Domenica, 28 aprile 2024 - ore 23.39

(CR) Pianeta Migranti. Per la Cassazione la Libia è porto non sicuro

E’ perciò reato consegnare i migranti ai guardacoste libici

| Scritto da Redazione
(CR) Pianeta Migranti. Per la Cassazione la Libia è porto non sicuro

(CR) Pianeta Migranti. Per la Cassazione la Libia è porto non sicuro

E’ perciò reato consegnare i migranti ai guardacoste libici.

Ora c’è una sentenza definitiva che avrà conseguenze sui processi e le indagini in corso, oltre che ricadute sulle scelte politiche. La Corte di cassazione ha infatti confermato la condanna per il comandante di un rimorchiatore italiano che aveva soccorso 101 migranti e li aveva poi affidati a una motovedetta libica.

Il verdetto indica la strada a cui dovranno conformarsi tutti i tribunali italiani.

I giudici hanno bocciato il ricorso del comandante della “Asso 28”, il rimorchiatore di servizio presso alcune piattaforme petrolifere ritenendolo colpevole dei «reati di abbandono in stato di pericolo di persone minori o incapaci, e di sbarco e abbandono arbitrario di persone», previsto dal Codice della navigazione. «Trovandosi in acque internazionali, a bordo del natante a supporto di una piattaforma petrolifera, dopo aver rilevato, in prossimità della piattaforma medesima, la presenza di un gommone con 101 migranti a bordo, consentiva il trasbordo delle persone sulla imbarcazione». Una operazione di soccorso che però si sviluppò in modo misterioso. Fu una inchiesta giornalistica di “Avvenire”, grazie alle informazioni raccolte tra diversi naviganti e alle comunicazioni radio registrate dalla nave del soccorso civile “Open Arms”, a smascherare una pratica su cui la Cassazione ha posto una parola definitiva. «L’imputato prestava immediato soccorso ai migranti, tra i quali erano presenti donne in gravidanza e minori di anni quattordici - si legge nella sentenza -, omettendo di comunicare nella immediatezza, prima di iniziare le procedure di soccorso, ai centri di coordinamento e soccorso competenti, l’avvistamento e l’avvenuta presa in carico delle persone, agendo in violazione delle procedure previste per le operazioni di soccorso».

Inoltre ometteva «di identificare i migranti, di assumere le informazioni in ordine alla loro provenienza e nazionalità, sulle loro condizioni di salute, di sottoporli a visita medica, di accertare la loro volontà di chiedere asilo, nonché di accertare se i minori fossero accompagnati o soli». Ma questo è il meno. Ricevendo indicazioni via radio da un funzionario mai identificato di una azienda privata, anch’essa rimasta sconosciuta alle indagini, e dei quali il capitano non ha mai voluto rivelare l’identità, il rimorchiatore anziché dirigersi verso l’Italia prese la rotta della Libia dove «riconduceva i 101 naufraghi imbarcati, facendoli trasbordare su una motovedetta libica, procurando ad essi un danno grave, consistente nel loro respingimento collettivo, quale condotta vietata dalle convenzioni internazionali».

Si tratta di una modalità operativa che invece anche l’attuale governo italiano vorrebbe imporre alle organizzazioni umanitarie, spesso sanzionate proprio perché si rifiutano di cooperare con la cosiddetta guardia costiera libica.

La Cassazione confermando la condanna, ha aperto la strada a una pioggia di ricorsi delle Ong, bloccate e multate ogni volta che hanno disobbedito ai libici. E soprattutto con il concreto rischio di vedere trascinati davanti ai tribunali i governi (di tutti gli schieramenti) che dal 2017 hanno rinnovato il Memorandum con la Libia e lo stesso “Piano Mattei” per la parte tra Italia e Libia.

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