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Auser: anziani sempre piu’ a rischio poverta’

| Scritto da Redazione
Auser: anziani sempre piu’ a rischio poverta’

Per il peso della crisi e gli effetti delle manovre correttive “danno di più e ricevono di meno” - Presentata a Roma la II Indagine nazionale sulla condizione sociale degli anziani

Roma, 22 febbraio 2011

Peggiorano sensibilmente le condizioni sociali ed economiche degli anziani nel nostro Paese. La crisi prima, le manovre effettuate dai governi nel 2010 e 2011 poi, hanno pesato sulle fasce d’età anziane peggiorandone le condizioni di vita e facendo crescere i fenomeni di esclusione sociale. E’ quanto emerge dai dati della II Indagine nazionale sulla condizione sociale degli anziani, presentata oggi a Roma dall’Auser nazionale nel corso di una Conferenza Stampa.

“Gli anziani, insieme alle donne ed ai giovani sono fra le categorie di cittadini che più di altri stanno soffrendo gli effetti della crisi e delle manovre economiche – ha detto il presidente nazionale Auser Michele Mangano- Il potere d’acquisto delle loro pensioni si è ridotto del 30% negli ultimi anni con la conseguenza di una drastica riduzione dei consumi, difficoltà se non impossibilità ad affrontare le spese impreviste, e tante rinunce purtroppo spesso legate alla tutela della propria salute ed alla prevenzione.


La parola scomparsa è Equità –ha proseguito Mangano- chiediamo al Governo di non puntare solo sulla Social Card e di dare maggior peso alla questione sociale. Le risorse si possono trovare, soprattutto dalla lotta alla corruzione e all’evasione fiscale”.

La riduzione dei servizi comunali per gli anziani, crescono le liste d’attesa
Nel periodo ottobre 2011 – gennaio 2012, in base alla rilevazione annuale effettuata dall’Auser, sui bandi comunali per l’affidamento di servizi sociali, si registra una sensibile riduzione, pari a circa il 28%, del numero delle proposte di bando dedicate ai servizi per gli anziani. Le variazioni in negativo riguardano soprattutto i comuni con più di 50 mila abitanti.

Le liste di attesa regionali per gli interventi domiciliari di contrasto alla non autosufficienza sono inoltre in crescita in tutte le Regioni soprattutto in Calabria, Campania, Lazio, Piemonte.

I consumi degli anziani: in crescita abitazione ed energia, ma si riducono i consumi per alimentazione, abbigliamento e servizi sanitari.


Le statistiche ISTAT mostrano come negli ultimi 8 anni (2003 – 2010) la spesa media mensile di un anziano solo cresca esclusivamente per l’abitazione e l’energia (+2,9%) e dei trasporti (+0,7%). Al contrario, nel periodo considerato, l’anziano che vive solo ha ridotto soprattutto le spese per l’alimentazione (-1,7%), l’abbigliamento e le calzature (-0,8%), oltre a quelle per l’arredamento (-0,8%) e quelle relative ai servizi sanitari (-0,6%).


Soprattutto quest’ultimo capitolo di spesa denota un peggioramento abbastanza grave della situazione dell’anziano, che si vede costretto a ridurre una tipologia di consumi considerata fondamentale.
Nel complesso, quindi, il fatto che tra il 2003 e il 2010 la spesa media mensile sia cresciuta di circa 284 euro non è affatto un buon segno, dato che l’aumento proviene esclusivamente da spese legate all’abitazione e ai trasporti.


Anche per quanto riguarda una coppia senza figli con capofamiglia ultra65enne, solo una voce di spesa risulta in aumento (sempre nel 2003/2010): quella destinata all’abitazione ed energia (+3,9%). In calo risultano essere invece tutte le altre voci di spesa, anche se in modo più ridotto rispetto alla categoria degli anziani over 65 soli.


Nel 2012 le cose non andranno meglio, si stima un aumento della spesa fino al 5% per l’abitazione e i consumi energetici¸ ne pagheranno le conseguenze soprattutto gli anziani soli che si troveranno costretti a tagliare su altri capitoli di spesa come il tempo libero, l’abbigliamento e l’alimentazione.

A questo proposito va ricordato che da gennaio 2012 le tariffe di luce e gas sono aumentate rispettivamente, del 4,8% e del 2,7%, con un maggiore spesa annua di oltre 53 euro (stime Nomisma Energia) mediamente per ciascun nucleo familiare.

Il disagio economico e l’aiuto alle generazioni giovani. Il forte incremento delle vendite della nuda proprietà

In base alle rilevazioni statistiche di immobiliare.it nel 2011 il numero delle offerte di vendita della nuda proprietà è cresciuto di quasi il 13%. Da notare anche che negli ultimi mesi il prezzo di partenza, negli annunci di questi immobili, è sceso mediamente del 6-7%, a conferma che l’offerta ha superato la domanda. Dalle interviste a campione che ha effettuato Immobiliare.it tra i venditori-inserzionisti è emerso che si tratta sempre di persone over 60, ma molti sono gli ultraottantenni. «Dietro questa scelta – commentano i responsabili di Immobiliare.it – c'è l'esigenza di liquidità, che spesso serve ad aiutare i figli a comprare a loro volta casa». Il grande vantaggio per chi compra la nuda proprietà è infatti il prezzo: dal 5% fino a oltre il 40% più basso rispetto alla quotazione di mercato della piena proprietà. Un prezzo che va calcolato in base a una perizia sull'immobile, a cui vengono applicati specifici coefficienti fissati dall'Agenzia delle Entrate, dove lo "sconto" è inversamente proporzionale all'età di chi vende. Secondo l'Agenzia del Territorio, nelle vendite della nuda proprietà c'è una quota significativa di atti tra familiari. La recente manovra “Monti”, inoltre, ha reso di fatto meno conveniente vendere la nuda proprietà dell’immobile. A partire dal 1° gennaio 2012, infatti, la misura del tasso d’interesse legale è aumentata dall’1,5 al 2,5% annuo e conseguentemente il ministero dell’Economia e delle Finanze, ha modificato la tabella per il calcolo del valore dell’usufrutto, basato, appunto, sul tasso d’interesse (D.M. 22/12/2011). I nuovi coefficienti, hanno aumentato quindi il valore dell’usufrutto e, di conseguenza, diminuito il valore della nuda proprietà. Ciò vuol dire quindi che, a parità di condizioni e di età dell’anziano, vendere una nuda proprietà nel 2012, sarà per lui maggiormente svantaggioso rispetto all’anno passato.

Redditi degli anziani: non si naviga nell’oro

in base alle statistiche ISTAT nel 2010 le famiglie italiane composte di soli anziani sono il 28,06% del totale, erano il 27% nel 2007. E i pensionati poveri risultano essere 2,3 milioni, una cifra destinata a crescere. L’ISTAT ricorda anche che le pensioni fino a 915,52 euro (cioè la soglia che nella prima versione del disegno di legge sulla manovra Monti è stata esentata dal blocco delle indicizzazioni) rappresentano in media il 27,3% del reddito totale delle famiglie con pensionati.

Nel 2011, in base ai dati INPS, su un totale di 5.269.493 pensioni di vecchiaia (il dato si riferisce al numero delle prestazioni), circa il 52% ha un importo inferiore ai 500 euro mensili e ben il 78% non supera i 750 euro. Relativamente invece alle pensioni di anzianità, più del 30% delle prestazioni non supera la soglia dei 900 euro.

Da sottolineare le forti differenze di genere: relativamente alle pensioni di anzianità e di vecchiaia, gli importi medi mensili delle pensioni percepite dalle donne risultano, mediamente a livello nazionale, inferiori di quasi 600 euro rispetto a quelle degli uomini.

Gli anziani e la povertà

La stima dell’incidenza di povertà relativa tra gli anziani fornita dall’Istat, mostra una sostanziale condizione di stasi nell’ultimo triennio 2008/2010, con circa il 13% degli anziani che vivono in Italia in condizioni di povertà. Segnali di peggioramento si osservano, invece, tra gli ultra65enni residenti al Nord, dove l’indice, sebbene rimanga il più basso tra le ripartizioni geografiche, sale dal 6,4 al 7%. Di contro nelle regioni del centro Italia l’indice mostra una flessione di quasi 1 punto percentuale tra il 2009 ed il 2010, portando di fatto Nord e Centro sullo stesso piano per ciò che concerne la povertà

relativa tra gli anziani. Forte invece la disparità geografica con il Mezzogiorno dove oltre il 26% degli anziani vive, secondo i dati Istat riferiti al 2010, in condizioni di povertà relativa.

Nel 2010, in Italia, il 5,5% degli anziani risultano in condizione di povertà assoluta, circa lo 0,2% in più rispetto al 2009.

L’incidenza di povertà assoluta tra gli anziani è in aumento, nel biennio 2009/2010, nelle regioni del Nord (+0,5%), confermando i risultati evidenziati per la povertà relativa, ed in quelle del Centro (+0,5%) mentre, di contro, risulta in flessione nel Mezzogiorno (-0,5%).

Si conferma comunque lo svantaggio delle regioni del Sud (7,2% degli anziani vive in condizioni di povertà assoluta) e del Nord (5,1%) rispetto quelle del Centro Italia (3,7%).

Oltre agli indicatori relativi alla povertà relativa ed assoluta, di notevole interesse è l'indice di “deprivazione materiale” (non riuscire a sostenere spese impreviste; avere arretrati nei pagamenti come mutuo, affitto, bollette, debiti vari; non potersi permettere in un anno una settimana di ferie lontano da casa, un pasto adeguato almeno ogni due giorni, il riscaldamento adeguato dell’abitazione, l’acquisto di una lavatrice, di una televisione a colori, di un telefono o di un’automobile).
Dal rapporto Istat 2011 emerge che la deprivazione delle famiglie residenti in Italia non varia significativamente tra il 2009 e il 2010. Il 15,7% delle famiglie (era il 15,2% nel 2009) presenta tre o più sintomi di deprivazione, mentre si trovano in grave deprivazione il 7,1 per cento delle famiglie residenti (6,8% nel 2009).Pertanto circa il 45 per cento delle famiglie in condizioni di deprivazione lo è in forma grave. E sono i nonni ad aver svolto all’interno delle reti famigliari il ruolo di “ammortizzatori sociali informali”. Tutto questo è indicativo del ruolo dei pensionati all'interno di un sistema in cui le strutture famigliari sono ancora rilevanti per il mantenimento delle giovani generazioni.

La crisi percepita dagli anziani.

Sono gli anziani a risentire di più gli effetti della crisi anche a livello di percezione. La conferma arriva dal Rapporto Italia 2012 dell'Eurispes. Infatti, nel 2011 l'81,5% degli anziani indica un deterioramento della propria condizione economica rispetto al 74,8% dell’anno precedente.

Gli anziani mangiano poco e male.

Più di 400 calorie giornaliere mancano all'appello e aumenta il rischio di ricovero. Le cause? In primo luogo la crisi economica. Questi i risultati principali dell’indagine sul rapporto tra cibo e anziani realizzata nel 2011 dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Padova. Dal vasto studio denominato “Nutrage” emerge chiaramente che gli over 65 italiani mangiano troppo poco e soprattutto male. Un dato impressionante se si pensa che la malnutrizione può aumentare del 25% la possibilità di ricovero in ospedale.

Secondo i ricercatori la ragione principale della malnutrizione negli anziani del nostro paese è di tipo economico. La crisi, che ha colpito maggiormente la fascia di popolazione più debole come quella degli over 65, ha fatto calare notevolmente i consumi alimentari. Secondo un'indagine promossa dal Ministero della Salute, inoltre, quasi il 70% degli anziani fa fatica ad arrivare alla fine del mese. In particolare carne e pesce mancano all'appello dei consumi alimentari6.

Gli effetti delle manovre correttive, un peso di 3002 euro all’anno

Gli anziani sarebbero doppiamente colpiti dalle manovre correttive. Da un lato, infatti, stanno contribuendo quali ammortizzatori sociali d'emergenza al reddito delle generazioni più giovani grazie alla sostanziale stabilità degli introiti che percepiscono. Dall'altro, tuttavia, sono visti dalle recenti manovre governative messe in atto per far fronte alla crisi strutturale del Paese come “soggetti privilegiati” sui quali poter applicare riduzioni della spesa pubblica.

Prendendo come unità di misura la famiglia e come limite temporale il presente – e quindi la manovra del Governo Monti cosiddetta Salva Italia –una volta che la manovra sarà a regime, le ricadute saranno pari a 887 euro annui a famiglia, ai quali bisogna aggiungere la cifra già prodotta dalle precedenti manovre, che porterebbe il totale a 3.002 euro annui a famiglia.

Taglio Enti Locali 163 euro/anno
Aumenti IVA (da 9/2012) 270 euro/anno
Aumenti IMU 1° casa 360 euro/anno
Accise benzina 120 euro/anno
Bollo deposito fino a 50000 euro 47 euro/anno
Addizionale Regionale 0,3% 90 euro/anno
Totale manovra governo Monti 887 euro/anno
Totale manovre governo Berlusconi 2031 euro/anno
Aumenti principali tributi enti locali per il 2012
(Add. Irpef, Imu) 84 euro/anno
Totale generale 3.002 euro/anno

A tutto ciò occorre aggiungere la nuova stangata che pesa sulle famiglie italiane: da gennaio le tariffe di luce e gas sono aumentate rispettivamente del 4,8% e del 2,7% con una maggiore spesa annua di oltre 53 euro. Per quanto riguarda la rivalutazione delle pensioni, ci sarà il mancato adeguamento di indicizzazione delle pensioni superiori a 1402 euro, che rappresentano il 22% delle prestazioni previdenziali erogate.

Un secondo fattore impattante il mondo delle pensioni di vecchiaia è l'accelerazione data all'aumento dell'età pensionabile, e soprattutto dell'agganciamento di quella femminile con quella maschile. Si tratta di un fenomeno in atto da molto tempo, che tuttavia con le ultime manovre ha ripreso slancio.

Questa tendenza, messa in atto, oltre che per diminuire la spesa, anche per rispondere alla istanze europee che da anni chiedono al nostro paese un adeguamento tra i sessi in materia di età pensionabile, rischia di portare con sé un aumento delle diseguaglianze tra i due sessi. Le donne infatti, sono già enormemente penalizzate all'interno del mercato del lavoro, con salari mediamente inferiori, con un tasso di occupazione inferiore e con prospettive di carriera inferiori. Agganciare la loro età pensionabile

a quella degli uomini, quindi, anziché un atto di uguaglianza tra i generi, rischia di divenire un ulteriore fattore discriminante.

La nuova tassa sulla casa. Penalizzati gli anziani soli

l'Imu, Imposta Municipale Unica, è molto simile alla vecchia Ici, ma dalla quale si discosta per alcune caratteristiche che la rendono più equa, soprattutto nei confronti delle famiglie con figli, ma anche più iniqua, nei confronti, ad esempio, delle persone anziane. L'Imu, come l'Ici, si basa sull'applicazione di un'aliquota alla rendita catastale della casa. L'aliquota è del 4 per mille, uguale per tutti, perciò simile a quella Ici per la prima casa. Ma la rendita da usare per il calcolo va aumentata parecchio, rispetto a prima, perché va "rivalutata" del 60 per cento. Poi c'è la detrazione di 200 euro per la prima casa, valida per tutti. Perciò l'Imu è più leggera dell'Ici, per la casa di abitazione, e più pesante per le seconde case. Un ulteriore sconto per le famiglie

con figli, di 50 euro a figlio, fino ad un massimo di 200 euro, rende possibile arrivare, in molti casi, a non dover pagare nulla. Chi ci rimette sono le persone anziane che vivono sole, perché non possono usufruire della detrazione per i figli e molto spesso abitano in case più grandi, rispetto alle proprie esigenze, quelle che abitavano quando i figli ancora non se n'erano andati.

Da questo scenario emerge la necessità di una maggiore tutela della popolazione anziana, che si trova sempre più costretta a ricorrere a forme di aiuto informale, non potendo beneficiare di adeguate politiche pubbliche. Tuttavia, anche nell'ambito del care giving informale, come sottolineato dal Rapporto Istat 2011, assistiamo ad una notevole diminuzione delle famiglie, soprattutto anziane, che beneficiano dell'aiuto di tali reti (dal 28,9% del 1983 al 16,7% nel 2009)8. Il rapporto mette in evidenza la diminuzione delle reti di aiuto informali dovuto probabilmente alle trasformazioni occorse nelle strutture famigliari, portando l'attenzione quindi sull'aumento di richieste di aiuto ad enti pubblici e privati. Tutto questo può facilmente portare alla conclusione che diminuire le fonti di reddito principali degli anziani, le pensioni, tagliando anche risorse alle strutture pubbliche di sostegno alle forme di disagio, potrebbe portare a molti anziani un peggioramento della qualità di vita.

LA CONDIZIONE SOCIALE DEGLI ANZIANI

La fonti di reddito, il lavoro

Il 62% dei redditi delle popolazioni over 65 provengono da trasferimenti, ovvero in larga parte da pensione. I redditi da lavoro non arrivano al 10%. In Italia ci sono circa 380.000 anziani occupati o in cerca di occupazione, pari al 3,2% della popolazione anziana.

La regione con il più alto tasso di occupazione degli over 65 maschile è il Trentino Alto Adige, seguito da Lazio e Valle d’Aosta, con agli ultimi posti Basilicata, Calabria e Sicilia. Per quanto riguarda quello femminile, invece, il tasso più alto è in Valle d’Aosta, Trentino ed Emilia Romagna, mentre in fondo alla classifica troviamo Molise, Campania e Puglia.

La scolarizzazione

Su 12 milioni di over 65, oltre il 65% ha solo la licenza elementare (58% tra gli uomini e 73% delle donne), mentre i laureati sono il 5% (7% degli uomini e solo il 3% delle donne).

Le pensioni

Il principale elemento attraverso il quale osservare la situazione economica degli anziani rimane quello delle pensioni. Dall’importo percepito dagli anziani è possibile capire l’andamento del reddito di questa crescente quota di popolazione. L’importo medio più alto lo si trova in Lombardia (914 euro), seguita dal Piemonte (862 euro). Agli ultimi posti il Molise con 487 euro e la Calabria (516 euro). Il divario maggiore riguarda le pensioni di vecchiaia e di invalidità, mentre per gli assegni sociali e le invalidità civili il divario è minimo.

Una donna del sud percepisce mediamente 477 euro contro i 1183 di un uomo al nord. Al crescere dell’età l’importo medio della pensione di vecchiaia diminuisce notevolmente, passando da 1072 della fascia 65-69 ai 729 degli over 80.


Ancora una volta è possibile affermare che la componente femminile sia quella più debole a livello di trattamento pensionistico, con importi medi mensili che per molte categorie non arrivano nemmeno alla metà dell'equivalente maschile. La seconda categoria debole è quella più anziana, i cosiddetti grandi vecchi, che nonostante condizioni di salute mediamente peggiori di quelle dei pensionati più giovani, percepiscono importi decisamente inferiori.

Le donne pensionate sono il 45% del totale, si arriva all’88% per quelle di reversibilità. Le donne sono in numero superiore anche per quanto riguarda gli assegni sociali, elemento che fa riemergere la tendenziale fragilità della componente femminile a livello di necessità di accesso ai servizi per integrare il reddito da pensione.

La pensione di vecchiaia è quella più erogata, con oltre 9 milioni di pensioni.

I consumi

Le statistiche ISTAT mostrano come negli ultimi 8 anni (2003 – 2010) la spesa media

mensile di un anziano solo cresca esclusivamente per l’abitazione e l’energia (+2,9%) e dei trasporti (+0,7%). Al contrario, nel stesso periodo, l’anziano che vive solo ha ridotto soprattutto le spese per l’alimentazione (-1,7%), l’abbigliamento e le calzature (-0,8%), oltre a quelle per l’arredamento (-0,8%) e quelle relative ai servizi sanitari (-0,6%).

Soprattutto quest’ultimo capitolo di spesa denota un peggioramento abbastanza grave della situazione dell’anziano che si vede costretto a ridurre una tipologia di consumi considerata fondamentale.
Nel complesso, quindi, il fatto che tra il 2003 e il 2010 la spesa media mensile sia cresciuta di circa 284 euro non è affatto un buon segno, dato che l’aumento proviene esclusivamente da spese legate all’abitazione e ai trasporti.

Anche per quanto riguarda una coppia senza figli con capofamiglia ultra65enne, solo una voce di spesa risulta in aumento (sempre nel 2003/2010): quella destinata all’abitazione ed energia (+3,9%).

In calo risultano essere invece tutte le altre voci di spesa, anche se in modo più ridotto rispetto alla categoria degli anziani over 65 soli.

La povertà

Gli anziani sono i più colpiti da fenomeni di povertà sia relativa che assoluta, in tutta Italia con una incidenza maggiore nel Mezzogiorno, insieme alle persone di fascia d’età tra i 35 e i 44 anni che hanno visto aumentare fenomeni quali disoccupazione e cassa integrazione a seguito della crisi.

Siamo il paese più vecchio d’Europa. Il record della Liguria

L’Italia è il paese più “vecchio” del continente europeo. Detiene infatti la percentuale più alta di ultra ottantenni (6% della popolazione nel 2011) è al secondo posto dietro alla Germania per quanto riguarda la percentuale di ultra sessantacinquenni (con 20,3% contro il 20,6% della Germania). Il Fenomeno del progressivo invecchiamento della popolazione non riguarderà però solo l’Italia. L’Europa dovrà preoccuparsi nel corso dei prossimi decenni di una percentuale di over 65 sempre maggiore in alcuni casi anche superiore al 35% della popolazione totale. Ciò comporterà una serie di cambiamenti, in primo luogo a livello pensionistico, ma anche per quanto concerne la tipologia di servizi alla persona, di gestione del tempo libero, di domanda e offerta di servizi.

La Liguria è la regione che presenta la percentuale più bassa di popolazione da 0 a 14 anni con il record di popolazione over 65 (26,7%). La media nazionale è di 14% e 20,3%. Altre regioni particolarmente “vecchie” sono la Toscana e il Friuli Venezia Giulia, mentre la situazione è ribaltata in Campania e Sicilia dove la popolazione 0-14 supera di gran lunga la media nazionale, con la componente over 65 a livelli minimi (rispettivamente 16,1 e 18,5%).

Tra il 1980 e il 2008 la speranza di vita alla nascita è cresciuta di oltre 8 anni Oggi si attesta a 78,8 anni per gli uomini a 84,1 per le donne e continuerà a crescere nei prossimi 40 anni, arrivando a quasi 90 anni per le donne e 84 per gli uomini.

Gli anziani e l’attività fisica

L’attività fisica e lo sport diminuiscono con l’avanzare dell’età. Netta anche la differenza fra uomini e donne con queste ultime che hanno un livello di attività fisica decisamente inferiore rispetto agli uomini in tutte le fasce d’età. Nel 2010 gli uomini nella fascia d’età 65-74 che praticano attività fisica sono il 18% contro il 12,7% delle donne. Per gli over 75 si scende al 7,6% per gli uomini e al 4,1% per le donne.

Tra il 2001 e il 2010, la percentuale di anziani tra 65 e 74 anni che dichiara di svolgere attività fisica in modo continuativo è passata dal 4,4% al 9,8%, con un aumento di 5,4 punti percentuali. Spostandoci sulla fascia d'età superiore, notiamo come gli over75 che svolgono attività fisica in modo continuativo siano passati da 1,4% a 3,5%, con un aumento del 2,1%.

La partecipazione ai temi della politica

Gli uomini tra i 65 e i 74 anni si informano e partecipano ai fatti della politica molto di più delle donne delle stessa età e degli uomini più anziani. Tra il 2001 e il 2010, il differenziale tra uomini e donne è leggermente diminuito, segno di un maggiore interesse da parte delle donne anziane per i fatti della politica, aspetto decisamente positivo in quanto va a tentare di scardinare uno stereotipo culturale che vede nel maschio adulto l'individuo che deve occuparsi della cosa pubblica, anche solo a livello di informarsi. Se nel 2001 gli uomini di età compresa fra i 65 ei 74 anni che partecipavano ai temi della politica erano il 46,9% e le donne il 25,6%, nel 2010 le donne sono arrivate al 35,8%.

Gli anziani, il computer e Internet: una passione in crescita

Un altro indicatore individuato è quello relativo al consumo di tecnologia declinato attraverso l'utilizzo di computer e internet da parte degli anziani. Si tratta di dati particolarmente interessanti in quanto l'utilizzo di queste tecnologie da parte degli anziani può permettere una maggiore inclusione sociale, maggiore capacità di informarsi e migliori condizioni di vita.

Tra il 2001 e il 2010, sono aumentati gli anziani che utilizzano il computer, con un incremento di circa 10 punti percentuali per la fascia 65-74, ma di soli 2 punti per gli over-75, contro un +14% della popolazione totale. Anche in questo caso gli uomini utilizzano molto di più il computer rispetto alle donne. Se nel 2002 gli anziani fra i 65 e i 74 anni che utilizzano il computer erano il 3,7%, si è giunti al 2010 con il 13,7%. Per quanto riguarda l'utilizzo di internet è possibile individuare un trend molto simile a quello relativo all'utilizzo del computer, segnale che oramai siamo arrivati a sovrapporre le due tecnologie a livello di frequenza di utilizzo.

La salute

si sono scelte tre categorie di malattie tipicamente legate alle persone anziane: il diabete, le malattie cardiovascolari e l'osteoporosi. A questo si è aggiunto il dato sulla quantità di fumatori afferenti la popolazione anziana, per riuscire a dare un'occhiata anche ai comportamenti potenzialmente dannosi. Infine, cambiando prospettiva, ci si è spostati sulla percezione del proprio stato di salute da parte della popolazione anziana, a cui sono stati accostati i dati sul consumo di farmaci e la relativa evoluzione nel tempo. Il diabete colpisce più frequentemente le donne degli uomini, e tende ad aumentare notevolmente nella fascia degli over 75, in cui circa il 20% della popolazione ne è affetta, contro il 12-13% della fascia d'età inferiore. Le malattie cardiache, invece, colpiscono più frequentemente gli uomini, soprattutto i più anziani, che scontano una percentuale del 18% di tali malattie. Una terza malattia legata tipicamente alla condizione anziana è l'osteoporosi, che nel 2010 colpiva quasi il 32% degli over-75 e quasi il 20% della fascia 65-74. Netta tuttavia la disparità tra maschi e femmine, con percentuali tra le donne over-75 che superano il 45% e il 31% tra le 65-74.

Il fumo

Particolarmente interessante è notare che nel corso degli ultimi 15 anni, a fronte di una diminuzione del numero totale dei fumatori (-2,5%, di cui -4,7% tra i maschi e -0,3% tra le femmine), per alcune delle fasce d'età considerate il dato sia aumentato: ci riferiamo alle donne over-75 e soprattutto 65-74enni, che hanno registrato un aumento del numero di fumatrici (rispettivamente +0,5% e +2,9%). Sarebbe quindi interessante cercare di capire le motivazioni che hanno portato le donne delle classi d'età considerate ad aumentare la propensione al fumo, a fronte di una tendenziale diminuzione del fenomeno. Da tenere presente, ad ogni modo, che l'aumento delle donne fumatrici parte da un dato fondamentale, e cioè che queste erano, nel 1995 circa un terzo degli uomini, e quindi siamo semplicemente di fronte ad un riequilibrarsi della situazione tra i due sessi.

Tra il 2009 e il 2010, si assista ad un aumento di oltre un punto percentuale di anziani che si dichiarano in buona salute (per la fascia 65-74 si passa da 36,9% a 38,8, per quella over-75 da 20,9 a 22,2), indice di un miglioramento, perlomeno nella percezione della propria salute. Ciò è evidente anche dalla diminuzione degli anziani che dichiarano di stare molto male (rispettivamente 2,3% e 4,8% nel 2009, 1,8% e 4,6% nel 2010).

Il consumo di farmaci

Un ultimo fattore rilevante per tracciare lo stato di salute degli anziani è l'assunzione di farmaci. Dal 1995 al 2010 si può notare un forte aumento nel consumo, sia per gli over-75, dei quali nel 1995 assumeva farmaci il 77,2%, nel 2010 l'86%, sia per la fascia 64-75, passata dal 62,1 al 73%, contro un aumento della media della popolazione del 7,5%.

Sono le donne le maggiori consumatrici di farmaci, ma ciò non risulta essere una peculiarità degli anziani, bensì una linea di tendenza comune a tutta la popolazione.

In definitiva è possibile vedere come ci sia una netta cesura tra le due classi d'età di anziani considerati, a livello di tutti gli indicatori proposti, segnale che è errato considerare gli anziani come un insieme omogeneo. Gli over-75, infatti, necessitano di un maggior quantitativo di farmaci, e vedono l'insorgenza di un numero maggiore di malattie, quindi hanno dei bisogni diversi rispetto al resto della popolazione anziana, e devono ricevere delle politiche pubbliche e delle iniziative sociosanitarie di diversa natura.

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