Sabato, 05 ottobre 2024 - ore 12.44

LETTERA APERTA DI LAVORATRICI E LAVORATORI PER L’ALTERNATIVA

viviamo con grande sofferenza e preoccupazione il dramma del ritorno della guerra in Europa

| Scritto da Redazione
LETTERA APERTA DI LAVORATRICI E LAVORATORI PER L’ALTERNATIVA

Siamo lavoratrici e lavoratori di questo paese; viviamo con grande

sofferenza e preoccupazione il dramma del ritorno della guerra in

Europa

in conseguenza della criminale aggressione di Putin; contrastiamo

l’idea che la pace si costruisca con la guerra e sosteniamo con forza

un’immediata ripresa dei negoziati, unica via per fermare la criminale

escalation in atto, foriera di morte e distruzione ai danni del popolo

ucraino e di rischi di allargamento mondiale e nucleare del conflitto;

Per questo consideriamo irresponsabile il pronunciamento di Draghi sul

fatto che ora non è il tempo delle trattative e condanniamo l’invio

delle armi voluto dal governo che, in piena violazione della

costituzione, affida alla guerra "la risoluzione delle controversie

internazionali"; per fermare la guerra occorre trattare, trovare un

compromesso e smetterla con l’allargamento della Nato sempre più a

est che è allorigine della destabilizzazione dellarea.



  Da anni subiamo una micidiale offensiva tesa a sminuire il valore e il

ruolo sociale del lavoro, una riscrittura sostanziale della

costituzione

materiale del Paese e l’affermazione del capitale e dell’impresa

come elementi fondanti di una società senza socialità; da anni subiamo

il rovesciamento nel suo contrario della Costituzione della Repubblica

fondata sul lavoro, uno sradicamento dalle fondamenta della casa

comune.



  L’attacco si è sviluppato a più livelli a partire dall’inganno

culturale, dalla costruzione di un immaginario fasullo e fuorviante

accompagnato dalla frammentazione e disarticolazione dell’apparato

produttivo con la suggestione del “piccolo è bello” come via per

minare la forza oggettiva della classe nell’indifferenza per il

declino produttivo del paese.

  La teorizzazione della “fine” del lavoro, considerato un residuo

delle vecchie economie novecentesche, ha accompagnato l’attacco al

potere contrattuale dei lavoratori e la progressiva riduzione della

quota di ricchezza nazionale da destinare a salari, stipendi e

pensioni.



  L’armamentario ideologico neoliberista, fondato sulla glorificazione

delle magnifiche sorti e progressive della globalizzazione, sul mito

della flessibilità e della competitività a tutti i livelli, del

primato del privato e del mercato contro l’inefficienza del pubblico,

ha sfondato nel senso comune, anche grazie alla menzogna della scarsità

di risorse, e consentito l’attacco congiunto di governi asserviti e

padronato, contrastato con la necessaria determinazione non da tutte 

le organizzazioni sindacali.



 

Il risultato è stato l’impoverimento del pubblico e la

svalorizzazione economica e sociale dei dipendenti, un’estensione

della disoccupazione ormai strutturale, una diffusione estrema delle

più svariate forme di precarietà, soprattutto a scapito di donne e

giovani, donne costrette al part time involontario e all’aumento del

lavoro di cura, salari e pensioni tra i più bassi d’Europa, vaste

sacche di lavoro nero e illegale dove non esistono più diritti e

tutele.

  La stessa pandemia è stata utilizzata per dividerci, occultando nella

nebbia dell’emergenza le responsabilità passate sul disastro del

sistema sanitario, privatizzato, impoverito e differenziato. 

  Il governo “dei migliori” si muove in continuità con i governi

precedenti.

  Il progetto di Draghi e dei partiti che lo sostengono è chiaramente

quello di completare la modernizzazione neoliberista del sistema

economico e sociale in funzione della competitività delle   imprese

affermando il comando assoluto sul lavoro e subordinando a ciò

attraverso controriforme  proclamate e striscianti  quello che di

pubblico è rimasto, dalla giustizia, alla scuola, alla pubblica

amministrazione, ai beni comuni.

  Il sistema istituzionale nel suo insieme è chiuso alle istanze

sociali, il Parlamento è dominato dal bipolarismo tra forze che

condividono una comune ispirazione neoliberista, divise al loro interno

sui dettagli ma unite da un comune orizzonte;



 

Che fare?

  In primo luogo è necessario la ripresa di una grande stagione di lotte

di opposizione  su una piattaforma che unifichi ciò che il

neoliberismo ha diviso; che parli a tutte le figure sociali, uomini e

donne, stabili e precari, pubblici e privati, giovani e meno giovani,

nativi e migranti; che coinvolga  le/gli studenti che vogliono

un’altra scuola e un altro lavoro, le donne portatrici di uno sguardo

di genere, chi lotta per la difesa del pianeta, contro le

privatizzazioni di acqua e beni pubblici, per la difesa  della

Costituzione, dell’unità del Paese e l’uguaglianza dei diritti per

tutte e tutti.

  In secondo luogo occorre dare  continuità alle lotte e costruire un

vero e proprio blocco sociale dellalternativa; questo passa per la

costruzione di   organismi che  oltre alla indizione di momenti di

lotta siano in grado di sedimentare relazioni sociali dense,

comunitarie, di produrre una mobilitazione che vada oltre la lotta

specifica; luoghi che rompendo la solitudine sociale siano

contemporaneamente forme democratiche di  controllo e partecipazione

dal basso e strutture  di una soggettività alternativa che pensano la

soluzione dei problemi non nella guerra tra i poveri ma nella direzione

delleguaglianza, della giustizia sociale e della libertà. In questa

prospettiva un impegno particolare merita  la ricostruzione di un

sindacalismo conflittuale, democratico, di classe.

  Infine è diventata indispensabile una proposta politica che si

collochi sul terreno dell’opposizione al modello imperante e si ponga

come riferimento politico credibile per quante e quanti si battono

contro la barbarie di una concezione del mondo che antepone il profitto

a tutto;   una soggettività che si ponga in continuità con le lotte,

che cresca con noi sul sentiero dell’opposizione e della costruzione

dell’alternativa, che già dalle prossime scadenze elettorali sappia

affermarsi come voce delle istanze sociali e dei diritti negati,

alternativa ai poli esistenti, nelle istituzioni nazionali e

locali.     

  Invitiamo quanti nel paese condividono con noi la necessità

dell’alternativa a:



  1. Indire assemblee in tutti i territori per discutere queste proposte

coinvolgendo lavoratrici e lavoratori di tutti i settori e condizioni e

i movimenti presenti sul territorio.

  2. Organizzare la partecipazione alle manifestazioni come quelle

indetta dal collettivo della GKN per il 26 marzo a Firenze che può

rappresentare un momento importante di allargamento del fronte dei

soggetti e dei movimenti impegnati nella costruzione dell’opposizione

con l’orizzonte dell’alternativa.



 

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