato potrà sorgere con il diritto di avere aiuti da parte dello Stato".

Di fronte alle obiezioni dell'onorevole Gronchi (DC), un altro firmatario dell'emendamento, l'onorevole Codignola, socialista, chiarì che con l'aggiunta "senza oneri per lo Stato non è vero che si venga a impedire qualsiasi aiuto dello Stato alle scuole professionali, si stabilisce solo che non esiste un diritto costituzionale a chiedere tale aiuto".


Ma durante gli ultimi decenni si sono visti crescere sia le richieste di finanziamento per la scuola privata in generale sia una vera e propria pioggia di stanziamenti comunali, provinciali, regionali e statali verso istituti religiosi di istruzione, collegi, e convitti vari. Come si concilia questo con il dettato costituzionale citato prima? In realtà, si concilia piuttosto male, ed è sempre stato evidente a tutti i governi e governanti democristiani, che sono sempre prudentemente intervenuti in questo campo. Questa prudenza è venuta meno quando a governare sono stati gli ex oppositori della vecchia DC.

La prima vera legge specifica sul finanziamento delle scuole private è infatti del 1997, e fu proposta, curiosamente, da un Ministro dell'istruzione ex comunista, Luigi Berlinguer. Lo stesso Berlinguer emanò altri provvedimenti, nel 1998 e nel 1999, per una sistematica e regolare concessione di finanziamenti alle “private”. E fu il governo di un altro ex comunista, Massimo D'Alema, che, nel 2000, volle una legge organica di stanziamenti ed interventi economici e fiscali a favore della scuola non statale.

 

La legge 62/2000 sancisce l’entrata a pieno titolo nel sistema di istruzione nazionale delle scuole private, che pertanto devono essere trattate “alla pari” anche sul piano economico. La legge prevede una serie di importanti benefici ai privati (e quindi, alla Chiesa Cattolica):

l’applicazione del trattamento fiscale riservato agli enti senza fini di lucro;

l'istituzione di fatto dei buoni scuola statali (stanziamento di 300 miliardi di lire a decorrere dal 2001);

l'aumento di 60 miliardi di lire dello stanziamento per i contributi per il mantenimento di scuole elementari parificate;

l'aumento di 280 miliardi di lire dello stanziamento per le spese di partecipazione alla realizzazione del sistema prescolastico integrato;

lo stanziamento di un fondo di 7 miliardi di lire per favorire l'inserimento dei disabili nelle scuole private e la costruzione delle strutture necessarie.


Il governo Berlusconi, ministro Letizia Moratti, con il DM 27/2005 apporta alla Legge 62/2000 le seguenti modifiche:
non si parla più di “concessione di contributi” ma di “partecipazione alle spese delle scuole secondarie paritarie”; un salto qualitativo importante.

Si abbassa la soglia di alunni per classe per l’accesso ai contributi (si passa da 10 a 8...praticamente la metà del numero di alunni necessari per una classe nella scuola pubblica!)

 

Vengono innalzati i contributi (12.000 euro per una scuola media inferiore, 18.000 per una scuola media superiore);


sono più che raddoppiati i finanziamenti per i progetti formativi (da circa 6 milioni di euro ad oltre 13 milioni).


Per quanto riguarda i buoni scuola, come detto, vengono istituiti nel 2000 dal Governo di centro-sinistra con la Legge 62/2000 sulla parità scolastica con un piano straordinario di finanziamento, attuato poi dal governo di centro-destra in perfetta continuità politico- ideale, con la Legge 289/2002 che prevedeva un tetto di 30 milioni di euro per il triennio 2003-2005.


La finanziaria del 2004 del governo Berlusconi, ministro Letizia Moratti, aumenta il tetto per il 2005 a 50 milioni di euro con accesso ai buoni per tutte le famiglie che entrano in graduatoria in base al limite di reddito. La legge sulla parità non prevede alcuna incompatibilità dei buoni statali con eventuali buoni regionali (previsti poi da Veneto, Emilia-Romagna, Friuli, Lombardia, Liguria, Toscana, Sicilia, Piemonte, regioni, come si vede, con giunte sia di destra che di sinistra), per cui buoni statali e regionali risultano essere cumulabili.

Negli ultimi anni, poi, oltre a confermare tutti i finanziamenti, anzi, gli oneri per lo Stato, i governi che si sono succeduti hanno operato decisivi tagli alla scuola pubblica.

Il ministro dell'istruzione del governo Prodi II, l'ex DC Giuseppe Fioroni, ha ulteriormente incrementato le prebende alla scuola privata, nonostante i tagli economici a quella statale. In particolare il decreto dell del 21 maggio 2007 riconosce alle scuole paritarie private di svolgere una funzione pubblica, al pari della scuola statale.
In conseguenza prevede cifre di finanziamento a tutte le scuole paritarie, di ogni ordine e grado, che autocertifichino (sic !) di non avere fini di lucro. Giorgio Vittadini, uno dei più importanti esponenti di Comunione e Liberazione, dichiarà entusiasta: ."Il ministro ha compiuto un passaggio enorme, non un contentino ma la parità economica tra scuole statali e non statali, e questa è per noi la linea Maginot, una novità epocale."

Piccolo conflitto di interesse: il figlio del ministro piddino, frequentava una scuola privata cattolica....

I decreti e la riforma della ministra Mariastella Gelmini hanno ribadito i tagli alla scuola pubblica, aumentato i finanziamenti a quella privata, e confermato la ormai sostanziale parificazione anche ideale tra l'uno e l'altro sistema. Ma questa è ormai attualità. Ricordiamo che gli enti religiosi, che si fanno pagare fior di rette e che ricevono contemporaneamente i finanziamenti da parte di tutti i cittadini italiani, godono di una fiscalità di favore e non pagano l'ICI comunale.


Paradossale, logico, illegittimo o incostituzionale? Giusto, ingiusto, o semplicemente normale? Il dibattito non si è ancora esaurito. Ma la polemica sorge, talvolta con una grossa dose di ipocrisia, ogni volta che si tocca l'argomento.

fonte: http://www.democrazialegalita.it/marco/marco_scuola_privata=1_marzo_2011.htm

 

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