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CORONAVIRUS - ITALIA - PRIMA ERA DA SEGUIRE ORA NO - ECCO COME CI GUARDANO ALL'ESTERO

grandi testate internazionali avevano elogiato il nostro Paese in occasione del primo lockdown. Ma di fronte al nuovo picco di vittime, ora...non più

| Scritto da Redazione
CORONAVIRUS - ITALIA - PRIMA ERA DA SEGUIRE ORA NO - ECCO COME CI GUARDANO ALL'ESTERO

Lo scorso 23 luglio, l’economista statunitense Paul Krugman si interrogava sulle scelte dell’amministrazione Trump nell’affrontare l’emergenza sanitaria da Covid-19. E, dalle colonne del New York Times, rivolgeva ai lettori americani un disilluso: «Come può l’America aver fatto peggio dell’Italia?» , impastato di facili stereotipi nazionali, ma – dati alla mano - sostanzialmente vero.



Adesso, di fronte a una nuova ondata di italiani in preda al panic buying – non da Natale, ma da secondo lockdown – e a una curva che il governo sta cercando di abbassare, viene da chiedersi: “Come può l’Italia aver fatto peggio di qualche mese fa?”. È la domanda cui anche i giornali esteri tentano di trovare risposte.



Sin dall’inizio della pandemia da Covid-19 l’Italia, con la sua altalenante sorte da modello a disastro, si è ritrovata al centro dell’attenzione, guardata da tutti come si guarda quel vicino cui è toccata una sventura improbabile.



Quando, durante il primo lockdown, governo e istituti sanitari sono stati chiamati a risolvere senza aiuti un’emergenza sconosciuta, le testate estere non hanno contenuto un’ammirazione – persino incredula – verso la loro capacità di reagire a un primo impatto devastante.



«Italy, Pandemic’s New Epicenter, Has Lessons for the World» titolavano Jason Horowitz, Emma Bubola and Elisabetta Povoledo sul New York Times ; descrivendo le severe misure adottate dal Paese per contenere la circolazione del virus, invitavano Europa e USA a interpretare l’esempio italiano come un monito e a fare lo stesso. Era solo il 21 marzo e, nonostante le iniziali polemiche di chi vedeva nel lockdown un allarmismo inutile e rallentava le decisioni, lo stato italiano dimostrava di prendere sul serio la questione.



Il corrispondente da Roma per il quotidiano newyorkese, a luglio – quindi in tempi ben più maturi per fare i primi bilanci –, rilevava l’efficacia di restrizioni, blocchi e ferrea vigilanza messi in atto in Italia; a conferma, riportava i dati del confronto tra gli ospedali lombardi quasi privi di pazienti Covid e i vicini tedeschi o i meno vicini britannici in cui si registrava una nuova impennata dei casio . A fine settembre, dal Financial Times sono arrivati encomi non soltanto per la classe politica e il personale medico-sanitario italiano, ma anche per gli stessi cittadini, i quali – secondo un sondaggio dell’Imperial College London – erano di gran lunga più disposti degli inglesi ad indossare la mascherina e a rispettare le misure restrittive; «la dura lezione dell’Italia insegna a tenere a bada la seconda ondata», si leggeva sul quotidiano britannico, sopra l'immagine in evidenza di una mascherina tricolore . E a chi dal Regno Unito giustificava con l’amore per la libertà la propria inadeguatezza nel far fronte all’emergenza, Mattarella rispondeva che gli Italiani amano in egual misura la serietà.



I test rapidi introdotti in aeroporti, stazioni ferroviarie e porti, la collaborazione della popolazione e l’encomiabile lavoro dei comitati scientifici e tecnici hanno fatto dell’Italia della prima fase di pandemia un modello, seppur imperfetto, per il mondo intero.



Ma mentre in Europa e oltreoceano studiavano nel dettaglio i passaggi della formula con cui gli italiani avevano « strappato la salute dalle fauci della morte», in Italia gli esperti sanitari mettevano in guardia dall’eccessivo autocompiacimento, che avrebbe potuto drammaticamente ribaltare la situazione. Una profezia che non ha tardato ad avverarsi.



Ora che l’economia e l’ordine sociale sono travolti da una seconda ondata più energica della prima, l’intesa vincente tra le forze politiche nazionali ha rivelato la sua precarietà e il Covid è tornato ad essere un fatto politico, il New York Times sceglie di raccontare cosa non ha funzionato; tra tutte, il programma di privatizzazione del sistema sanitario lombardo, che si rivela « intessuto di corruzione» .



Ora che governo, sindaci, governatori hanno come unica risposta la confusione e – da modello che erano – cercano modelli da seguire, i titoli che la stampa estera riserva all’Italia tradiscono scetticismo verso la sua preparazione alla gestione della nuova emergenza e all’arrivo imminente di un vaccino) .



Allo stesso modo, a inizio novembre, altre testate statunitensi sono passate dall’enumerare i meriti del modello anti-Covid italiano ad analizzare « How the coronavirus surprised Italy again », come scrive il Washington Post. Come? La fretta di tornare alla normalità e la necessità di rilanciare l’economia hanno condannato gli italiani che, tra l’orgoglio nazionale e la pietà per gli Americani, «hanno giocato male la loro seconda chance», si legge nell’articolo di Chico Harlan. Nel dibattito interviene anche Le Figaro, che ritiene le restrizioni locali troppo miti, nonché causa del collasso degli ospedali italiani .



Dal Regno Unito, il The Guardian descrive un’Italia molto diversa da quella a cui, a luglio, riconosceva diligenza, competenza e prudenza ; nelle ultime settimane, racconta del numero preoccupante di infezioni e decessi, delle ambulanze in coda davanti alle unità di emergenza, del mancato accordo tra Ordine dei Medici e forze politiche in merito a un nuovo totale blocco nazionale e del caos . Racconta un’Italia che ha dimenticato tutto, o forse non ha mai imparato per davvero.

 

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