Giovedì, 18 aprile 2024 - ore 18.43

Cgil L’Ape Social diventa per pochissimi

Il governo cambia le carte in tavola e introduce il requisito di 36 anni di contributi per chi rientra nella categoria dei lavori gravosi. Marongiu (Cgil): "Così di fatto si esclude gran parte dei possibili beneficiari, soprattutto al Sud"

| Scritto da Redazione
Cgil L’Ape Social diventa per pochissimi

“Il Governo ha scelto di escludere una larga fetta di lavoratori che sulla carta avrebbero diritti all’Ape agevolata, ma che imponendo 36 anni di contributi saranno di fatto esclusi dalla possibilità di accedere al beneficio”. È duro il giudizio di Nicola Marongiu, responsabile di welfare e contrattazione sociale per la Cgil nazionale, dopo il confronto odierno con il governo sulla riforma della previdenza.

“Abbiamo avuto conferme su diverse materie, anche se aspettiamo i testi definitivi – spiega Marongiu ai microfoni di Radioarticolo1 - ma sull’Ape agevolata è evidente che il governo ha cambiato posizione, decidendo di introdurre limiti e criteri legati agli anni di contributi che non ci vedono per niente d’accordo”.

La novità è che per accedere all’Ape “social” e andare in pensione a 63 anni senza pagare la rata del prestito pensionistico bisognerà aver maturato 36 anni di contributi (30 per i disoccupati e i disabili), anziché i 20 normalmente richiesti per la pensione di vecchiaia. “Così – sottolinea ancora Marongiu - si rischia che in alcune regioni del paese, soprattutto nel mezzogiorno, e per alcune categorie produttive caratterizzate da lavoro discontinuo (pensiamo agli edili, ndr) l’accesso all’agevolazione divenga quasi impossibile, nonostante si tratti di categorie considerate gravose”. Secondo stime del governo, riportate al tavolo, con questi criteri sarebbero appena 25.000 i lavoratori potenzialmente interessati.

In pratica, secondo il responsabile welfare della Cgil, il governo introduce un requisito “molto selettivo” che “sicuramente avrà un riscontro negativo rispetto ai soggetti che potranno effettivamente accedere al beneficio”. Al contempo, aggiunge Marongiu, “l’esecutivo finanzia gli interessi sull’ape volontaria e i costi dell’assicurazione e quindi non vorremmo trovarci davanti ad uno spostamento di risorse”.

Infine, il responsabile Cgil si dice perplesso anche di fronte alle motivazioni addotte per lo slittamento dell’avvio dell’Ape (al primo maggio 2017): “Secondo me, oltre a ragioni tecniche, c’è anche un punto legato alle coperture per l’anno 2016, perché partendo da maggio si riduce di almeno quattro dodicesimi l’entità dell’impegno di natura finanziaria per il prossimo anno”.

Fonte : rassegna sindacale 

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