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Centenario PCI Dalla rivoluzione alla democrazia di Piero Fassino

Piero Fassino, 71 anni, deputato, ex ministro e sindaco, ultimo segretario dei Ds, ripercorre quella storia in un libro, «Dalla rivoluzione alla democrazia» (Donzelli), che esce in occasione dei cento anni dalla nascita del Partito comunista.

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Centenario PCI Dalla rivoluzione alla democrazia di Piero Fassino Centenario PCI Dalla rivoluzione alla democrazia di Piero Fassino

Centenario PCI Dalla rivoluzione alla democrazia di Piero Fassino

Piero Fassino, 71 anni, deputato, ex ministro e sindaco, ultimo segretario dei Ds, ripercorre quella storia in un libro, «Dalla rivoluzione alla democrazia» (Donzelli), che esce in occasione dei cento anni dalla nascita del Partito comunista.

Iniziamo dalla fine. Quando ha smesso di dirsi comunista?

«Ho smesso dopo il 1991, quando il Pci è arrivato al termine del suo percorso di partito: era nato per  fare la rivoluzione, dopo la rottura con i socialisti nel 1921 a Livorno, ma poi è divenuto in settant'anni di vita uno dei fondamentali costruttori della democrazia italiana».

Lo rimpiange?

«No, nessun rimpianto. Il mio essere comunista è sempre stato coniugato con una cultura riformista e  l'approdo nella famiglia socialista europea è stato per me naturale».

Fassino, lei è stato nell'ultima segreteria nazionale del Pci. La svolta della Bolognina l'ha  vissuta in prima persona, da testimone.

«Si, quella è stata la conclusione di un lungo percorso, né semplice né lineare, di progressiva  assunzione di una cultura democratica. Via via il Pci si era allontanato dal mondo comunista fino allo  strappo di Berlinguer. E se eravamo lontani, non eravamo però estranei a quel mondo. E nel momento  in cui quel mondo finiva, era inevitabile prendere atto che finiva anche la nostra storia».

È vero che di quell'annuncio si è venuto a sapere dai giornali senza che il partito ne fosse  avvertito?

«Tutto il gruppo dirigente era consapevole di trovarsi alla vigilia di decisioni importanti. Che Occhetto  lo avrebbe annunciato proprio quella mattina però lo sapevano soltanto due persone».

Chi?

«Claudio Petruccioli e io».

Vi era stato anticipato?

«Ce lo aspettavamo. Occhetto il sabato si trovava a Mantova per visitare la mostra di Giulio Romano a

Palazzo Te. Poi domenica sarebbe andato a Bologna, per la celebrazione partigiana della Bolognina, e

da lì avrebbe fatto l'annuncio. Io ero a Savona per una riunione politica, mi chiamò Claudio e mi disse:

"È andata, ha parlato"».

Fonte : intervista di Piero Fassino  di Gabriele Guccione ( Corriere edizione Torino) del  20 gennaio 2021

(vedi in allegato intervista completa)

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